CANDIDIANO

CANDIDIANO

patriarca di Grado

C. fu elevato alla dignità patriarcale in un’occasione che si è poi rivelata un momento cruciale in grado di condizionare la storia della “Ecclesia” aquileiese nell’altomedioevo. Si tratta infatti del periodo in cui, tra lo scorcio del VI e gli inizi del VII secolo, la travagliata vicenda dello scisma dei Tre Capitoli e l’insanabile contrapposizione tra papato e Impero da una parte e la metropoli aquileiese dall’altro si arricchì sempre più di un connotato politico, nell’ambito dello scontro tra Bizantini e Longobardi. Nel 606, alla morte del patriarca Severo, l’esarca di Ravenna, che era già intervenuto in precedenza, senza fortuna, per tentare di sanare la situazione in favore del papato, riuscì ad imporre a Grado l’elezione di un vescovo favorevole alla riunione con Roma: si trattava proprio di Candidiano. Gran parte del clero oltranzista che aveva già in precedenza reagito all’abiura di Severo e alla riconciliazione con Roma e con l’autorità imperiale, si ribellò e cercò rifugio in territorio longobardo, nell’antica sede di Aquileia, eleggendo a sua volta un altro vescovo nella persona dell’abate Giovanni. Prese avvio in tal modo lo sdoppiamento della sede aquileiese e la serie dei doppi patriarchi: quelli residenti a Grado che succedettero a C. mantennero una posizione filoromana e restarono nell’orbita bizantina, con giurisdizione metropolitica sulla fascia costiera e sull’Istria; gli altri residenti sino all’VIII secolo nel castello fortificato di Cormons, con giurisdizione su tutto il vasto territorio del retroterra longobardo e delle regioni vicine. Nemmeno dopo la ricomposizione dello scisma avvenuta nel 699, all’epoca del re Cuniperto, si giunse ad una definizione della questione della doppia sede che continuò ad esistere con la precisa volontà di entrambi i patriarchi di affermare l’originaria dignità metropolita aquileiese. ... leggi Ancora nel 731 nell’ambito di un sinodo romano il papa Gregorio III, pur definendo le specifiche prerogative del patriarca residente a Cividale in riferimento al territorio longobardo e di quello gradese in riferimento all’area bizantina, li pose praticamente sullo stesso piano. Solo con il concilio di Mantova dell’827 il patriarca Massenzio, che ricondusse la sua residenza nell’originaria sede aquileiese, riuscì a far ammettere la legittimità del suo titolo metropolita nei confronti del patriarca gradese.

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Bibliografia

PAULI Historia Langobardorum, 45-187; G. CUSCITO, La fede calcedonese e i concili di Grado (579) e Marano (591), in Grado nella storia e nell’arte, I, Udine, AGF, 1980 (Antichità altoadriatiche, 17), 207-230; P. CAMMAROSANO, Aquileia e Grado nell’alto medioevo, in Aquileia e l’Arco Adriatico, Udine, AGF, 1990 (Antichità altoadriatiche, 36), 129-155; C. AZZARA, Venetiae. Determinazione di un’area regionale fra antichità e alto medioevo, Treviso, Canova editrice, 1994.

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