Il partigiano “Andrea”, protagonista per oltre sessant’anni della storia friulana e nazionale, nacque a Mortegliano (Udine) il 28 giugno 1913, sesto di sette fratelli. Il padre Celso, commesso della farmacia del paese, si trasferì con la famiglia nel 1920 a Cividale del Friuli per dedicarsi a piccole attività commerciali. A causa della sua improvvisa morte (1921), le condizioni della famiglia furono subito durissime, aggravate dopo qualche anno (1925) anche dalla morte del figlio maggiore, che procurava le uniche entrate per l’intera famiglia. Tutti i fratelli, quindi, dovettero cominciare a lavorare subito dopo le elementari, e così anche Mario, dopo qualche esperienza di lavoro presso un panificio, a tredici anni divenne commesso presso un negozio di generi alimentari di Cividale. Nel frattempo la conoscenza del pittore Luigi Bront, dello scultore Leone Morandini e soprattutto del vecchio socialista Ettore Zanuttini, tutti profondamente antifascisti, gli furono di stimolo per capire l’importanza di una formazione culturale organica. Le tappe salienti del suo percorso iniziarono con la scelta antifascista maturata in età giovanissima, alla fine degli anni Venti. Nell’inverno 1928-1929 si iscrisse alla Federazione giovanile comunista e, nella primavera del 1930, al Partito comunista d’Italia pagandone le conseguenze col carcere, l’emarginazione, l’impossibilità di lavorare, la semi-clandestinità dopo la prigionia, braccato e perseguitato dalla polizia di regime. Nell’ottobre del 1928 il Partito comunista clandestino a Cividale ruotava intorno alle figure di Giovanni Fiorese, operaio dell’Italcementi, di Edoardo Tosoratto, di Norino Sclausero e di Fermo Bier. Furono costoro, operai e nello stesso tempo uomini di cultura e di grande spessore morale, i punti di riferimento del giovane L., che partecipò allo sciopero dei lavoratori dell’Italcementi di Cividale nel 1932, alla diffusione di alcuni numeri dell’edizione locale dell’«Unità», alle manifestazioni di protesta dei contadini allevatori di bachi da seta nella primavera del 1933. Proprio in questo periodo il gruppo di comunisti cividalesi venne scoperto e arrestato: oltre a L. e a Tosoratto, Bier e Fiorese, finirono davanti al Tribunale speciale fascista Norino Sclausero, Adolfo Lanzardi, Aldo Baolini, Raffaele Bertoglio, Egisto Varmo, Giuseppe Buiatti, Settimo Flappo e Bruno Bier. ... leggi L. fu condannato a sei anni di carcere, che passò a Regina Coeli e nelle case di pena di Perugia e di Castelfranco Emilia. Grazie a un indulto del marzo 1937, L., assai debole e malato, venne rimesso in libertà. Rientrato a Cividale, la sua condizione di “vigilato speciale” gli impediva di frequentare luoghi aperti al pubblico (bar, cinema, ecc.) e gruppi di persone; più grave, però, fu l’impossibilità di trovare un’occupazione regolare. Ma questo non gli impedì di riprendere il lavoro politico clandestino, collegandosi coi compagni non solo di Cividale, ma anche di Cormons, Cervignano, Spilimbergo, Maniago e Udine, dove la rete clandestina del Partito comunista era attiva nelle frazioni di Cussignacco e Feletto, come a Manzano, a Pradamano e a Buttrio. L’attività in quegli anni consisteva essenzialmente nel lavoro di collegamento e nello sforzo di riorganizzare il partito dopo gli arresti dei primi anni Trenta. Verso la fine del 1942 L. divenne dirigente della Federazione friulana, con Borghese e Romanutti, e l’attività politica incominciò a concretizzarsi come “Soccorso rosso” per raccogliere aiuti, viveri, medicinali e vestiario per la Resistenza jugoslava, sorta dopo l’aggressione nazi-fascista del 1941. Nel corso del 1943, mentre da un lato continuavano i suoi collegamenti con la Resistenza slovena, L., con l’accordo del centro del Partito comunista italiano (PCI), riuscì a dar vita nel marzo-aprile al distaccamento Garibaldi, la prima formazione della Resistenza italiana, composto da venti-venticinque uomini. Col nome di copertura di “Andrea Lima” venne incaricato dalla direzione del partito di organizzare la Resistenza italiana in tutto il Triveneto. L’8 settembre, mentre nell’Isontino sorse la Brigata proletaria, formata da operai dei cantieri di Monfalcone, in Friuli si costituirono i primi quattro battaglioni garibaldini (Friuli, Garibaldi, Pisacane e Mazzini), che formarono, proprio per volontà di “Andrea”, la brigata Garibaldi Friuli con circa cinquecento uomini, che fu la prima in Italia, quella che portò il numero uno. “Andrea” impose alla Resistenza garibaldina un carattere largamente unitario, prima con il gruppo Giustizia e libertà del Partito d’azione, diretto da Fermo Solari ed Alberto Cosattini, poi, più tardi, con le formazioni Osoppo, nei confronti delle quali non mancò mai di battersi per una stretta collaborazione e per la costituzione di comandi unificati. Di fronte all’incalzare delle rivendicazioni territoriali slovene, “Andrea” tenne sempre fermo il principio che la definizione di nuovi confini non spettava alle formazioni partigiane, ma avrebbe dovuto essere oggetto di trattative tra Stati sovrani, una volta sconfitti i nazisti ed i fascisti. Gli accordi internazionali stipulati nei primi giorni del maggio del 1944 con i responsabili politici della Slovenia andavano in tal senso. Ma il grande valore di quegli accordi fu il riconoscimento della Resistenza italiana come alleata dell’esercito jugoslavo e, contemporaneamente, degli alleati angloamericani. Tali accordi vennero poi fatti propri dal Comitato di Liberazione nazionale alta Italia. Nella primavera-estate e nell’autunno del 1944 le formazioni partigiane crebbero enormemente, tanto da costituire decine e decine di battaglioni organizzati nelle brigate e divisioni Garibaldi e Osoppo. La loro forza permise la creazione di due Zone libere, quella della Carnia e dell’alto Friuli e quella del Friuli orientale, nelle quali riprese la vita democratica con le elezioni dei sindaci e dei comitati comunali, l’organizzazione di un governo e la realizzazione di decreti di grandissimo valore sul piano dei principi democratici, quali la separazione del potere civile da quello militare, l’abolizione della pena di morte, la gratuità dell’amministrazione della giustizia, il voto alle donne, la riorganizzazione delle scuole, ecc. L., commissario di tutte le brigate Garibaldi del Friuli, fu l’anima della Resistenza garibaldina friulana e fu l’artefice di quella lotta che ridiede dignità e credibilità al Friuli e all’Italia. Dopo la Liberazione, il Friuli visse un momento particolarmente drammatico sotto il profilo economico e sociale: c’erano circa 45.000 disoccupati, per la maggior parte senza la speranza di poter trovare in patria un lavoro. Mancavano i viveri e i generi di prima necessità. I salari degli operai e delle operaie erano davvero da fame. Udine era stata distrutta dai bombardamenti e decine di paesi erano stati bruciati e devastati dai nazisti nel corso della guerra. È alla soluzione di questi problemi che si collega la prima attività politica del dopoguerra di L. e della Federazione friulana del PCI. Nel luglio del 1945 “Andrea” venne nominato membro della Consulta nazionale, l’assemblea che aveva il compito di preparare il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, l’elezione dell’Assemblea costituente e le elezioni amministrative. In Friuli intanto iniziavano le grandi lotte contadine di mezzadri e braccianti della Bassa sul Lodo De Gasperi: in quelle memorabili lotte, accanto a grandi dirigenti contadini come Carlo Nadalutti di Pradamano, Angelo Galante “Cilitti” di San Vito al Tagliamento, Antonio Ruffino “Mario”, Giuseppe Moro di Aquileia, Antonio Moschioni, Eligio Simsig, Fulvio Bergomas e Bruno Marizza, c’era L. Nel 1948 L. fu eletto segretario regionale delle tre Federazioni del Partito comunista di Udine, Gorizia e Pordenone. All’inizio degli anni Cinquanta egli divenne segretario della Federazione di Venezia, dove visse uno dei periodi più intensi e personalmente più importanti della sua esperienza politica, a contatto con personaggi di grandissimo rilievo politico e culturale, quali Giuseppe D’Alema, Mario Pirani, Rino Dal Sasso, Luigi Nono, Emilio Vedova, Bruno, Franca e Giorgio Trentin, Enzo Modica, Mario Baratto, Cesco Chinello, Gianmario Vianello e Giovanni Battista Gianquinto, sindaco di Venezia. Ritornato in Friuli nel gennaio del 1954, L. s’impegnò a fondo nella battaglia per la realizzazione della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, vincendola prima all’interno del suo partito e poi nella costituzione di un movimento unitario nella prima assise regionale per l’autonomia. Delle due risoluzioni che conclusero l’assise, una era sua, l’altra di Umberto Zanfagnini. Quella prima assise regionalista segnò la ripresa della grande battaglia che avrebbe portato, dopo dieci anni, alla nascita della regione autonoma. Nuovamente segretario regionale del PCI, nel 1963 L. fu eletto deputato nella circoscrizione di Udine, Gorizia e Belluno, carica che ricoprì per tre legislature (IV, V e VI) fino al 1976. Fu vicepresidente della Commissione difesa e si occupò di numerosi problemi riguardanti il Friuli, come quello delle servitù militari, delle minoranze nazionali e linguistiche esistenti in Italia, dei temi dell’emigrazione e del forte degrado e spopolamento della montagna. Intorno a quest’ultimo problema, dopo anni di forte impegno, riuscì a far approvare la legge 3 dicembre 1971 n. 1102, che istituiva le Comunità montane e dava diritti decisionali alla gente della montagna. Fece parte della Commissione d’inchiesta sulla catastrofe del Vajont, lavorando per oltre due anni in mezzo alla gente colpita da quella tragedia. Cessata l’attività parlamentare proprio in coincidenza con il catastrofico terremoto in Friuli del 1976, pur non ricoprendo più cariche ufficiali, L. diede un grande contributo come consigliere del commissario straordinario Zamberletti. L., autodidatta, con alle spalle quella che lui soleva chiamare «l’università della galera» – gli studi fatti nel carcere fascista insieme ai suoi compagni di prigionia –, ebbe per tutta la vita un profondo e vivissimo interesse per la cultura, per le arti figurative in particolare e per la storia e la ricerca storica. Nel 1970, insieme con monsignor Aldo Moretti, a Candido Grassi e a Fermo Solari, fu il fondatore dell’Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione, che, accanto al compito di raccogliere i documenti e le testimonianze di quella grandissima epopea popolare che fu la Resistenza, aveva l’obiettivo di promuovere la ricerca e lo studio della storia contemporanea locale e nazionale, e di fare opera scientifica e divulgativa della storia friulana. “Andrea” si spense improvvisamente l’11 dicembre 1994. Costituisce un esempio di altissimo senso civico, di profonda dedizione alla sua terra, di grandissima intelligenza e moralità.
ChiudiBibliografia
Archivio IFSML, Lizzero, carte personali, autobiografie.
Scritti di M. Lizzero: Gloriose battaglie antifasciste. Le barricate di Torre 1921, lo sciopero di Pordenone del 1928, Pordenone, Federazione comunista, 1958; Le cause e le responsabilità della catastrofe del Vajont: relazione presentata alla Commissione d’inchiesta parlamentare, Roma, Stab. tipografico C. Colombo, 1963; Per il piano decennale di sviluppo della Regione Friuli-Venezia Giulia (discorso pronunciato alla Camera dei deputati, 10 giugno 1964), Roma, Stab. tipografico C. Colombo, 1964; Origini e peculiarità della Resistenza in Friuli, «Rassegna di storia contemporanea», 2/3 (1972); Virginia Tonelli “Luisa” partigiana, Udine, Comitato reg. ANPI-FVG, 1972; Giacinto Calligaris “Enrico”: un maestro dei comunisti friulani, «Quaderni friulani», 1 (1974); Lotte operaie e contadine nella Bassa friulana negli anni Cinquanta, Udine, IFSML, 1975; ‘Militari’ e ‘politici’ nella costituzione e nella direzione della Zona Libera della Carnia e del Friuli, Udine, IFSML, 1984; Luigi Bortolussi “Marco”. Una vita per la libertà, Udine, IFSML, 1986.
M. LIZZERO - A. BUVOLI, La Resistenza, in EMFVG, 3/I (1978), 411-444; A. BUVOLI, Relazione al primo convegno regionale del PCI per l’autonomia del Friuli-Venezia Giulia (maggio 1954), «Storia contemporanea in Friuli», 33 (2002). G. GALLO, La Resistenza in Friuli 1943-1945, Udine, IFSML, 1989; Mario Lizzero “Andrea”. Il suo impegno civile, politico e sociale, a cura di A. BUVOLI, Udine, IFSML, 1995.
Nessun commento