P. rappresenta una delle personalità più autorevoli della eletta schiera di religiosi e laici dell’Ottocento, per lo più di nobile famiglia, i quali continuarono la benemerita opera degli eruditi dei secoli precedenti, specialmente del Settecento, rivolta alla scoperta ed alla valorizzazione dei vari aspetti culturali del Friuli, agevolati in tale attività anche dalla posizione economica e sociale di cui per lo più godevano. Figlio di Giovan Battista, nacque a Dignano, sulle rive del Tagliamento, il 22 novembre 1789, in una agiata famiglia di antica tradizione friulana. Dalla documentazione in possesso, non è dato di sapere se egli abbia effettivamente compiuto gli studi, come ritiene Achille Tellini, nel Seminario di Udine, all’epoca appena inaugurato, ma subito a lungo occupato dalle alternanti truppe degli eserciti francese e austriaco (Marchetti, 1959, 505). Con la caduta del Regno italico, nell’ottobre del 1814, P., che già aveva prestato servizio per il comune, cominciò la sua carriera di insegnante, dapprima come docente di sintassi nelle classi inferiori, poi di umanità e retorica, quindi nel 1820 ottenne la cattedra di latino e greco, nel 1833 quella di filologia e storia, tre anni dopo l’insegnamento di filologia latina e greca e storia universale, per assumere infine, nel 1850, la direzione della scuola, che avrebbe mantenuto fino al pensionamento, nel 1860. In tutti questi anni e per l’intero arco della sua vita, P. godette fama, oltre che di ottimo maestro, di persona dotta, equilibrata, degna della stima generale. Nato nell’anno della rivoluzione francese, conobbe l’occupazione napoleonica. Nella sua veste di insegnante e direttore di scuola pubblica – oltre che di persona impegnata nella promozione culturale della città e del Friuli – ebbe sempre diretti rapporti con le pubbliche autorità, in particolare con gli amministratori locali, dapprima nel periodo dell’austriaco governo lombardo-veneto, infine in quello del Regno d’Italia. ... leggi Non prese mai dichiarate posizioni politiche, nonostante una celata, sospetta simpatia per l’amministrazione austriaca, che pur qualcuno gli attribuì; per altri invece «in nessuno dei suoi scritti si trovano allusioni al governo dominante ma ben spesso indubbii sentimenti ed aspirazioni patriotiche», che addirittura lo avrebbero portato a travestirsi, insieme con altra persona, per porgere un furtivo saluto a Silvio Pellico una sera di fine marzo 1822, durante la tappa fatta da quest’ultimo in Udine mentre era in viaggio verso la prigione dello Spielberg (Tellini, 12-13). È indubbio, comunque, che P. riuscì sempre ad ottenere la fiducia dei rappresentanti pubblici, che fra altri incarichi gli affidarono quello di censore alle stampe. Alquanto riservato ed equilibrato nei giudizi, conciliante nelle controversie, disponibile alle novità, si mostrò uomo di mondo mantenendo amichevoli rapporti di reciproca stima con le persone di cultura più autorevoli o comunque più in vista della sua epoca, pur appartenenti a orientamenti diversi: così con il cospiratore e liberale Prospero Antonini, con il funzionario imperial regio Pietro Zorutti, ben noto poeta popolare, col framassone agronomo Gabriele Pecile, con Pacifico Valussi, giornalista politico e patriota, e con altri illustri friulani del tempo (Marchetti, 505). La sua rete di conoscenze si estendeva, tuttavia, ben oltre i confini della piccola patria, raggiungendo, fra i tanti, anche alcuni fra i più qualificati studiosi italiani e stranieri di varie discipline, quali Bernardino Biondelli, linguista dialettologo, numismatico e archeologo veronese di adozione lombarda, il poeta vicentino Giacomo Zanella, l’erudito veneziano Emanuele Cicogna, lo storico triestino Pietro Kandler, l’orientalista Joseph von Hammer-Purgstall e soprattutto l’eccelso Theodor Mommsen, romanista ed epigrafista (anche P. fu apprezzato epigrafista, come conferma Rebaudo). La ricca raccolta delle lettere dei corrispondenti di P., custodita presso la Biblioteca civica udinese e in gran parte inedita (Snidero), testimonia quanto la sua fama di ricercatore si fosse diffusa in diverse regioni e Paesi, fino a proporlo come uno dei principali studiosi di riferimento per i vari aspetti della cultura locale: tale dovette apparire anche a Graziadio Isaia Ascoli, che a diciassette anni gli dedicò il suo primo lavoro (da lui successivamente ripudiato) Sull’idioma friulano e sulla sua affinità con la lingua valaca: schizzo storico-filologico (Udine, 1846). A riprova della condivisa stima nei confronti del giovane goriziano, si veda l’inedita lettera del primo agosto 1847 di P. a quest’ultimo (Biblioteca dell’Accademia nazionale dei Lincei e Corsiniana, carteggio Graziadio Isaia Ascoli), con la quale gli chiede di consegnare una missiva al barone Giuseppe de Hammer Purgstall, che l’Ascoli stava per andare a visitare, fra le altre cose scrivendo «sono lieto dell’idea di ravvicinare ad un astro splendidissimo un astro nascente». Lo stesso P., grazie alle agiate condizioni economiche e alla disponibilità delle ferie estive, poté compiere numerosi viaggi in tutta l’Europa, spesso accompagnato dal nipote (figlio del fratello Giuseppe) Giulio Andrea Pirona. Questi era rimasto orfano di madre a circa tre anni e fu accolto in casa dallo zio, che provvide alla sua educazione come avrebbe potuto fare un padre, trasmettendogli la passione per le patrie memorie e spartendo con lui un cinquantennio di convivenza. Il nome dei Pirona nella storia della cultura friulana è strettamente legato al Vocabolario (1871), avviato da Iacopo intorno al 1845 («Ce fastu?», 4, 1928, 131), ma nella parte finale (la stampa iniziò probabilmente già nel 1867) concluso e pubblicato da Giulio Andrea, il quale in seguito si dedicò ad allestirne una edizione ampliata senza però vederne – come era già capitato allo zio – la versione definitiva (oggi considerata come il classico fra i dizionari della lingua locale, noto appunto come “il Pirona”). Essa sarebbe uscita soltanto, rivista ed ampliata con nuovi contributi, quaranta anni dopo la sua morte (Pirona, 1935). Il repertorio lessicale del Vocabolario è preceduto da dieci versioni friulane della Parabola del figliuol prodigo, a cura di più autori, nella varietà di altrettanti paesi; seguono essenziali annotazioni sulla “ortografia”, sulla “pronuncia” del friulano, quindi le Note grammaticali, infine la riedizione delle Attenenze della lingua friulana (1859). Il Vocabolario, pur con i suoi limiti, quali l’inadeguato sistema grafico e soprattutto «il difetto di rappresentare la varietà dell’area udinese e di non concedere lo spazio necessario alle altre varietà» (Marcato, 641), viene considerato dagli specialisti come un modello della lessicografia dialettale italiana dell’Ottocento, in quanto, sebbene con notevole ritardo rispetto alla produzione delle altre regioni italiane, «nasceva con un ottica moderna, scientifica» (Zolli). La restante attività letteraria di P. comprende per lo più opuscoli d’occasione, quali scritti commemorativi: per l’abate Domenico Sabbadini, per padre Vincenzo Maria Marzari, per l’arcivescovo Zaccaria Bricito, per monsignor Francesco Sabadini; brevi saggi su aspetti attinenti alla istruzione (dialogò con Giovanni B. Bolza sulla riforma dei ginnasi), corollario della lunga carriera scolastica (Sul progetto di un piano d’organizzazione, 1851), e pochi altri testi, fra cui un paio di novelle, rimasti inediti (Marchetti, 509 e n. 5). Se ben radicata e diffusa risulta la giusta fama di P. lessicografo, non si può affermare lo stesso della sua altrettanto meritoria azione a favore della creazione di un museo e di una biblioteca pubblica nella città di Udine, che appassionatamente lo impegnò lungo l’arco dell’intera vita: egli ne disegnò la progettazione nel suo primo opuscolo a stampa, contenente un discorso tenuto all’Accademia udinese, della quale era vicesegretario, il 3 giugno 1832 (Per i monumenti storici del Friuli), incontrando il favore e la risposta di privati cittadini, che offrirono all’Accademia (della quale P. successivamente sarebbe diventato presidente) o al comune raccolte di vario genere (Sereni). P. incontrò, però – e contro di essa dovette sempre lottare –, l’insensibilità ostinata delle deputazioni locali che si succedettero nel tempo, scagionantesi per oltre venti anni con l’opposizione della mancanza di idonei locali. Sembrava che, con il lascito alla città da parte della contessa Teresa Dragoni Bartolini del suo bel palazzo, potessero finalmente esservi collocate le raccolte museali e documentario-librarie, ma, nonostante le reiterate, vibranti richieste di P., anche attraverso la stampa locale, l’edificio finì per ospitare una scuola femminile. Ottenuto finalmente l’appoggio dell’autorità comunale, nuovo insuccesso tuttavia egli registrò a causa dell’opposizione politica della provincia, quando nel 1865 rinnovò la richiesta nell’occasione del centenario dantesco. Solamente l’anno seguente il restaurato e riadattato palazzo Bartolini divenne sede del Gabinetto di lettura, dell’Accademia udinese e di altre istituzioni cittadine. P. fu nominato conservatore del Museo, ma non poté ordinare ed esporre i materiali raccolti per mancanza di idonei spazi e di fondi, neanche dopo l’annessione del Friuli all’Italia. Confidava P. a Prospero Antonini, in una lettera del 1867: «La mia salute è rotta, e non può restarmi gran tempo ad avviarmi tra i più. Il Municipio mi fa morire di stizza prima di veder costruito il Museo» (Sereni). Nel 1868, quando aveva ottanta anni, deluso e sopraffatto dalla avversa sorte, presentata l’ultima relazione (Del Museo friulano, 1868), lasciò l’ufficio di conservatore, che venne affidato al nipote Giulio Andrea. La Biblioteca, però, cominciò a funzionare parzialmente soltanto dopo una decina d’anni, regolarmente nel 1906, avvenuto il definitivo trasloco dei materiali museali nel castello (Marchetti, 506-508). Ormai ammalato da lungo tempo, pur sempre attivo e impegnato, nei limiti del consentito, specialmente per la redazione e stampa del Vocabolario, P. chiuse la sua terrena esistenza il 4 gennaio 1870. S’è osservato che la sua scomparsa, nonostante i numerosi rapporti che egli ebbe con i più noti studiosi dell’epoca, passò praticamente sotto silenzio, se si eccettua un breve discorso funebre dell’abate Luigi Candotti (Sereni). Ma il tempo gli ha reso giustizia, perché la sua memoria e il suo nome, per giusto merito soprattutto del Vocabolario, sono ancora, e tali rimarranno, ben vivi tra i friulani.
ChiudiBibliografia
Scritti di I. Pirona: Per i monumenti storici del Friuli, Udine, Mattiuzzi, 1832; Sul progetto di un piano d’organizzazione dei ginnasj e delle scuole tecniche nell’Impero austriaco: annotazioni, Udine, Trombetti-Murero, 1851; Della parte che spetta alla religione nell’istruzione ginnasiale, Milano, Tip. Fr. Centenari e C. [estratto da «Rivista ginnasiale», 1-2 (1855)]; Attenenze della lingua friulana date per chiosa ad una iscrizione del MCIII, Udine, Vendrame, 1859; Del Museo friulano: Relazione del Conservatore Prof. Jacopo Pirona, Udine, Jacob e Colmegna, 1868; Vocabolario friulano dell’abate Jacopo Pirona, […] Pubblicato per cura del d.r Giulio Andrea Pirona, […], Venezia, Antonelli, 1871 (con successive ristampe anastatiche).
TELLINI, Giulio Andrea Pirona, 7-112; G.A. PIRONA - E. CARLETTI - G.B. CORGNALI, Il nuovo Pirona. Vocabolario friulano, Udine, Arturo Bosetti, 1935 (con successive sei ristampe anastatiche; con aggiunte e correzioni riordinate da G. Frau, Udine, SFF, 19922); MARCHETTI, Friuli, 505-514; C. MARCATO, 217. Grammaticografia e lessicografia, in Lexikon der Romanistischen Linguistik (LRL), hg. von G. HOLTUS - M. METZELTIN - C. SCHMITT, III, Tübingen, Max Niemeyer Verlag, 1989, 637-646; L. SERENI, Jacopo Pirona: un bicentenario da ricordare, «AAU», 82 (1989), 205-216; P. ZOLLI, Il “Vocabolario friulano” a duecento anni dalla nascita di Jacopo Pirona, «Ce fastu?», 65 (1989), 21-25; L. REBAUDO, Jacopo Pirona epigrafista, «Quaderni friulani di archeologia», 14/1 (2004), 17-39; F. DI BRAZZÀ - C. GRIGGIO, Appunti su Giovanni Battista Bolza e la «Rivista ginnasiale» 1854-1859, in Incontri di discipline per la didattica. Raccolta di studi dedicati a Pierluigi Rigo, a cura di C. GRIGGIO, Milano, F. Angeli, 2006, 133-166, 136-151; E. SNIDERO, Corrispondenti dell’abate Jacopo Pirona, t.l., Università degli studi di Udine, a.a. 2007-2008.
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