Giacomo S. è il maggior esponente di una famiglia di artisti operanti in Friuli nei secoli XVI e XVII, la cui attività non è ancora stata messa a fuoco, anche per la difficoltà di dare giusta interpretazione ai documenti in cui compaiono sempre gli stessi nomi. Figlio di Sebastiano, calzolaio originario di Porcia, nacque a Udine intorno al 1510, abitò ed ebbe bottega in Mercatovecchio: firmò alcuni dipinti «Trombon», soprannome con il quale probabilmente si distingueva il ramo dei S. cui apparteneva. Nella Cronaca udinese di Emilio Candido si ricorda infatti che il 16 febbraio 1563 «Pomponio [Amalteo] de S. Vito e messer Sebastiano figlio di messer Sebastiano Segatto detto Trombon pittori eccellenti» fecero le scenografie per una commedia ivi recitata. Il Ridolfi afferma, non si sa su quali basi, che «d’anni cinquanta si pose a dipingere, tarda rissolutione per questo affare» e queste parole, riprese più tardi dal de Renaldis e dal di Maniago, hanno finito per condizionare il giudizio sulla validità delle sue opere, viste più come prodotto d’un dilettante pervenuto per caso al mestiere, che di un artista dalla solida preparazione tecnica e culturale. In effetti i dipinti che gli si conoscono, se non lo mostrano geniale innovatore, permettono di cogliere la sua piena appartenenza alla pittura udinese della seconda metà del Cinquecento, quella che fa propri i modi, le invenzioni, il gigantismo del Pordenone senza per questo rifiutare la più tradizionale pittura di Pellegrino da San Daniele e un certo gusto “romano” portato in Friuli in primo luogo da Giovanni da Udine, ma anche da un fratello di Giacomo, Sebastiano S., che sappiamo presente a Roma dal 1560 al 1564 per affrescare delle mappe geografiche nelle Logge Vaticane. ... leggi Perduti gli affreschi condotti nel 1534 nella sede della confraternita dei Calzolai di Udine, la prima opera documentata va considerata una pala con i SS. Giacomo, Sebastiano e Rocco nella parrocchiale di Rizzolo, greve nell’insieme ma ricca di ricordi pordenoneschi. Di più alta qualità sono i tre dipinti della sagrestia del duomo di Udine con il Martirio di S. Orsola, di S. Caterina e di S. Giovanni Battista che sembrano costituire il suo più alto raggiungimento (per la bella impaginazione, per i colori vivaci e ben modulati, per la contenuta compostezza dei personaggi, per gli ariosi paesaggi o le gradevoli quinte architettoniche), benché qualche merito vada riconosciuto anche ad una paletta con la Madonna in trono e santi nella chiesa di S. Giacomo di Fagagna (1555), al trittico della chiesa di San Canzian d’Isonzo e più ancora a quello (Martirio di S. Orsola e santi, 1560) della parrocchiale di Beivars. Pregevole per il tono magniloquente ed il concitato movimento la pala raffigurante S. Giorgio libera la principessa dal drago nella parrocchiale di Nogaredo di Corno (1557); convenzionale invece la pala d’altare del 1576 con i SS. Rocco, Urbano e Sebastiano nella chiesa di S. Martino a Clauzetto. Altalenante nella resa pittorica (mediocri gli affreschi della parrocchiale di Villanova del Iudrio, 1558, privi di forza quelli della chiesa della Trinità a Risano, 1585), G. ottenne comunque commissioni di lavoro di una certa importanza: tra queste la dipintura del riquadro centrale del soffitto del salone del Parlamento del castello di Udine, con il grande stemma della famiglia Cavalli e figure simboleggianti la Religione, la Giustizia e la Patria del Friuli, opulenta figura di donna con cornucopia a simboleggiare floridezza ed abbondanza. G. S. morì il 22 dicembre 1585.
Ebbe un fratello, Sebastiano († 1581), che nel 1558 eseguì una pala d’altare (Madonna con Bambino tra i SS. Ermacora e Fortunato) per la chiesa di S. Giovanni Battista di Gemona (ora nel museo della cittadina) mentre altre opere gli vengono attribuite, tra le quali i SS. Agostino e Daniele nel duomo di Gemona del Friuli e una pala d’altare del 1537 nel duomo di Cividale del Friuli (SS. Giuseppe, Sebastiano e Rocco) per la quale è stato fatto anche il nome di Sebastiano Florigerio. Soggiornò, come si è detto, anche a Roma e intorno al 1553 eseguì affreschi (S. Michele, S. Giorgio e il drago, figure di sante) nella chiesa di S. Stefano a Vermegliano di Ronchi dei Legionari. Come ipotesi di lavoro, possono essergli assegnate tre tavolette con Storie di S. Fortunato e di S. Ermacora e con il Miracolo dell’impiccato nel Museo di Udine.
Il figlio di Giacomo, Sebastiano (1539–post 1579), detto il Giovane per distinguerlo dallo zio, sposò Virginia, figlia di Pomponio Amalteo, da cui ebbe cinque figli, Pomponio (pittore), Secante (pittore), Euridice, Lucrezia e Sestella. Lavorò con il padre nel 1570-73 per affrescare la sede della confraternita dei Calzolai di Udine con Storie della Passione e di sant’Andrea. I Civici musei di Udine possiede un Ritratto di medico del 1562 che porta la firma di Sebastiano e denota notevoli capacità pittoriche, così come il S. Nicola da Tolentino della parrocchiale di Aviano.
Scarso peso ha nella storia dell’arte friulana Pomponio S. (che ebbe un figlio, Giacomo, pure pittore), a differenza del fratello Secante S. che si impose come uno dei più prolifici pittori tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento e fu gratificato da numerose e importanti commissioni di lavoro. Nato nel 1571, ebbe modo di farsi conoscere tra la fine del Cinquecento e la prima metà del secolo seguente per i molti dipinti di committenza pubblica, in particolare per i tre teleri oggi conservati presso i Civici musei di Udine, di grande interesse per i riferimenti storici, per la varietà dei costumi e i tanti ritratti. Il primo, databile al 1610, raffigura l’Omaggio del luogotenente e dei deputati della città di Udine al Redentore e alla Vergine, e contiene sullo sfondo una interessante veduta della torre dell’Orologio, del castello di Udine e del campanile dell’angelo; il secondo, del 1619, presenta l’Omaggio del luogotenente Bertuccio Contarini a S. Marco, con il luogotenente al centro affiancato a destra da cinque deputati, e a sinistra dalle figure allegoriche della Giustizia, della Fede e della Sapienza, con la Fama (raffigurata come una donna alata che suona la tromba) in alto, sullo sfondo del castello di Udine e delle colline friulane verso Tarcento; il terzo, che ha per tema la Celebrazione dei Basadonna, è un dipinto di ben 2 metri e 20 centimetri d’altezza per 5 di larghezza, di sbrigliata fantasia che vede insieme, nell’affollata composizione, sullo sfondo di città turrite, il Redentore ed i maggiorenti della Città di Udine, figure sacre ed allegoriche. Andrà anche ricordato un dipinto, pure conservato in Museo, eseguito nel 1623 per la confraternita dei Calzolai di Udine: raffigura i rettori della confraternita che distribuiscono, da una grande cesta, il pane ai poveri della città, e costituisce un autentico spaccato della vita udinese dell’epoca. Nel 1616 S. S. si improvvisò come intagliatore ligneo per un altare per la chiesa di S. Maria di Castello a Udine, ma l’opera non ottenne grandi consensi. L’ultimo suo lavoro conosciuto è un dipinto per il Monte di pietà di Udine raffigurante il Compianto sul Cristo morto, firmato e datato 1629, contenuto entro una cornice lignea coeva alla Sansovino di rara bellezza. Come nella maggior parte delle altre pitture del S., i colori sono vivaci, ma non gioiosi, le figure tozze e sgrammaticate, con espressioni spesso ottuse, gli atteggiamenti incerti e le pennellate poco costruttive. In un documento redatto il 26 febbraio 1641 e relativo ad una casa di borgo Gemona a Udine, si rende noto come «Seccante Seccante, pittore in questa città, si sia partito nascostamente con tutta la famiglia et andato ad abitare fuori di questo serenissimo stato, lasciando la casa di sua abitazione in abbandono». Si perdono così le tracce del pittore.
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