Famiglia di architetti goriziani, soprintendenti alle opere militari della città fra Cinquecento e Seicento, con il compito di perfezionare l’efficienza bellica delle fortificazioni, «seguendo i progressi nella tecnica e nella pratica di costruir fortezze». Vi fanno parte: Corrado V. (sue notizie dal 1549 al 1561); Giuseppe V., figlio di Corrado (sue notizie dal 1561 al 1587); Giambattista V., fratello di Giuseppe (sue notizie dal 1585 al 1605) e Giangiacomo V., figlio di Giambattista (sue notizie dal 1605 al 1620).
Giuseppe V. venne nominato il 21 novembre 1561 architetto imperiale della contea di Gorizia da parte dell’arciduca Massimiliano, per ordine dell’imperatore Ferdinando I (1558-64) con lo stesso salario del padre Corrado. Nel 1565 fu incaricato dall’arciduca Carlo di ispezionare la fortezza di Gradisca, che versava in cattivo stato. È documentato che a Gorizia l’arciduca gli ordinò, come aveva scritto ai commissari di guerra in Friuli, «di dar tosto amano ad un magazzino per le proviande, alcuni pozzi e mulini e spostare la polveriera». Nello stesso periodo gli fu dato anche l’incarico per la sistemazione della piazza della città, che risultava «costruita malamente», specie verso la parte alta. Gli venne ordinato in particolare di «atterrare le case e ricostruirle decorosamente […], tenendo bene aperti i passaggi verso la città alta». Nel 1566 fu nuovamente incaricato di risistemare la cinta bastionata nella parte alta e bassa della città e «fatto obbligo di ispezionare diligentemente all’ingiro tutti i posti della città superiore et inferiore di Gorizia e di proporre colla massima precisione come si potrebbe superare con poche difficoltà il presente inevitabile pericolo, col dar mano all’inizio et alla costruzione di ciò che non è stato fatto […]». Queste precauzioni probabilmente vennero prese a seguito dell’intenzione dei veneziani di fortificare Udine. ... leggi L’importanza dell’architetto e la benevolenza dell’arciduca nei suoi confronti fu confermata nei due anni successivi da alcuni premi in denaro che ricevette per la sua diligenza in ambito professionale. Nel 1572 portò a termine l’opera per il quale ai giorni nostri è maggiormente ricordato: la casa del Magistrato civico (o casa del comune) a Gorizia. Si tratta di un pregevole edificio a tre piani in viale d’Annunzio, dotato di una elegante loggetta al secondo piano. L’edificio è stretto tra le case in un lotto medievale ed è dotato al pianterreno di un gradevole porticato che continua negli edifici adiacenti. Anticamente la fabbrica ospitava il Magistrato civico, da cui tutt’oggi conserva il nome, ed accoglieva anche l’istituto (un’organizzazione composta dal gastaldo e da dodici cittadini, che operava come tribunale) voluto dall’arciduca Carlo d’Asburgo. Egli succedette in questo incarico all’architetto Dionisio de Botta, il quale, per lo stesso scopo, nel 1568 aveva edificato una costruzione che tuttavia era crollata solo tre anni più tardi (1571). Il de Botta fu condannato a rifondere i danni e bandito dall’arciduca. Quest’ultimo diede l’incarico di ricostruire l’edificio proprio a G. V., segno evidente della considerazione di cui doveva godere l’architetto. Nel 1576 costui venne nominato commissario per l’ispezione delle fortificazioni della cittadella e presentò due modelli di fortezza assieme alle sue proposte in merito alla sistemazione dei bastioni e delle mura. È del 1583 il progetto di recinzione entro mura e la pianta della città di Gorizia a sua firma, conservati a Vienna (Haus-, Hofund Staatsarchiv). In seguito il V. chiese all’arciduca Carlo di essere trasferito e di venire sostituito a Gorizia da suo fratello Giambattista (1581). Effettivamente questa richiesta venne accolta, perché in seguito si trova impegnato nella costruzione delle fortificazioni sul confine croato-slavo, in particolare nel castello di Tolmino, lavoro continuato nel 1583 dal fratello Giambattista. Risale a questo periodo anche il suo progetto per la cittadella fortificata di Stanjel a San Daniele del Carso. In questa città aveva previsto la costruzione di una moderna cinta muraria rinascimentale, con la strategica disposizione di torri di guardia e un doppio portale fortificato di accesso. Negli anni Ottanta del Cinquecento operava nel ducato di Stiria, in particolare a Judenburg, Graz e Ptuj (Poetovio, attualmente in Slovenia). Scrive il Morpurgo che, nel 1583, l’architetto eseguiva alcuni lavori a Judenburg. Nel 1584 venne incaricato di «abbattere la torre pericolante nel castello di Pettau (Ptuj) e di alzarne una nuova». Un anno più tardi costruì alcuni edifici (per ora non individuati in modo certo) nella cittadella di Graz. Morì a Gorizia nel 1587. Lasciò la moglie Diana e il figlio Giampietro (Pietro), che nel 1591 entrò al servizio dell’arciduca Ferdinando II e studiò in Olanda come architetto.
Giambattista V. nel 1572 venne nominato dal fratello Giuseppe «scrivano delle fabbriche», cioè assistente edile. La sua attività si intensificò nel 1583, quando sostituì il fratello nelle opere di sistemazione della cittadella di Gorizia e del castello di Tolmino. Tra il 1585 e il 1593 lavorò al castello e al porto di Trieste. Dalle poche notizie pervenute sappiamo che nel 1599 si dedicò alla ricostruzione del ponte sull’Isonzo e nel 1600 compì riparazioni della copertura del castello di Gorizia. Probabilmente morì nei primi anni del Seicento e nel 1605 gli succedette l’architetto Giulio Baldigara, nominato dall’arciduca Ferdinando II.
Giangiacomo V., figlio di Giambattista, nel 1605 a Gorizia sposò Caterina de Suardi, che gli diede quattro figlie: Maria Chiara, Diana, Elisabetta e Barbara. Nel 1608 il cognome dei V. figura preceduto da titolo nobiliare, che invece mancava ancora nel 1605. Nel 1620 circa, sotto la sua direzione, fu riedificato il porto di Trieste, dopo la guerra di Gradisca, ed in esso venne costruito un «superbo molo, lungo circa 120 passi». Contemporaneamente egli riparò la darsena del Mandracchio e vi edificò «nuove costruzioni, tra cui un muro a riparo della bora sul molo della bandiera». Per Carl von Czoernig la famiglia Vintana, poi Vintani, ottenne in seguito il baronato e si estinse al principio del secolo XVIII.
Sono da verificare possibili relazioni tra la famiglia di architetti attivi a Gorizia tra Cinquecento e Seicento ed il nobile casato Vintani di origine gemonese a cui appartiene anche la sorella di Ippolito Nievo, Elisa Nievo in Vintani (1837-1926). Elisa aveva vissuto nella villa Vintani di Santa Maria la Longa, un edificio dotato di un gradevole impianto architettonico tardo cinquecentesco, con un corpo principale che si eleva per tre piani e due ali laterali più basse. Nel nucleo centrale della villa si trova un pregevole androne passante, sottolineato da due eleganti portali in pietra sormontati da finestre ad arco. Nell’ala ad est si individuano altri elementi architettonici originali, mentre l’insieme del complesso risulta oggi fortemente rimaneggiato. L’epoca di costruzione dell’edificio è la stessa in cui sono attivi gli architetti Vintana; tuttavia non si hanno notizie o documenti che aiutino a stabilire un legame certo fra la famiglia di architetti goriziani e l’illustre casato friulano. Anche G. Marchetti sembra suggerire un’analogia, pur senza poterla approfondire.
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