Nacque a San Vito il 16 marzo 1687 da Valentino e Felicita Mauro. La situazione economica della famiglia non era florida. L’unico modo di garantire al figlio la possibilità di studiare fu quello di avviarlo alla carriera ecclesiastica. Il seminario di Portogruaro divenne la sua scuola. Qui M. portò a termine la sua formazione scolastica e a quindici anni vestì l’abito clericale. Fu ordinato sacerdote intorno al 1710. Nel 1712 assunse l’incarico di maestro di cappella presso il duomo di San Vito, quale successore di pre Fausto Michielini, incarico che mantenne fino al 1719. In questo periodo approfondì le sue conoscenze di anatomia, fisiologia, lettere, musica, matematica e storia naturale. Profondo conoscitore delle lingue, venne incaricato anche della direzione spirituale delle monache salesiane appena giunte dalla Francia per fondare il monastero della Visitazione di San Vito. Nel 1719 mons. Antonio di Polcenigo, vescovo di Feltre, lo chiamò a insegnare retorica nel suo Seminario del quale, un paio d’anni più tardi, gli fu affidata anche la direzione. Quando nel 1724 morì il vescovo Polcenigo, il M. rientrò a San Vito. Chiamato dal vescovo di Concordia, Giacomo Maria Erizzo, divenne esaminatore dei confessori e, dall’8 gennaio 1726, maestro di cappella presso la concattedrale di Portogruaro, in sostituzione del licenziato Giovanni Battista Zanotto. Dall’incarico recedeva alla fine del 1729. Già nel 1726 M. aveva aperto a Portogruaro, in palazzo Sbrojavacca, un collegio privato che trasferì nel 1729 a San Vito. Qui, oltre alla funzione di rettore, tenne anche gli insegnamenti di filosofia e matematica fino al 1758. Sotto la sua guida si formarono i figli delle maggiori famiglie sanvitesi (Altan e de Renaldis), e di altre friulane (Colloredo, di Polcenigo e Strassoldo), ma alcuni allievi arrivarono anche dalla Dalmazia, dall’Istria, dalla Grecia, dalla Puglia. ... leggi Dell’esperienza educativa ci sono rimaste diverse testimonianze. La prima è un manifesto intitolato Idea di una scuola, con il quale il M. dava notizia dell’intenzione di aprire una scuola dove sarebbero stati impartiti gli studi di religione e morale cristiana, le lingue latina e italiana, la poesia, “l’arte delle lettere missive” e la retorica, la filosofia comprendente logica (“buona critica”), metafisica (teologia), fisica (cosmografia, geometria, ottica, statica, notomia) e etica (giurisprudenza, economia e politica), geografia, aritmetica e cronologia. Su richiesta era in grado di fornire anche corsi di ballo e di scherma. Ci è giunta pure una tipica composizione per occasione solenne, la Conferenza accademica sopra la storia del patriarca Giuseppe tenuta sotto i felici auspici di mons.r ill.mo e r.mo Dionisio Delfino patriarca d’Aquileia in S. Vito al Tagliamento a’ dì 15 luglio 1733 dagli scolari di Anton-Lazaro Moro. Infine ricordiamo il Ragionamento fatto ad un suo discepolo sopra il fenomeno apparso la notte del dì 16 dicembre 1737, breve saggio su un’aurora boreale. Nell’ottobre del 1736, a Fanna e Cavasso, ospite del conte Carlo Maria di Polcenigo, il M. intuì la spiegazione della presenza dei fossili in montagna. L’anno seguente espose la sua teoria in una lunga lettera indirizzata al Polcenigo. Qualche anno ancora gli servì per affinare il libro destinato a diventare una delle basi della geologia moderna: De’ crostacei e degli altri marini corpi che si truovano su’ monti, finito di stampare a Venezia il 23 settembre 1740. Le polemiche non mancarono: chi lo definì «bizzarro sistema» chi, come Scipione Maffei lo ringraziò per l’omaggio del libro scrivendogli che «ingegnosa e plausibile è la sua idea». Man mano che il volume veniva diffuso l’interesse cresceva. A Lipsia, nel 1744, nei «Nova acta eruditorum» uscì la prima recensione straniera, poi nel 1745, a Memmingen, presso Monaco, fu dato alle stampe un primo compendio di quaranta pagine in lingua tedesca a cura del medico e naturalista Balthasar Ehrhart. Negli stessi anni a Venezia ebbe avvio una dura polemica contro l’opera del M., per mano di Giuseppe Antonio Costantini, redattore delle Lettere critiche, giocose, morali, scientifiche ed erudite con lo pseudonimo di conte Agostino Santi Pupieni. Il M. rispose con una lettera datata 16 aprile 1747, edita in trecento copie dai Remondini. Il Costantini replicò immediatamente con un corposo libro, stampato a Venezia per i tipi di Bassaglia, intitolato La verità del diluvio universale vindicata dai dubbi, e dimostrata nelle sue testimonianze, nel quale oltre duecento pagine sono dedicate alla confutazione della teoria del M. Numerose manifestazioni di solidarietà giunsero al naturalista friulano da più parti. Tra esse anche quella di Scipione Maffei, che nel saggio Della formazione de’ fulmini. Trattato raccolto da varie sue lettere, in alcune delle quali si tratta anche dell’insetti rigenerantisi, e de pesci di mare su i monti, e più a lungo dell’elettricità (1747), rese pubblicamente onore al M. definendolo «ingegnoso autore» e rilevando, in una lettera diretta a Parigi, la negligenza dei librai francesi che non rendevano disponibile in Francia un’opera così importante. Ma l’originalità del lavoro del M. era ormai nota. Nei paesi di lingua tedesca erano maturi i tempi per una traduzione integrale. La prima uscì a Lipsia nel 1751, per i tipi di Breitkopf, la seconda nel 1765 a Brema stampata da Cramer. In Francia, intanto, il M. era stato celebrato con due citazioni nell’Encyclopedie, alle voci dedicate alle montagne e alla formazione della terra. Oggi l’opera di A. L. M. appare a molti storici della scienza come l’atto di nascita della geologia italiana. Nel 1750 M. diede alle stampe a Venezia la Lettera o sia dissertazione sopra la calata de’ fulmini dalle nuvole indirizzata al marchese Scipione Maffei. Dell’argomento si era occupato già nel 1723, mentre insegnava al seminario di Feltre. Allora, in una “pubblica disputa” Giorgio Albertoni, giovane allievo bassanese divenuto poi arciprete di Schio, assistito dal M., aveva presentato il lavoro del Maffei. Ma alcune osservazioni edite nel 1750 si rifanno anche a quanto esposto nel già citato Ragionamento fatto ad un suo discepolo sopra il fenomeno apparso la notte del dì 16 dicembre 1737. La fisica fu l’ultimo suo grande interesse, al quale dedicò un lavoro rimasto inedito, il Saggio di fisica fisicamente trattata, che non riuscì a dare alle stampe. Costretto a chiudere il collegio sanvitese nel 1758, l’anno seguente il M. divenne pievano di Corbolone, sulla sponda sinistra del Livenza, dove rimase per circa tre anni. Da qui più volte chiese l’appoggio dei suoi allievi Giuseppe e Girolamo de Renaldis per ottenere una cattedra di fisica all’Università di Padova. Dalle sue lettere ai fratelli de Renaldis si comprende che la cattedra era un obiettivo troppo ambizioso (il M. aveva già settantacinque anni) e praticamente irraggiungibile. Anche il loro interessamento per procurargli un incarico presso il seminario di Portogruaro non andò a buon fine: il M. si disse disposto ad accettare l’incarico solo alle condizioni economiche ottenute quaranta anni prima per l’incarico al seminario di Feltre dal vescovo Polcenigo. La situazione divenne quindi insostenibile e il M. tra la primavera e l’estate del 1763 si trasferì alcuni mesi a Pola, su invito del vescovo Giovanni Andrea Balbi, per seguire l’istruzione dei suoi tre nipoti. Qualche problema di salute lo riportò presto a San Vito, dove si spense il 2 aprile 1764. Da un catalogo delle opere, inviato dallo stesso M. al nipote Giuseppe il 27 settembre 1761, apprendiamo che, oltre ai lavori già citati, risultavano esistenti alcuni altri opuscoli: un Dialogo accademico sopra la poesia (recitato dagli allievi del suo collegio alla presenza del patriarca prima del 1733), il Ministro della Messa privata, un Dialogo sopra il culto dei santi (completato, ma ritenuto dallo stesso autore non degno di pubblicazione), lo Sviluppo dell’invillupata questione intorno all’usura (non ultimato), gli Elementi grammaticali raccolti per comodo di chi comincia a studiare la lingua latina secondo il metodo detto di Porto-Reale e diverso materiale per fare «un’aggiunta all’opera dei Crostacei». Numerose infine le lettere a noi pervenute: tra i corrispondenti, oltre ai suoi allievi, ricordiamo almeno Bernardo Maria de Rubeis, Giovanni Bianchi (Jano Planco) di Rimini, Antonio Leprotti medico di papa Benedetto XIV, Iacopo Stellini, Clemente Sibilliato, Giovanni Lami, direttore delle «Novelle letterarie» fiorentine, Domenico Fontanini, Gian Domenico Bertoli, Anselmo Costadoni, Scipione Maffei. [Pier Giorgio Sclippa]
La sua produzione musicale, affiancata a quella ben più nota di natura soprattutto scientifica, è conservata negli archivi delle cappelle di Portogruaro e San Vito al Tagliamento («composizioni di musica ad uso di chiesa presso i Bonisoli ed ora di proprietà della Chiesa Maggiore» ricordava agli inizi del XIX secolo il sanvitese memorialista Antonio Altan), a tutt’oggi nulla ci è pervenuto se si eccettua il testo di una sua Cantata per musica inserita nella «Conferenza accademica sopra la storia del patriarca Giuseppe tenuta sotto i felici auspici di mons.r ill.mo e r.mo Dionisio Delfino patriarca d’Aquileia in S. Vito del Tagliamento a’ di 15 luglio 1733 dagli scolari di Anton-Lazaro Moro» conservata presso la Biblioteca di Udine (ms BCU, Principale, 553), edita da Sclippa nel 1987. [Fabio Metz]
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