Nacque a Udine nel 1923, figlio dell’architetto Provino. Insieme con la sorella Fernanda (detta Nani, 1927-1987) si orientò alla professione dell’architettura e si iscrisse nel 1942 all’Istituto universitario di architettura di Venezia (IUAV), dove studiò, tra gli altri, con Giuseppe Samonà e Carlo Scarpa. Di quel periodo si ricordano esperienze come pittore, la frequentazione del gruppo di Vedova Turcato e Santomaso a Venezia e la selezione di due suoi quadri per il premio Bergamo nel 1943. Interrotti gli studi durante la guerra, nel 1943 dapprima seguì il corso allievi ufficiali all’Accademia navale di Pola, quindi venne fatto prigioniero dai tedeschi e trasferito in Tirolo, dove trovò impiego come disegnatore e progettista in un’industria. Riuscì a scappare in Italia e si unì ai partigiani a Trento, quindi fece rientro a casa. Finita la guerra riprese gli studi a Venezia, dove si diplomò nel 1948. Nel frattempo cominciò a collaborare con il padre, costituendo lo studio “architetti Valle”, la cui sede si trovava nel palazzo per appartamenti e uffici di viale Venezia a Udine (casa Bisaro) da lui progettato e completato nel 1950. Il primo progetto è quello per il cinema-teatro-taverna Margherita in viale Marinelli a Tarcento (1946-1948, completato nel 1957), dove la copertura, a detta di Francesco Tentori, ricorda quella di Alvar Aalto per la Biblioteca di Viipuri. Tra il 1948 e il 1949 realizzò il progetto della propria tesi di laurea: si tratta di una casa di vacanza commissionata dalla Cooperativa muratori di Udine a Lignano Sabbiadoro, di «chiara matrice lecorbuseriana» (Tentori, 1992). Grazie alla borsa di studio Fullbright, nel 1951 frequentò il corso di urbanistica alla Harvard Graduate School of Design, dove studiò con Walter Gropius e William L. C. Wheaton e conseguì il “bachelor of city and regional planning”. Nella Biblioteca di Harvard trovò il libro di Richard Abercrombie sul Feng Shui cinese (1925): si trattò di una lettura stimolante, destinata a influenzare il suo approccio al progetto e all’architettura. ... leggi Nel 1952 vinse una borsa di studio dell’Institute for International Education negli Stati Uniti, dove venne raggiunto dal compagno di studi Angelo Masieri con il quale visitò alcuni edifici di Frank Lloyd Wright, anche se non condivideva la sua passione per il maestro americano. Iniziò l’attività didattica a Venezia presso la scuola internazionale dei CIAM (Congressi internazionali di architettura moderna) (1952-1954) e nel 1954 fu professore incaricato per il corso di applicazioni di geometria descrittiva allo IUAV, dove, dopo aver conseguito la libera docenza (1966), insegnò elementi di composizione, quindi composizione (1972-1976), prima come professore incaricato e dal 1976-1977 come ordinario. Con la sorella Nani (entrata nello studio architetti Valle dal 1951) realizzò la prima casa Ghetti a Codroipo (1951), quindi la veranda di casa Romanelli a Udine (1952-1953), mentre nei progetti per l’estensione della clinica Nicoletti a Udine (1953), casa Migotto (ora Pozzi) a Udine e casa Quaglia a Sutrio (1953-1954) la collaborazione si estese al padre. In occasione della ristrutturazione della sede centrale della Cassa di risparmio di Udine e Pordenone (1953-1955, con il velario di copertura del salone centrale costituito da una struttura reticolare a tetraedri derivata dalle sperimentazioni di B. Fuller), allo studio architetti Valle si affiancò l’architetto americano John R. Myer, che avrebbe collaborato anche nel progetto della Cassa di risparmio a Latisana (1954-1956), con rilievi di Dino Basaldella a ornare il volume cilindrico del tesoro, e della seconda casa Ghetti a Codroipo (1954). Realizzò diversi fabbricati per l’INA casa, ad Azzano Decimo (1960), Bertiolo (1959-1964), Codroipo (1958-1960), Montereale Valcellina (1952-1961), Ragogna (1951-1953), Rigolato (1951-1953), Tarcento (1952-1954), Tavagnacco (1957-1959), Torreano di Cividale (1956-1959), Vito d’Asio (1957-1959). Del 1955 è il progetto di concorso per la Cassa di risparmio di Gorizia (con Nani Valle e Donald S. Appleyard), al quale fanno seguito il condominio per abitazioni e uffici Vriz a Trieste (1955-1957, che V. polemicamente contrappose alla Torre Velasca dello studio BBPR che per questo sarebbe stata oggetto di una polemica su «Casabella») e il progetto per l’ospedale di Portogruaro (1955-1968, con Provino e Nani Valle e Appleyard), tutti edifici nei quali V. si accosta alla poetica del “neobrutalismo” inglese, dove si esalta la «sincerità dei materiali», in particolare il calcestruzzo armato, che viene lasciato a vista. Nella casa doppia Bellini (1956-1957, con Federico Marconi e Appleyard) e nel municipio di Treppo Carnico (1956), V. enunciò la tematica della muratura portante trattata secondo uno spirito «difensivo», concetto che superò nel condominio di via Marinoni a Udine (1958-1960, con Firmino Toso), dove la parete liscia esalta la disposizione delle bucature. Dopo i progetti, non realizzati, per il teatro (1957) e la sistemazione del centro storico di Udine (1958, con Marconi e Nani Valle), V. vinse nel 1959 il concorso per il Monumento alla Resistenza (con Marconi e Dino Basaldella) situato in piazzale XXVI Luglio a Udine, di fronte al Tempio Ossario realizzato dal padre. Il contatto con il mondo dell’industria iniziò con il “product design”, a partire dal 1954 con la Solari, per la quale realizzò l’orologio Cifra 5 (Compasso d’oro nel 1956, assegnato nuovamente nel 1963 per i teleindicatori alfanumerici), e nel 1956 con Zanussi (Compasso d’oro nel 1962 per la cucina Rex 700). Con l’industria pordenonese la collaborazione proseguì con la progettazione degli uffici (1957-1961), del deposito tipo (1963) e dell’asse attrezzato (1966-1970). Un capitolo importante della sua attività fu quello degli edifici industriali, a iniziare dallo stabilimento Chiesa a Udine (1959-1960) e dallo stabilimento prefabbricati Sipre a Tavagnacco (1962-1963). Più articolata la collaborazione con Fantoni a Osoppo, per cui progettò gli uffici e il centro servizi (1972-1975, 1976 dopo il terremoto), gli stabilimenti (1974-1977, 1978, 1985), lo stabilimento Mdf (1985-1990), lo spazio espositivo e l’auditorium (1995-1996). Lo stabilimento termale di Arta (1962-1964, con Lorenzo Giacomuzzi Moore) e casa Manzano a Udine (1965-1966) confermano quanto sosteneva Joseph Rykwert (1965) a proposito della «diversità» dell’architettura di V., che è il «risultato di un modo elastico di affrontare ogni diverso problema», infatti ciascun edificio ha la coerenza di ogni arte figurativa, che è quella di dare espressione alle diverse funzioni. Sempre Rykwert rileva la relazione tra l’opera di V. e la cultura architettonica e costruttiva del Friuli, giungendo a definirla «provinciale», termine che ha una connotazione positiva e corrisponde alla definizione di «regionalismo critico» coniata da Kenneth Frampton (1982). Il cosmopolitismo culturale praticato da V. trova nella sua città di nascita un ideale punto di approdo, il luogo dove esercitare la propria creatività in una continua opera di auto-rinnovamento, insensibile a “ismi” e indicazioni di stile. Soluzioni originali V. le propone anche quando deve confrontarsi con il contesto della città storica, come nel caso di alcuni progetti udinesi – il nuovo teatro, palazzo Brigo in via Mercatovecchio (1962-1965), casa INA in via Marinelli (1970-1971), i progetti per il palazzo delle associazioni culturali in via Manin (1966, 1973) e quello della regione –; l’architetto dimostra di rifiutare il mimetismo, preferendo forme che, pur cercando il dialogo, rivelano, per esempio con l’uso dei materiali, tutta la loro modernità. Secondo Pierre Alain Croset (1989) il municipio di Casarsa (1966-1970, con Piera Ricci Menichetti) apre un nuovo ciclo di ricerche, attuando una sintesi delle esperienze realizzate, che prosegue con la progettazione di grandi complessi di edifici quali la sede centrale della Rinascente a Milano (1968-1971, con Herbert Ohl), il centro direzionale di Trieste in Porto vecchio (1972-1973) e il centro direzionale di Pordenone, l’unico a essere realizzato (1972-1982). Da sempre interessato al mondo dell’industria e ai suoi processi, V. si occupò anche di prefabbricazione, studiando il modo di combinare elementi realizzati in serie «per ottenere una estrema riduzione del linguaggio costruttivo» (Croset, 1989). A tale proposito, con Giorgio Macola, progettò un sistema di scuole prefabbricate per la Valdadige (1974-1976), che sono caratterizzate da logica compositiva ispirata alla flessibilità, alla quale si accompagna l’impiego di colori brillanti e complementari. L’abbinamento di forme e volumetrie essenziali con tinte accese, impiegato in alcuni progetti per magazzini e insediamenti industriali – lo stabilimento Dapres a Portogruaro e il deposito Geatti a Terenzano (1973-1974), il centro distribuzione Bergamin a Portogruaro (1978-1980) e quello per l’IBM a Basiano (1980-1983) –, connota una fase della sua ricerca espressiva che, secondo Croset, definisce una nuova relazione tra architettura e paesaggio. Ugualmente ispirati a una poetica “minimal” – che forse gli proveniva dalla frequentazione con artisti in quanto responsabile degli allestimenti alla Biennale di Venezia tra il 1974 e il 1976 – sono la sede per il giornale «Messaggero Veneto» a Udine (1967-1968), il Kursaal di Arta (1975-1978) e le sedi municipali di Fontanafredda (1973-1981) e Sutrio (1975-1978). Anche dal confronto con le rigide normative dell’edilizia residenziale popolare, V. trasse ispirazione per operare in maniera innovativa, come nell’edificio per cento alloggi IACP a Udine (1976-1979) e nel complesso residenziale per quarantadue alloggi a Santo Stefano di Buia, ma sono soprattutto le abitazioni del quartiere popolare alla Giudecca a Venezia (1980-1986) a segnare un punto di svolta: infatti, abbandonati i volumi essenziali, l’architetto si concentra sul contesto ambientale, caratterizzato dalla vicinanza del neogotico complesso del Molino Stucky (il rivestimento in laterizio), e sulla definizione dei percorsi che riprendono ambienti tipici veneziani: la calle, la corte, il sottoportego. Parallelamente all’edilizia residenziale, V. fu impegnato a ristrutturare alcune sedi della Banca commerciale italiana (Venezia, 1977-1981; Padova, 1977-1981; palazzo Besana a Milano, 1977-1981), tra le quali quella di New York (1981-1986), dove intervenne su un preesistente edificio di Kimball, realizzando un «grattacielo a metà» (Sandro Marpillero, «Lotus Navigator», 2000). Anche nella ristrutturazione della torre Alitalia come sede dell’IBM all’Eur (1987-1988), l’architetto effettuò una svolta, concentrandosi sul valore rappresentativo dell’edificio e intervenendo a livello di rivestimento, operando non più sul colore ma creandolo direttamente con i materiali. L’occasione per mettersi nuovamente alla prova con l’inserimento di nuove architetture in contesti urbani preesistenti gli venne offerta da commissioni che riguardavano alcune capitali europee: Berlino (progetto per una Scuola-blocco 606, 1983-1989), Vienna (case popolari, 1984-1985) e Parigi, dove, alla Défense, il progetto per la testata degli uffici IBM si estese fino a configurare un isolato (1984-1988). In un contesto che egli riteneva privo di «principi insediativi», affrontò una «sfida disperata» e costruì un vero pezzo di città, dove forma e composizione sono chiaramente percepibili e si distanziano dall’indifferenziato e caotico intorno. L’occasione di costruire nel centro di Parigi gli venne offerta dalla Société Générale, che nel 1995 gli commissionò la nuova sede degli uffici, e da un gruppo bancario francese, per il quale ristrutturò l’isolato Edouard VII (1995-1999) con annesso teatro Olympia. I suoi interventi sempre diversificati non ammettevano ripetizioni, ogni progetto ebbe una propria storia, che spesso originava dalla sua interpretazione delle preesistenze; così a Ivrea per i nuovi uffici direzionali (1985-1988) e per i palazzi di Giustizia di Brescia e Padova (1984-1990) ricorse a grandi forme che prevedevano allineamenti in curva o semicircolari, dove la corte risulta uno spazio di mediazione tra città e edificio, ma non si configura secondo la tipologia dell’isolato come a Parigi. Nella Facoltà di psicologia di Padova (1994-1998) si ritrova una citazione dal palazzo delle Poste del quartiere Ostiense di Adalberto Libera e una ulteriore interpretazione della relazione tra corte interna e edificio. La dimensione internazionale non rallentò l’attività svolta in regione, cosicché nel 1985 curò il restauro di palazzo Florio a Udine, nel 1991 progettò la sistemazione di piazza Venerio. Tra le sue ultime opere dedicate alla regione e al capoluogo friulano, si ricordano la ristrutturazione del cinema teatro Pasolini a Cervignano del Friuli (1995-1996), su un preesistente edificio di Ermes Midena, la nuova sede udinese per l’impresa Rizzani-De Eccher (2000-2002) e il bocciodromo di Cussignacco. Fu redattore del piano particolareggiato della Bufalotta a Roma e progettò l’edificio per uffici della Deutsche Bank (1997) nell’ambito dell’area della Bicocca a Milano, la cui progettazione complessiva era affidata a Vittorio Gregotti. V. morì a Udine nel 2003.
ChiudiBibliografia
F. TENTORI, Tre banche dello Studio Valle, «Casabella», 213 (novembre-dicembre 1956), 17-29; J. RYKWERTH, Architettura di Gino Valle, «Domus», 426 (1965), 7-23; Gino Valle, «Zodiac», 20 (1970), 82-115; Gino Valle Architetto (1950-1978). Catalogo della mostra, a cura di G. VALLE, Milano, Edizioni Padiglione d’arte contemporanea/Idea Editions, 1979; K. FRAMPTON, The ism in contemporary architecture, «Architectural Design», 52 (luglio-agosto 1982); P.A. CROSET, Gino Valle progetti e architetture, Milano, Electa, 1989; Gino Valle, «Lotus Navigator», 1° novembre 2000; G. CORBELINI, Architettura in montagna. Gino Valle in Carnia, Trieste, Navado Press, 2005; P.A. CROSET, Gino Valle a Udine, Milano, Mazzotta, 2007; P.A. CROSET - L. SKANSI, Gino Valle, Milano, Electa, 2010.
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