Nacque il 13 giugno 1906 ad Innsbruck (Austria), dove il padre Gualtiero, ingegnere civile e progettista ferroviario, si era temporaneamente trasferito per lavoro. Gualtiero era suddito dell’Impero austro-ungarico in quanto appartenente ad una famiglia friulana di Gradisca d’Isonzo, allora città dell’impero. La famiglia aveva trasformato nel Settecento il cognome in de Finetti, per disposizione dell’imperatrice Maria Teresa che ringraziava così l’artefice del nuovo catasto dell’impero. Alla morte del padre, avvenuta mentre la famiglia viveva da poco a Trieste, d. F. aveva appena cinque anni. La madre Elvira Menestrina decise allora di far ritorno con i figli a Trento, sua città d’origine, dove il ragazzo, allievo brillante già dalle elementari, concluse in soli due anni il liceo classico. Nel 1923, a diciassette anni, si iscrisse al Politecnico di Milano per diventare ingegnere, secondo la tradizione familiare. A seguito della istituzione nel 1925 presso l’Università di Milano del corso di laurea in matematica, d. F. ne frequentò alcune lezioni e comprese che la matematica era la sua vera vocazione. Si trasferì alla nuova Facoltà dopo un anno di contenzioso con la madre, del quale resta un’interessante documentazione nelle lettere che si erano scambiati, pubblicate nel 2000 su «Nuncius. Annali di storia della scienza». A soli ventuno anni, nel 1927, d. F. si laureò in matematica discutendo con G. Vivanti una tesi di analisi vettoriale in ambito affine, che fu poi rielaborata e pubblicata nel 1929 su presentazione di G. Giorgi. Già apprezzato da Corrado Gini, presidente dell’Istituto centrale di statistica del Regno d’Italia (l’attuale ISTAT), subito dopo la laurea fu assunto a Roma nell’ufficio matematico dello stesso Istituto, dove lavorò dal 1927 al 1931. Questi anni furono per d. ... leggi F. caratterizzati da una intensa e vivacissima produzione di idee e di scritti. Nel 1930 ottenne la libera docenza in analisi matematica, ma non volle abbandonare l’attività in campo applicativo. L’anno successivo lasciò Roma e l’Istituto centrale di statistica per prendere servizio alle Assicurazioni Generali di Trieste, dove lavorò fino al 1946, ricoprendo vari incarichi: dall’ufficio attuariale alla responsabilità del Servizio meccanografico e dell’ufficio razionalizzazione. In quegli anni ebbe anche vari incarichi d’insegnamento presso le Università di Padova e Trieste. Già nel 1936 aveva vinto il concorso per una cattedra presso la Facoltà di economia e commercio dell’Università di Trieste, che non gli era stata assegnata in quanto ancora celibe. Soltanto nel 1950 ebbe la nomina a professore ordinario di matematica finanziaria ed attuariale, con effetto retroattivo dall’anno 1942. Dopo il 1946 si dedicò a tempo pieno all’università, pur restando consulente delle Generali. Durante la sua lunga permanenza a Trieste, tornò spesso nella villa in cui abitava lo zio, il pittore Gino de Finetti, a Corona presso Gradisca, dove a volte ospitava anche colleghi e collaboratori. Lasciò Trieste per trasferirsi all’Università di Roma nel 1954, quale vincitore di cattedra nella Facoltà di economia e commercio. Nel 1961 fu chiamato dalla Facoltà di scienze della stessa Università sulla prestigiosa (e unica in Italia) cattedra di calcolo delle probabilità, dove rimase fino al 1976, anno del suo collocamento fuori ruolo. Nel 1980 fu nominato professore emerito. Morì a Roma il 20 luglio 1985. Fu matematico, economista, statistico, attuario, epistemologo, ed è riconosciuto come uno dei maggiori scienziati del secolo XX. Lunghissimo è l’elenco dei premi e dei riconoscimenti ottenuti in Italia e nel mondo. Fu accademico dei Lincei e membro dell’Istituto internazionale di statistica. Presso gli specialisti d. F. è ricordato soprattutto per la sua rivoluzionaria impostazione della probabilità, ma anche per la sua capacità di vedere lontano e di essere precursore di tante idee che sono state poi sviluppate da altri nei decenni successivi. La sua bibliografia conta quasi trecento titoli, tra libri, articoli scientifici, articoli divulgativi ed opuscoli, di argomento vario ma accomunati da una grande unità di pensiero e di atteggiamento: per d. F. la matematica dà razionalità al pensiero ed è uno strumento per leggere il mondo; non è importante come strumento astratto in sé ma come strumento che migliora la vita dell’uomo. Le idee, i concetti e i loro profondi significati vengono prima delle formule. Vi è nel pensiero di d. F. una visione unitaria di concreto e astratto, che si esprime in scritti ispirati da una grande tensione alla razionalità, alla moralità e al progresso. Le prime pubblicazioni risalgono al periodo degli studi universitari. Nel 1926, durante il terzo anno al Politecnico, d. F. condusse di propria iniziativa una ricerca in biologia matematica che, con l’approvazione del biologo Carlo Foà, del matematico Giulio Vivanti e degli statistici Giorgio Mortara e Corrado Gini, fu pubblicata sulla prestigiosa rivista «Metron», con il titolo Considerazioni matematiche sull’ereditarietà mendeliana. Il lavoro, apprezzato anche negli ambienti scientifici stranieri, fu presentato in un seminario del prestigioso Istituto Poincarè di Parigi; il celebre demografo americano Lotka espresse la propria ammirazione mandando una lettera personale al giovane autore. Dal 1928 al 1930 d. F. pubblicò numerosi lavori sulla teoria e il calcolo delle probabilità: sono i primi contributi in un settore che occupa una posizione preminente nella sua vasta e poliedrica opera di ricerca. In essi d. F. esprime la sua straordinaria capacità di penetrare i problemi, affrontandone con grande perizia principalmente due: la definizione generale di probabilità e lo studio analitico di alcune classi di processi aleatori. Per quanto riguarda la definizione di probabilità d. F. conduce una critica radicale a tutte le concezioni oggettivistiche ed ai loro tentativi di definire il concetto di probabilità, e adotta la concezione soggettiva. La probabilità di un “evento” è per d. F. il grado di fiducia nel fatto che esso si verifichi, espresso da ciascuno in base al proprio “stato di informazione”. Al fine di misurare la probabilità, d. F. utilizza il criterio della scommessa ed enuncia il celebre principio di coerenza dal quale fa discendere le proprietà della probabilità: positività, valore uno per l’evento certo, additività finita. In questo modo si libera dalla necessità di una struttura sul dominio della probabilità. Nello studio sui processi aleatori, che si sarebbero in seguito rivelati di capitale importanza sia per lo studio della teoria sia per le applicazioni della probabilità, d. F. muove dall’esigenza di indagare le leggi naturali probabilistiche e studia in particolare le leggi ad incrementi indipendenti. L’opera di sistemazione di d. F. su questo tema sarebbe stata poi completata da Kolmogorov e da Levy. L’esposizione in forma sintetica ed organica del pensiero di d. F. sulla probabilità si trova nell’ampio trattato in due volumi Teoria delle probabilità (Sintesi introduttiva con appendice critica), pubblicato nel 1970 presso Einaudi e pochi anni dopo anche in inglese (London, 1974) ed in tedesco (Oldenburg, 1979). Durante il periodo degli studi universitari a Milano, d. F. aveva frequentato, oltre ai corsi obbligatori, anche un corso supplementare di economia delle assicurazioni (ovvero economia dell’incertezza) tenuto da U. Gobbi nella Facoltà di scienze, che lo aveva affascinato lasciando in lui profonde tracce, come egli stesso ebbe a dire in seguito. La visione economica della realtà ha avuto in d. F. grande rilevanza ed emerge con forza nella sua concezione soggettiva della probabilità. Dipendono da questa visione sia il fatto che nella concezione soggettiva la probabilità è il “prezzo” legato ad una “scommessa”, sia il fatto che la condizione di coerenza, che la probabilità deve rispettare, è ciò che nella moderna finanza risulta essere l’approccio ai prezzi in assenza di arbitraggi. In d. F. senza dubbio è la visione economica che guida la definizione matematica, non viceversa. All’economia d. F. dedicò anche altri scritti, in particolare lo straordinario lavoro Il problema dei pieni, scritto nel 1938 e pubblicato nel 1940, in cui il concetto di “ottimo” ha un ruolo fondamentale e nel quale d. F. considera il comportamento di una impresa di assicurazioni che deve scegliere le quote da trattenere (i pieni) e le quote da cedere in riassicurazione ponendosi contestualmente due obiettivi (ed è il primo a farlo): il guadagno e la riduzione del rischio. Il metodo proposto è oggi riconosciuto come anticipatore dell’approccio “media-varianza” nelle decisioni in condizioni di incertezza. Nello stesso lavoro d. F. fa anche uso del criterio decisionale della “utilità attesa” che, al pari del “mediavarianza”, apparirà nella letteratura economica diversi anni più tardi. Tra le idee di d. F., anticipatrici in ambito economico, citiamo ancora la definizione di “avversione al rischio”. Va segnalato peraltro che, mentre d. F. matematico è stato immediatamente riconosciuto nella comunità internazionale, così non è stato per d. F. economista, riscoperto nei decenni successivi. L’impiego presso l’Istituto centrale di statistica coincise con i suoi primi lavori di statistica descrittiva. Di particolare rilievo è il lavoro sul concetto di media, in cui d. F. perviene in modo indipendente ed originale ad una nuova e più generale versione di un teorema oggi noto come teorema di de Finetti-Nagumo-Kolmogorov. Definì e studiò le “successioni scambiabili” per le quali formulò il celebre Teorema di rappresentazione, costruendo un altro capitolo fondamentale della statistica e della probabilità. Vanno poi segnalati suoi interessanti contributi a concetti oggi noti come “famiglie di Frechet” e “tau di Kendall”. Inoltre, d. F. diede anche un contributo determinante ad una nuova fondazione, su basi soggettiviste, della statistica bayesiana. È stato molto apprezzato nel mondo, in particolare in quello anglosassone tanto che, alla sua morte, l’Università di Pittsburgh (Stati Uniti) ha voluto acquistarne l’archivio. Notevole contributo alla diffusione delle sue idee negli Stati Uniti va attribuito al grande statistico americano Leonard J. Savage che, affascinato dall’impostazione data da d. F. alla probabilità, decise di imparare l’italiano per poterne discutere direttamente con lui. Al periodo in cui fu dipendente delle Generali è legato il lavoro pionieristico di d. F. nel campo del calcolo automatico, che è presente in molte sue pubblicazioni di quegli anni e degli anni successivi. Interessante in particolare, sulla rivista «Tecnica ed Organizzazione» del 1952, la nota Macchine che pensano (e che fanno pensare), ricca di idee e riflessioni relative all’uso e alle potenzialità dei calcolatori. Nel 1951 d. F. era stato per tre mesi negli Stati Uniti dove, tra l’altro, su incarico dell’Istituto nazionale per le applicazioni del calcolo (INAC), aveva frequentato importanti Centri di calcolo, allo scopo di preparare l’installazione a Roma del primo calcolatore italiano, cui in seguito partecipò. Tra i settori di attività di d. F. vanno ancora menzionati la geometria, l’analisi matematica, l’analisi funzionale, la fisica matematica, la teoria dei giochi, la matematica attuariale e, non meno importante, l’impegno nel campo dell’insegnamento della matematica nell’università e nella scuola. Per quest’ultimo settore risultano pietre miliari i testi Matematica logico intuitiva (1944) e Il saper vedere in matematica (1976). Fu sempre attento e critico osservatore dei fatti sociali evidenziando spesso storture ed ingiustizie, sostenendo il diritto alla libertà e alla democrazia. Sostenne la necessità dell’utopia come presupposto della scienza economica. Ritenne inevitabile che al determinismo si dovesse sostituire il probabilismo. Su Lettera Pristem (2006) un suo allievo, in occasione del centenario della nascita, lo ricorda così: «Fu un vero maestro, uomo a tutto tondo, impegnato a stimolare in ciascuno la nascita di una coscienza critica, la fiducia nelle proprie capacità e l’importanza di un’azione comune per la costituzione di un mondo autenticamente migliore per tutti».
ChiudiBibliografia
B. DE FINETTI, Matematica logico intuitiva, Roma, Cremonese, 1944, 19572, 19593; ID., Teoria delle probabilità (Sintesi introduttiva con appendice critica), 1-2, Torino, Einaudi, 1970; ID., Probabilità e induzione, Bologna, CLUEB, 1993; ID., Opere scelte a cura di UMI e AMASES, Roma, Cremonese, 2006; ID., L’invenzione della verità, Milano, Cortina, 2006.
L. DABONI, Necrologio, «Bollettino della unione matematica italiana», s. VII, IA/2 (1987), 283-308; G. ISRAEL, De Finetti, Bruno, in DBI, 33 (1987), 783-786; F. DE FINETTI, Alcune lettere giovanili di B. de Finetti alla madre, «Nuncius. Annali di storia della scienza», 2 (2000), 721-740; F. PRESSACCO, The interaction between economics and mathematics in de Finetti’s thought, «Giornale dell’Istituto italiano degli attuari», 69 (2006), 7-32; F. DE FINETTI - L. NICOTRA, Bruno de Finetti un matematico scomodo, Livorno, Belforte, 2008.
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