Figlio di Sardo e Gabriella Zarabara, nacque a Villa Santina, in Carnia, il 12 maggio 1939. Trascorse la prima adolescenza a Pesariis, dove la famiglia gestiva un albergo ristorante. Qui lavorò come apprendista, per poi diplomarsi nel 1953 presso la Scuola alberghiera di Arta Terme. Due anni più tardi, nel 1955, C. si spostò a Sauris dove il padre rilevò l’albergo Morgenleit. Nel 1958, a diciannove anni, lasciò la Carnia per Roma. Nella capitale i genitori vinsero una gara d’appalto tra oltre quaranta concorrenti provenienti da tutta Italia, per la direzione della mensa aziendale del Quirinale; al giovane C. fu affidata la conduzione del bar del palazzo presidenziale. Negli anni romani conobbe Franca Del Fabbro, che sposò a Villa Santina nel 1965 esattamente dodici mesi dopo il rientro in Friuli dalla città capitolina. Al ritorno nella terra natia rilevò il ristorante Cooperativa di Tolmezzo, tappa fondamentale nel suo percorso di crescita professionale. Nel locale tolmezzino C. cominciò a perfezionarsi come chef, ad analizzare e a studiare le ricette del passato, a osservare la madre, cuoca eccellente, dalla quale acquisì non solo abilità innate come la sensibilità e la fantasia dietro i fornelli, ma anche le competenze tecnico-pratiche, eredità dell’antica tradizione delle massaie della montagna. All’alba degli anni Settanta del Novecento approdò all’albergo Ristorante Roma del capoluogo carnico, il cui nome e destino rimasero indissolubilmente legati a lui. Nel decennio successivo, infatti, giunse la consacrazione che lo elevò a cuoco di ottima fama. Di lui scrissero i più importanti nomi del giornalismo enogastronomico nazionale e internazionale, il suo ristorante fu frequentato da personaggi importanti e da intellettuali, e da ogni angolo arrivarono intenditori della buona tavola per gustare le sue creazioni. ... leggi Tolmezzo e il “Roma” divennero punti di riferimento di una gastronomia unica e originale, in cui l’innovazione sposò felicemente la tradizione legata ai valori e ai prodotti del territorio e dove la semplicità e l’immediatezza popolare si fusero con la ricercatezza e il tocco artistico. Luigi Veronelli definì i menù del Roma «immensi, inarrivabili, superiori», e giudicò C. «il cuoco più moderno che l’Italia abbia mai avuto in quanto intuì primo fra tutti il valore assoluto delle sue erbe, dei suoi funghi, dei prodotti delle sue malghe». E infatti la grandezza di C. fu proprio quella di anticipare i tempi: quando la “nouvelle cousine” era praticamente un credo, osò andare controcorrente inserendo nei menù piatti poveri eseguiti nelle modalità di preparazione messe in atto un tempo dalle donne di Carnia, che utilizzavano per necessità ciò che la natura metteva loro a disposizione. Non fu solo chef ed artista, ma rivestì in maniera naturale anche il ruolo di etnografo e antropologo, comprendendo che le peculiarità alimentari di un popolo sono legate strettamente all’ambiente geografico, produttivo ed ecologico e alle sue forme di insediamento. Quando nel 1998 il ristorante albergo Roma chiuse per ristrutturazione, C. continuò a cucinare per occasioni importanti (premio Nonino su tutti) e ad insegnare la sua arte a giovani allievi. All’inizio del nuovo secolo, una serie di problemi di salute iniziò a minare il suo fisico. Morì a Tolmezzo il 20 febbraio 2001.
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