Nacque a Gemona nel 1910. Il padre Giuseppe aveva avuto esperienze come ebanista e proveniva da una famiglia di artigiani che nel 1899 cambiò il cognome da Cargnelutti a Carnelutti. Il fratello Diego operava nell’ambito dell’ENAPI, curando il disegno e la realizzazione dei manufatti. C. frequentò tra il 1923 e il 1926 il corso triennale di pittura decorativa alla Scuola d’arte e mestieri di Gemona e partecipò nel 1931, insieme al fratello Diego, alla mostra di Gemona, dove presentarono una sala interamente dedicata all’arredo «improntata a originalità simpatica e signorile modernità» (Zumino). Dal 1930 al 1940 emigrò a Milano, dove già operava Diego; nel 1936 disegnò infatti una sedia per l’ENAPI. Lavorò nello studio Ponti e Lancia, da cui si licenziò. Continuo fu il rapporto con l’architetto Edoardo Persico, nel cui studio realizzava i progetti e che per il Natale 1936 gli regalò un libro con dedica. Grazie a Persico, ebbe modo di disegnare alcune pubblicità (1500 Fiat, il vetro securit) probabilmente per la rivista «Casabella», diretta appunto dall’architetto, dove sintetici tratti grafici si combinavano con immagini fotografiche di opere classiche dimostrando la conoscenza delle sperimentazioni grafiche dell’astrattismo europeo, dalla Bauhaus al neoplasticismo. Si impegnò come freschista e decoratore, realizzò velluti e tessuti per la ditta Ribelli di Venezia, dipinse quadri da cavalletto costituiti in larga parte da ritratti. Conobbe Fred Pittino, Renato Birolli, i fratelli Ghiringhelli, sostenitori dell’astrattismo e dei pittori francesi, lavorò per Massimo Campigli ed ebbe fraterni rapporti di amicizia con Francesco Bierti, cui dedicò un ritratto xilografico. ... leggi Arruolato come caporal maggiore nell’esercito, combattè in Jugoslavia ed espose un olio «di ottima fattura» dal titolo Conducente e mulo alla I Mostra degli artisti italiani in armi del 1943 a Roma, dove conobbe, rimanendo in contatto epistolare, il pittore fiorentino Vittorio Novellini. Nello stesso anno partecipò a una collettiva udinese tenuta dal locale circolo artistico. Nel 1947 dipinse l’abside della parrocchiale di Amaro raffigurando Cristo Re e santi, nel 1948 raffigurò ad affresco la storia e le arti praticate a Gemona sulla facciata dell’albergo Nazionale in piazza Garibaldi, cui seguì la decorazione murale per il bar Sciardi di Artegna. Concorse anche al manifesto per la Biennale di Venezia del 1948, che fu selezionato ed esposto. Si dedicò ancora alla grafica pubblicitaria e partecipò agli allestimenti della mostra del 1948 a Udine nelle sezioni poste nell’asilo Pecile. Nel 1949 partecipò a una collettiva di artisti a Tarcento, prima di emigrare in Venezuela da dove rientrò nel 1950, stabilendosi a Gemona. Dal 1951 al 1954 lavorò presso il Mobilificio Fantoni, di cui disegnò alcuni arredi ed eseguì alcune locandine pubblicitarie. Sfruttava le sue capacità lavorando per parecchi architetti, di cui eseguiva con piglio artistico le prospettive architettoniche e i rendering. Talora progettava piccoli interventi in proprio, che non poteva firmare poiché privo del titolo di studio. Impiegò il suo innato talento disegnativo eseguendo schizzi di paesaggi, che pubblicò nei primi anni Cinquanta sul «Messaggero Veneto», e disegnò monumenti funebri, targhe decorative, bassorilievi, edicole come quella in borgo Stalis. Impostò un laboratorio a Gemona, dove insegnò ai ragazzi a creare una serie di cartoline d’arte colorate a mano usando maschere di rame. Nei tardi anni Cinquanta partecipò a un concorso bandito dall’Istituto internazionale di arte liturgica di Roma per il tempio di S. Nicola di Lugano, presentando il disegno per una vetrata. Nel 1954 si era sposato con Allegrina Copetti, da cui ebbe tre figli, per cui dovette limitare il suo impegno nella pittura. Dal 1957 lavorò per l’architetto Giacomo Della Mea e il primo ottobre 1966 fu assunto nello studio Valle, dove restò ininterrottamente per un ventennio, tessendo un rapporto di collaborazione con Gino Valle. Si possono ricordare le sue collaborazioni per le abitazioni alla Giudecca (1980-1986) e per lo stabilimento Fantoni. Poche sono le mostre cui partecipò: nel 1958 a una collettiva udinese e nel 1976 a una mostra alla galleria 9 colonne di Trento. Nel 1983 Guerrino Zanoni curò la sua unica personale allestita a Gemona poco prima della morte, avvenuta in quell’anno a Udine. Ha lavorato in silenzio e solitudine per pochi conoscitori privati passando gradualmente dalla figurazione iniziale, in cui applicava moderne semplificazioni grafiche di stampo espressionista, alla pittura informale, dove praticò una ricerca coloristica basata sulla conoscenza dei maestri veneti. Dapprima fu interessato al segno gestuale espresso con una serie di pennellate brevi e materiche, accostate o sovrapposte, spesso in colori contrastanti con il fondo. Profondamente influenzato dalla pittura di Rotko, passò a una pittura in cui le stesure cromatiche assumevano forme geometriche e campi cromatici luminosi, che reinterpretavano il neoplasticismo di Mondrian e le avanguardie russe.
ChiudiBibliografia
Udine, Archivio privato Carnelutti.
E.A. ZUMINO, La mostra di Gemona, «La Panarie», 8/47 (1931), 319-328; Alla galleria 9 colonne di Trento collettiva per l’estate, «L’Adige», 24 giugno 1976; Mostra a Trento, «Il Giorno», 24 giugno 1976; Francesco Bierti pittore. Il sogno di una vita. Catalogo della mostra (Gemona, 5 gennaio-30 giugno 1996), a cura di F. MERLUZZI, Gemona/Passariano, Comune di Gemona/Centro regionale di catalogazione e restauro, 1996, 40; P. CARNELUTTI, Alfredo Carnelutti, «D’Ars», 18 (1977), 14; Carnelutti artista schivo, «MV», 24 dicembre 1983; Antologica di Alfredo Carnelutti. Opuscolo illustrativo della mostra (Gemona del Friuli, 30 dicembre 1983-15 gennaio 1984), con saggio di G. ZANONI, Gemona, Pro Glemona, 1983; G. BUCCO, Rassegne d’arte e di lavoro a Gemona negli anni Trenta, in Glemone, 270-271.
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