Nacque a Gorizia il 31 marzo 1831 in una famiglia di commercianti originaria di Paularo, di condizioni modeste, ma da tempo insignita del titolo baronale, e compì gli studi presso il Ginnasio e l’Istituto filosofico di Gorizia. Dopo la formazione giuridica presso le Università di Vienna e Heidelberg, svolse il “Gerichtsjahr” presso il tribunale provinciale della capitale dell’Impero e l’autorità centrale marittima di Trieste. Trascorsi alcuni mesi, venne trasferito al Ministero del commercio, e dal 1857 fu vicecancelliere presso il consolato di Costantinopoli. Rientrato a Vienna nel 1858, venne nominato segretario della Commissione centrale per gli Stati danubiani. La sua carriera diplomatica prese avvio nell’ottobre del 1859, quando venne assunto presso il Ministero degli esteri. Nel 1864 fu nominato console a Liverpool e nel 1868 console generale. Dal 1871 fu ministro residente presso le corti di Cina, Giappone e Siam, e stipulò alcuni trattati commerciali fra quelle nazioni e l’Austria. Nel 1873 poté finalmente sposare Maria Louisa de Castellain de Vendeville, che aveva conosciuto a Liverpool e dalla quale, due anni dopo, ebbe un figlio. ... leggi Nel 1874 venne trasferito a Bucarest, in qualità di agente diplomatico, e nel 1876 venne nominato secondo plenipotenziario austro-ungarico alla conferenza di Constantinopoli; fu infine promosso inviato straordinario e ministro plenipotenziario. A Vienna, negli anni successivi, gli venne attribuito l’ufficio di caposezione del Ministero degli esteri e quello di consigliere intimo. Nel 1880 venne inviato alla corte del sultano in qualità di ambasciatore con missione straordinaria, e il 31 dicembre di quell’anno ricevette le credenziali. Sono numerose le onorificenze con le quali venne insignito in ragione dei difficilissimi incarichi svolti in situazioni di politica internazionale estremamente delicate. Membro del k.k. Österreichisches Archäologisches Institut, fu promotore e sostenitore di diverse spedizioni archeologiche in Asia Minore. Quando si ritirò a Gorizia, all’età di settantacinque anni, era decano dei diplomatici presso la Sublime Porta e venne nominato conte, motu proprio dall’imperatore. Morì a Šempeter/Vrtojba il 29 agosto 1912, e i suoi funerali vennero celebrati da mons. Luigi Faidutti. La moglie gli sopravvisse per più di trent’anni, morendo, ormai centenaria, nel 1943. L’attività letteraria impegnò C. sia in qualità di traduttore, sia di poeta. Le poesie originali, pubblicate su «Pagine friulane», toccano sin dal titolo la corda del rimpianto e della nostalgia: per l’amata, il cui ricordo accompagna ogni momento della giornata, e per la propria città («La plui biela çhòssa al mond / L’è di restà dulà che si è nassùz» [La cosa più bella al mondo è rimanere dove si è nati]), unico luogo capace di procurare piacere, a dispetto di tutti quelli conosciuti nell’interminabile viaggiare («Io soi stàd in Franza, in Spagna, / In Italia, in Portogal; / Visitàd ài l’Alemagna, / Mieza Russia, il Senegal, // Dutt l’Egitt sin a Njàssa, / Il Màr Ròss, Madagascàr, / Ceylon, l’India alta e bassa, / Po’ l’Australia e il Màr Polàr» [Sono stato in Francia, in Spagna, in Italia, in Portogallo; ho visitato l’Alemagna, mezza Russia, il Senegal, tutto l’Egitto sino a Niassa, il Mar Rosso, il Madagascar, Ceylon, l’India superiore e inferiore, poi l’Australia e il Mar Polare]). Già nel 1892, in tiratura limitatissima, era uscito un elegante opuscolo che conteneva, in traduzione friulana, Il çhant de la çhampana [Il canto della campana] di Schiller, Lenore di Bürger e Il ball dai muarz [Il ballo dei morti] di Goethe. Questi tre testi, uniti a parecchi altri, ricompaiono nella silloge La çhampana di Schiller e altris poesiis classichis todesçhis tradotis in furlan di Gurizza e vicinancis cui tesçh originai in fazza [La campana di Schiller e altre poesie classiche tedesche tradotte nel friulano di Gorizia e delle vicinanze con i testi originali a fronte], apparsa anonima e recensita da Ugo Pellis sulle pagine di «Forum Iulii». L’opera, che a inizio Novecento rappresentò il contributo più consistente alle traduzioni dal tedesco in friulano, raccoglie accurate traduzioni nella varietà goriziana di poesie tratte dagli autori già citati e da Heine. Il çhant de la çhampana di Schiller (Das Lied von der Glocke) vantava altri precedenti goriziani: nel 1882 era stata tradotta da Giovanni Battista Bosizio, nel 1903 se ne era occupato Massimilano Perco, mentre al 1918 risale un inedito di Federico Simsig. Dalle opere di Friedrich von Schiller C. tradusse anche La garanzia (Die Bürgschaft) e Sentenzis e massimis [Sentenze e massime] (Sprüche und Regeln); da Goethe, Il ball dai muarz [Il ballo dei morti] (Der Todtentanz), Il garzon di magîa [L’apprendista stregone] (Der Zauberlehrling) e Mignon; inoltre Lenora (Lenore) di Bürger; infine alcuni Lieder di Heine: Tù has diamanz, tu as perlis [Tu hai diamanti, hai perle] (Du hast Diamanten und Perlen), Planc planin traviarsa ’l cûr [Piano piano attraversa il cuore] (Leise zieht durch mein Gemüth), Tu ses com’ una rosa [Sei come un fiore] (Du bist wie eine blume), I me’ dolòrs duçh uaress-jo [Tutti i miei dolori vorrei io] (Ich wollt’, meine Schmerzen ergössen), Su l’alis del çhant mi compagna [Sulle ali del canto mi accompagna] (Auf Flügeln des Gesanges), No sai ce che mai denota [Non so che cosa mai significhi] (Ich weiss nicht, was soll es bedeuten). Quest’ultima lirica, più nota come Lorelei, si segnala per fedeltà all’originale e musicalità della resa, ma lo sguardo d’insieme scopre che all’eterogeneità dei brani originali scelti per la silloge corrisponde una sensibile difformità di valore negli esiti. La recensione di Ugo Pellis in «Forum Iulii» pesa accuratamente elogi e riserve: nota come talora il traduttore si incagli «facendo violenza alla sintassi con sgradite inversioni o, talvolta, mutilando il pensiero e la versione poetica» pur di «tradurre le forme tedesche nelle identiche forme metriche e persino con la stessa posizione delle rime degli originali», ma ammette che «di fronte alle scorie sta dell’oro puro e scintillante in buona copia». Rimane esclusa dalla silloge una Traduzion in gurizzan dell’Erlkönig di Goethe, in seguito pubblicata su «Pagine friulane». Complessivamente Faggin la ritiene buona «sia per l’aderenza all’originale, da cui mai prevarica, sia per la schiettezza e la finezza del suo friulano», come si evince anche dall’epilogo: «Sgrisùla il pari, spirona il çhavall / E strenz nei soi brazz il fì che à tant mal; / Ma quand che a la çhasa lui riva sfladàd, / Il frutt nei soi brazz za jara spiràd» [Rabbrividisce il padre, sprona il cavallo e stringe tra le sue braccia il figlio che sta tanto male; ma quando, ansante, egli giunge alla casa il figlio era già spirato fra le sue braccia] («Dem Vater grauset’s, er reitet geschwind, / Er hält in den Armen das ächzende Kind, / Erreichet den Hof mit Müh und Not; / In seinen Armen das Kind war tot»). Con la stessa ballata si cimentano anche Perco, il quale sullo stesso periodico la traduce in varietà gradiscana, e infine, in tempi più recenti, Franco de Gironcoli.
ChiudiBibliografia
E. DE CALICE, Il çhant de la çhampana di Schiller. Traduzion Gurizzana in metro e ritmo dal original, s.l., s.e., 1892; ID., La çhampana di Schiller e altris poesiis classichis todesçhis tradotis in furlan di Gurizza e vicinancis cui tesçh originai in fazza, Gorizia, Paternolli, 1909; RICO [E. DE C.], Erlkönig di Goethe. Traduzion in gurizzan, «Pagine friulane», 15 (1902-1903), 20; Pensi a te. Nostalgia [sonetto]. Nostalgia [tre quartine], ibid., 16 (1903-1904), 126, 128, 142.
DBF, 138; Vecchie quercie friulane. Enrico Calice, «La Patria del Friuli», 30, 26 settembre 1906, 1; U. PELLIS, [Recensione a] La Çhampana di Schiller e altris poesiis classichis todesçhis, «Forum Iulii», 1 (1910), 66-67; P. SIMONCELLI [F. SIMSIG ], A So Eccellenze il cont Enrico Calice, in Almanacco del Popolo per l’anno comune 1911, Gorizia, s.n., 1910, 92-93; La scuola la stampa le istituzioni culturali a Gorizia e nel suo territorio dalla metà del Settecento al 1915, Gorizia, BSI, 1983, 100-101; FORMENTINI, Contea di Gorizia, 138; G. FAGGIN, L’Erlkönig in friulano, in Ars maieutica. Scritti in onore di Giuseppe Faggin, a cura di F. VOLPI, Vicenza, Neri Pozza, 1985, 59-61; Une balade di J. W. Goethe voltade dal baron I. de Calice tal 1909, «Gnovis pagjinis furlanis», 5 (1987), 50-53; GALLAROTTI, 100-104; FAGGIN, Letteratura, 138.
Nessun commento