Nacque il 22 aprile 1922 a Conegliano (Treviso) da Antonio Bortolini, imbianchino (agli esordi letterari B. modificò il proprio cognome anagrafico nel nom de plume Bartolini, con cui è conosciuto), e Olga Bau, filandaia. A sette anni si trasferì a Codroipo presso la nonna materna Rachele Pittoni che lo crebbe e fu per lui figura di riferimento negli anni della fanciullezza e dell’adolescenza. Gli anni («molto poveri e molto cattolici») vissuti a Conegliano con la madre e le zie e a Codroipo con la nonna furono rievocati da B. nei racconti confluiti nei due libri, tra i suoi più fortunati, L’infanzia furlana e Le quattro sorelle Bau. Nel 1934 entrò nel Seminario minore di Castellerio ove iniziò gli studi ginnasiali sotto la guida di ottimi insegnanti; tra essi don Riccardo Della Rovere. Ragioni di salute – dapprima un forte esaurimento nervoso, poi una pleurite – provocarono l’abbandono del seminario, mentre già andava maturando il suo distacco dalla fede e dalla pratica religiosa (ma vivissima restò in lui la suggestione delle celebrazioni fastose, delle scenografie liturgiche). Del cattolicesimo, come più tardi del comunismo, B. si dichiarava «orfano» (una definizione fortemente connotata dalla sua esperienza familiare) ma anche «eretico», a significare una fondamentale adesione continuamente messa in crisi: «Durante tutta la mia vita ho vacillato alla ricerca di un punto d’appoggio da cui il mondo mi apparisse nella sua completezza, di giustizia, di bontà, di ricchezza, di misericordia, di eroismo, di ferocia. Questa è la mia ricerca di Dio». Superati gli esami di ammissione, nel 1937 B. riprese gli studi presso il Ginnasio liceo Iacopo Stellini ma, per le strettezze economiche, fu costretto a lavorare (presso il collegio Bertoni come precettore, e d’estate presso l’impresa Mangiarotti produttrice di esplosivi), preparandosi a sostenere la maturità da privatista. ... leggi A quegli anni risalgono la vocazione letteraria di B. (tra le sue molte letture, decisiva fu quella di Madame Bovary) e l’accostamento al marxismo (svolta ideologica che ebbe inizio nel 1936, con la guerra di Spagna). Conseguita la maturità classica nel 1940, poco dopo lo scoppio della guerra si iscrisse alla Facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Padova, dove nel 1945 si laureò con una tesi di glottologia (una verifica delle etimologie nei lavori di Iacopo Pirona e di Ugo Pellis sulla scorta del Meyer-Lübke), relatore il professor Carlo Tagliavini. A questo periodo risalgono le prime prove narrative di B., che sottopose all’attenzione di Diego Valeri, Marino Moretti e Corrado Alvaro, ricevendone apprezzamento; i primi racconti pubblicati apparvero sulla «Tribuna» di Roma e sulla rivista padovana «Le Tre Venezie». Nel gennaio del 1943, chiamato al servizio militare e arruolato in cavalleria, prestò servizio dapprima a Pinerolo e poi, fino all’8 settembre, a Palmanova. All’inizio del 1944 B. entrò a far parte della formazione partigiana di Vincenzo Prampero, operante nella zona delle risorgive tra Passariano e Mortegliano, con l’incarico di redigere «Il risveglio», un giornaletto propagandistico ciclostilato. In ottobre fu arrestato dalla X Mas e per breve tempo rinchiuso nelle carceri di S. Maria Maggiore di Venezia. Alla fine della guerra iniziò ad insegnare, prima a Codroipo, poi a Udine presso l’Istituto tecnico Malignani e la Scuola media Ellero. Nel 1948 B., che era iscritto al Partito comunista, segretario della sezione di Codroipo e membro del Comitato federale, uscì dal partito in conseguenza del voltafaccia dell’«Unità» nei confronti di Tito («l’eroe per noi garibaldini»), sconfessato da Mosca. Fu il suo secondo distacco da un’ideologia “cattolica” nel senso di universale, la sua seconda “eresia”. Nel 1950 scelse come sede d’insegnamento Milano, dove poté frequentare il mondo dell’editoria trovandovi impiego come lettore, a integrazione dello stipendio di professore presso le Scuole d’avviamento. In quello stesso anno pubblicò per Mondadori, nella collana “La Medusa degli Italiani”, Icaro e Petronio, il romanzo con il quale vinse il premio Hemingway e il premio Bagutta Opera prima. Il romanzo, che al suo apparire riscosse buon successo e venne anche tradotto in portoghese, fu ripubblicato nel 1981 da Rusconi e nel 1993 da Studio Tesi. Nel 1953 pubblicò, ancora nella mondadoriana Medusa, Due ponti a Caracas, riproposto nel 1971 da Longanesi e tradotto in tedesco, e nel 1955, nella stessa collana, La bellezza d’Ippolita, un romanzo, molto apprezzato da Montale, che godette grande favore di critica e di pubblico (quattro edizioni con Mondadori, due con Longanesi, una con Rusconi e una con Rizzoli) e venne tradotto in inglese, francese, tedesco e serbocroato. Da esso nel 1962 fu tratto, per la regia di Luigi Zagni, un film che fu presentato con successo al Festival di Berlino. Nel 1956 curò per Mondadori l’edizione del Novelliere campagnolo di Ippolito Nievo. La bellezza d’Ippolita attirò l’interesse di Michelangelo Antonioni, il quale chiamò B. a Roma per scrivere la sceneggiatura del film Il grido (1957), che vinse il premio della critica internazionale al Festival di Locarno. La collaborazione con Antonioni proseguì con altri due film, L’avventura (1959) e L’eclisse (1962), dei quali B. curò la sceneggiatura assieme allo stesso regista, a Tonino Guerra (L’avventura e L’eclisse) e a Ottiero Ottieri (L’eclisse). Al periodo romano risale il dramma Scandali segreti, che andò in scena al teatro Eliseo di Roma nel novembre 1958, con la regia di Michelangelo Antonioni; tra gli attori Giancarlo Sbragia, Monica Vitti e Sandra Milo. Altre sceneggiature cinematografiche furono quelle per Il carro armato dell’8 settembre di Gianni Puccini (1960; tra gli sceneggiatori, oltre a B., anche Parise e Pasolini) e Liolà di Alessandro Blasetti (1963). Stretta fu la collaborazione anche con il regista Florestano Vancini, per il quale nel 1962 sceneggiò La separazione legale (episodio del film Le italiane e l’amore), nel 1964 La calda vita e nel 1966 Le stagioni del nostro amore. Alcuni soggetti cinematografici inediti di B. furono pubblicati a cura di Carlo Montanaro nel volume Potevano essere film. Il cinema di Elio Bartolini (1998). Negli anni dell’intenso impegno cinematografico lavorò anche a Violenza e campi verdi, un romanzo di ambientazione friulana mai pubblicato, dal quale però trasse alcuni dei racconti pubblicati in anni successivi, e altri ne scrisse, spesso autobiografici, che apparvero su quotidiani («Paese Sera» di Roma, «La Gazzetta del popolo» di Torino), settimanali («Il Mondo» di Pannunzio), riviste («Portici», «Umana», «Convivium», «Approdo letterario»). B. tornò al romanzo nel 1963 con La donna al punto, pubblicato da Rizzoli e in seguito da Longanesi (1973) e da Rusconi (1979) e che vinse il premio Selezione Campiello e fu tradotto in tedesco. Esauritasi con La bellezza d’Ippolita la stagione neorealista di B., La donna al punto («il libro della crisi») inaugurò una nuova fase della sua narrativa, sia sul piano stilistico (col passaggio dalla paratassi a forme sintattiche più complesse) che lessicale (dal bellettrismo alla gergalità), preludio al virtuosismo delle opere maggiori: Chi abita la villa, Pontificale in San Marco, La linea dell’Arciduca. Romanzi «non antropomorfici», secondo la definizione dell’autore, originati da impressioni visive, essi mostrano affinità con il nouveau roman e con l’école du regard, ma non vi fu mai adesione a correnti o consorterie letterarie da parte di B., che sosteneva essere stata «umorale» la sua stessa produzione neorealistica (ciò vale però per i romanzi piuttosto che per i racconti). Rientrato in Friuli a seguito di un grave incidente stradale, B. vi si stabilì definitivamente. Nel 1967 fu la volta di Chi abita la villa, pubblicato da Einaudi nella collana “I Coralli”, ripubblicato da Rusconi nel 1983 e da Santi Quaranta nel 2001. Soltanto nel 1970 fu dato alle stampe, per la Nuova Base di Udine, Il Ghebo, storia di partigiani ambientata in Friuli nell’inverno 1944-1945, la cui prima stesura, dal titolo La Cartera, risale al 1946-1947. Il romanzo era stato a suo tempo respinto sia da Longanesi, cui era stato proposto tramite Comisso, che da Einaudi, nonostante l’apprezzamento di Vittorini e Pavese (sgradito a destra per il tema resistenziale, e giudicato ideologicamente tiepido a sinistra). Il Ghebo fu ripubblicato da Gremese nel 1979, da Rusconi nel 1981 (assieme a Icaro e Petronio, col titolo Due storie romanze), da Studio Tesi nel 1993, da Santi Quaranta nel 2000 (assieme a Icaro e Petronio e La bellezza d’Ippolita col titolo Le terre romanze) e da Avagliano nel 2006, con prefazione di Raffaele Crovi che collocò il romanzo di B. nella «triade delle migliori narrazioni sulla Resistenza italiana» assieme a Uomini e no di Vittorini e I ventitré giorni della città di Alba di Fenoglio. Negli anni Settanta si dedicò con particolare impegno, e con risultati di eccellenza, ai prediletti studi storici. Nel 1969 curò per Longanesi l’edizione della Guerra gotica di Procopio, tradotta da Domenico Comparetto, e nel 1970, per lo stesso editore, I Barbari, un’imponente antologia di testi che vanno dal IV all’XI secolo, da lui stesso tradotti con rigore filologico e commentati con competenza storiografica. Contemporaneamente lavorò alla traduzione commentata della Historia Langobardorum di Paolo Diacono, che nel 1970 fu pubblicata, con testo originale a fronte, dall’editore Casamassima. Nel 1971 con Cesare Pagnini curò, ancora per Longanesi, col titolo L’assassinio di Winckelmann, gli atti originali del processo criminale del 1768 e l’anno dopo, per lo stesso editore, la Raccolta Universale delle Opere di Giorgio Baffo, edizione critica dell’opera completa del poeta dialettale veneziano (1694-1768) che fu molto apprezzata da Pier Paolo Pasolini. Nel 1978 B. tornò al romanzo con Pontificale in San Marco, edito da Rusconi (e nel 2001 da Santi Quaranta), che ricevette il premio Selezione Campiello e da molti è ritenuto il suo capolavoro. Sempre con Rusconi, nel 1980 pubblicò La linea dell’arciduca (premio Basilicata) e nel 1982 Il Palazzo di Tauride, riproposto nel 2002 con il titolo La clinica romana. Negli anni successivi al terremoto compose e pubblicò diverse raccolte di poesie in lingua friulana: De feriis in terra aliena (1977), Cansonetutis (1980), Altris cansonetutis (1981), Poesiis protestantis (1982), Cansonetutis tiersis (1982), Amour e dîs di vore (1985), Cansonetutis (1986), Sot sere (1987), Come colours (1992), Cjantada da l’om masse sôl (2000) Poesiis Protestantis (1996), Cjantadis (2003). Le “cansonetutis”, le “protestantis” e le “cjantadis” sono le tre forme della lirica friulana di B.: intimistiche, musicali le prime; di risentito tono civile le seconde; più diffuse, narrative e prossime all’epos le ultime, furono sottoposte dall’autore a innumerevoli revisioni e diversamente organizzate di raccolta in raccolta. Un incontentabile lavorìo fu esercitato da B. su tutti i suoi testi: analoghe riscritture e ricombinazioni si riscontrano nelle raccolte di racconti e romanzi (racconti “di popolo”, “cattolici”, “aquileiesi”, “storie romanze”) e uno studio del suo stile non potrà non tenerne conto: della Linea dell’arciduca, ad esempio, si conservano dattiloscritte sette redazioni diverse. Anche le successive edizioni dello stesso romanzo da parte di editori diversi presentano varianti significative, ed è per questo motivo che qui si indicano (in parte). Nel 2002 uscì postumo, per i tipi di Aragno, il volume Il cost di une vite, una summa lirica che vinse il premio Caterina Percoto di Manzano. La produzione friulana di B. comprende pure una breve traduzione, inedita, dal De rerum natura di Lucrezio e i dialoghi per le serie di cartoni animati Berto Lôf e La Pimpa, dai fumetti di Altan. Contemporaneo ai suoi esordi poetici fu il ritorno di B. al cinema: nel 1975 scrisse e diresse L’altro dio, interpretato da attori non professionisti; ad esso seguì nel 1981 Ragazze di un paese con fabbriche. Intensa fu anche la sua attività pubblicistica: racconti, articoli di storia friulana e veneziana, di critica letteraria e artistica, di attualità e di costume comparvero su numerosi quotidiani, quali «Il Resto del Carlino», «Stadio», «La Nazione», «La Gazzetta di Parma», «Il Giornale di Vicenza», «Il Piccolo», «Il Gazzettino», il «Messaggero Veneto». Altro genere praticato da B. fu quello biografico: dopo aver curato nel 1983 la Vita di Filippo Maria Visconti di Pier Candido Decembrio, nel 1986 pubblicò il suo Ignazio di Loyola presso l’editore Rusconi; nel 1987 Giovanni da Udine, la vita presso Casamassima (ristampata, in edizione economica da Rusconi, nel 1996); nel 1992 Ottavio Bottecchia presso Studio Tesi, nel 1998 presso Mondadori la Vita di Giacomo Casanova, frutto dei lunghi e appassionati studi che a Casanova aveva dedicato a cominciare dalla cura del suo Duello (1970) e poi proseguiti con i saggi Le trentatré lettere di Francesco Bruschini a Casanova (1986) e Casanova. Dalle felicità alla morte. 1774-1798 (1994). Veniva intanto raccogliendo i suoi racconti, pubblicando nel 1981 All’alba la pianura, nel 1983 Due racconti eretici, nel 1988 Eros Centre, nel 1991 Sette racconti cattolici, nel 1995 Preti e patriarchi, nel 1997 L’infanzia furlana e Le molte vite. Racconti di popolo, nel 1998 Una terra raccontata, nel 1999 Le quattro sorelle Bau, nel 2000 Racconti aquileiesi e Come luce da luce, nel 2003 La ruota del Prater. Dai racconti, come dai romanzi e dalle poesie, emerge precipuo l’interesse di B. per i periodi storici di declino, di transizione, di cesura; con speciale accorata lucidità descrisse le trasformazioni ambientali e culturali del Friuli conseguenti al passaggio dalla civiltà contadina a quella industriale e consumistica; tra le poesie più significative, Sui cjamps dal Riordino fondiario e In tal Friûl dai “Coltivatori diretti”. B. tornò anche alla drammaturgia con Notturno dall’Italia, pubblicato nel 1986 ma mai andato in scena, con Bigatis. Storia di donne in filanda, scritto con Paolo Patui, presentato al Mittelfest di Cividale nel luglio del 2000 e pubblicato nel 2001, e con La morte è una gran bella ragazza, microcommedia rappresentata al Mittelfest nel 2003. Nel 2007 il Circolo culturale Menocchio pubblicò postumo il racconto Itinerario d’amore e di ferrovie pedemontane, presente anche nell’antologia dell’editore Casamassima, dello stesso anno, che sotto il titolo I racconti di Elio Bartolini raggruppa testi di varia natura: narrativi, critici, saggistici, autobiografici. Innumerevoli sono le prefazioni di B. a libri, cataloghi, cartelle d’arte, che testimoniano del suo spirito critico raffinato ed esigente sia in materia di letteratura che di arti figurative, rigoroso verso gli altri come verso se stesso. Dagli anni Settanta visse a Santa Marizza di Varmo e morì a San Daniele il 30 aprile 2006, pochi giorni dopo aver compiuto ottantaquattro anni.
ChiudiBibliografia
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