Nacque da Marcantonio e da Aurelia Danese nel 1626 a Pordenone, dove frequentò la scuola del bresciano Domizio Bombarda. Come il fratello Ascanio, e come da avita consuetudine familiare, fin da giovane coltivò la poesia. Fu particolarmente legato al poeta Ciro di Pers, con il quale anche intrattenne corrispondenza, in parte conservata e fonte di alcune importanti notizie biografiche. Nel 1658 l’A. aveva lasciato il Friuli e si trovava nella città carinziana di Spittal, a servizio di Gian Ferdinando di Porcia; l’anno successivo era a Vienna, alla corte dell’imperatore Leopoldo I. Nel clima tradizionalmente legato alla lingua e alla cultura italiana, A. compose una serie di libretti d’opera; essi furono musicati da Antonio Bertali (uno tra i compositori ed esecutori più noti e versatili attivi alla corte viennese nel pieno del XVII secolo) e pubblicati a Vienna da Matteo Cosmerovio tra il 1659 e il 1662: nel 1559 il Re Gilidoro; La magia delusa per i festeggiamenti del giovedì grasso del 1660; Ciro crescente l’anno successivo; Gli amori di Apollo e Clizia, Mercurio esploratore, Roselmina fatta canora e La virtù trionfante nel 1662. I libretti dell’A., che hanno in genere trama fantastica, con frequente ricorso a eventi e fatti straordinari e fiabeschi, ricevettero l’apprezzamento dell’imperatore e dell’arciduca Leopoldo, i quali vollero ricompensarlo con doni preziosi e con una rendita di cento ungari sopra il fondaco dei Tedeschi a Venezia. I termini cronologici del soggiorno viennese sono incerti: ma nel 1676 un suo sonetto compare in una raccolta di poesie edita a Udine in onore di Girolamo Corner; sempre nel 1676 fu edita a Venezia la sua raccolta di diciotto sonetti celebrativi della Serenissima (Venezia maravigliosa). Ciò suggerisce che almeno a partire da quell’anno il poeta fosse di nuovo in Italia, ma è incerto se nel nativo Friuli o, come sostiene Pizzi, a Venezia. Sicuramente soggiornava a Pordenone nel 1678, come prova la soscrizione al manoscritto della Parte terza delle Rime. Liruti ne ignorava l’anno di morte, che collocava post 1689, datazione della Parte decima delle Rime, mentre, secondo Pizzi (che non esplicita però la sua fonte), l’A. morì nel 1690. La produzione poetica dell’A. fu cospicua e dovette fruttargli, non solo alla Corte viennese, ma anche in Italia, una certa rinomanza: l’A. fu ascritto infatti alla Accademia dei Tassisti e a quella dei Dodonei. ... leggi In vita pubblicò tuttavia una parte esigua delle sue liriche (oltre alle già menzionate, si ricordano: una lunga canzone celebrativa dell’arciduca Leopoldo Guglielmo, L’eroe trionfante; un’ode che accompagna due sonetti di Ciro di Pers sul mal della pietra; quattro sonetti per la liberazione di Vienna dai Turchi; un sonetto premesso al Tempio della Pace, opera del fratello Ascanio; un sonetto commemorativo del procuratore di S. Marco Giambattista Nani). La parte maggiore della sua produzione rimase manoscritta. Liruti conobbe direttamente una raccolta divisa originariamente in dieci tomi, di cui il secondo, alla sua epoca, era disperso; tali nove tomi sono oggi custoditi (con segnatura continuativa) presso la Biblioteca nazionale Marciana, dove anche è custodito (ma sotto distinta segnatura) il tomo secondo di quella raccolta, da Liruti considerato perduto. Liruti conobbe inoltre una raccolta custodita, sempre a Venezia, presso la biblioteca dei Padri Somaschi della Salute, nel cui frontespizio Aurelio era detto «Accademico Tassista»: tale raccolta non è stata finora individuata. Sono state invece individuate due raccolte calligrafiche che Liruti non conosceva: una presso la Biblioteca Marciana e una presso la Biblioteca arcivescovile di Udine (segnalata questa da P. O. Kristeller). Nella produzione di A. è facilmente percepibile l’influenza della lirica di Ciro di Pers; prevalgono i sonetti a carattere encomiastico e celebrativo (fra i dedicatari: Teodora e Isabella Ricchiari; Giovanni Tron, luogotenente del Friuli, Zaccaria Valaresso, generale della fortezza di Palma, Angelo Morosini, procuratore di S. Marco, Antonio Ottoboni, Gi rolamo Renier, capitano di Padova); interessanti alcune composizioni incentrate su motivi cari a Ciro e in generale ai poeti marinisti (così quelle contenute alle pagine 126-155 della raccolta udinese: La cicala, L’horologio ad acqua, Il parasito, La mosca, La pulce, Il rosignolo). La Biblioteca arcivescovile di Udine conserva inoltre la traduzione autografa delle tragedie di Seneca (ms 158 = F.48. V.9), con il titolo Le tragedie di Lucio e Marco Anneo Seneca trasportate da Aurelio Amalteo accademico dodoneo. MDCLXXXV; notevole, al f. 345r-v, è un carme di Daniele Fabricio indirizzato al traduttore («Carmina quae canis, Aureli, novitate venusta», explicit: «aurato calamo ferrea saecla notas»).
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Mss BNMV, It., IX 193-201 (6870-6878): Rime di Aurelio Amalteo accademico dodoneo, divise in amorose, eroiche, morali, lugubri e sacre et humilissimamente consacrate alla sacra cesarea maestà di Leopoldo imperatore. Parte prima […]; ad eccezione del primo tomo (193), tutti i restanti sono datati (194: Rime, terza parte «in Pordenone l’anno 1678»; 195: Rime, parte quarta, «MDCLXXXII»; 196: Rime, parte quinta, «MDCLXXXIIII»; 197: Rime, parte sesta, «MDCLXXXVI»; 198: Rime, parte settima, «MDCLXXXVII»; 199: Rime, parte ottava, «MDCLXXXVII»; 200: Rime, parte nona, «MDCLXXX-VIII»; 201: Rime, parte decima, «MDCLXXXIX»); mss BNMV, It., IX 579 (9691): è l’originario secondo tomo della raccolta di dieci; Ibid., It., IX 580 (11886), raccolta autografa calligrafica: Rime di Aurelio Amalteo accademico dodoneo, divise in amorose, eroiche, lugubri, morali e sacre et humilissimamente consacrate alla sacra cesarea maestà di Leopoldo imperatore, Vienna d’Austria; ms BAU, Bartolini, 7: Rime di Aurelio Amalteo Academico Dodoneo divotissimamente consacrate alla sacra cesarea maestà di Leopoldo augustissimo imperatore.
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