A. fu il primo missionario aquileiese a diventare vescovo in Pannonia. In questo ruolo non solo guidò la comunità cristiana, ma diffuse il cristianesimo fra i membri del vasto gruppo barbaro che sulla base del patto federativo si era stabilito nel 380 nella regione Pannonica, soprattutto nelle province Valeria e Pannonia Prima. La sua vita può essere ricostruita sulla base dell’iscrizione (oggi andata perduta) sul sarcofago di Beligna, nei dintorni di Aquileia. Molto probabilmente si tratta del vescovo cattolico che fra i partecipanti al concilio antiariano di Aquileia del 381 viene menzionato col nome di Amantius episcopus Ioviensium. Attorno al 380, in ogni caso prima del concilio aquileiese, secondo quanto si legge nell’iscrizione egli diventò vescovo su invito di una delle comunità cristiane pannoniche («egregius fidei sanctus mitisque sacerdos, dignus quem cuperet plebs aliena suum») e in questa veste partecipò anche al concilio aquileiese. Il suo intervento a capo della comunità cristiana della Pannonia in un periodo di così estrema difficoltà (la catastrofe dell’esercito romano ad Adrianopoli nel 378, la devastazione barbarica nelle province balcaniche e danubiane) fa suppore che il trasferimento di A. in Pannonia sia stato voluto non solo dal vescovo di Aquileia Valeriano, ma anche dalla corte dell’Impero Romano d’Occidente (cioè dall’imperatore Graziano). Poiché in Pannonia esistevano due città chiamate “Iovia”, Botivo presso Ludbreg a sud della Drava nella Croazia settentrionale (provincia della Savia, al confine con la Pannonia Prima) e, a circa 100 km a nord-est di questa, Alsóheténypuszta (provincia della Valeria) in Ungheria, la sua esatta localizzazione non può essere stabilita con certezza. ... leggi A., nel luogo del suo pontificato, aveva guidato per due decenni una comunità formata da due diversi gruppi etnici («bis denis binis populis presedit in annis»): uno era costituito dalla popolazione romana, l’altro invece dai barbari federati che erano venuti a contatto col cristianesimo solo dopo essersi insediati in Pannonia nel 380. Questo secondo gruppo era guidato da due principi, sui quali A. aveva grande influenza: ne era infatti, sempre secondo tale iscrizione, consigliere e confidente «dignus ita geminis ducibus consortia sacra participare fidei consilio regere». Dietro a questi due anonimi principi si celano Alateo e Safrace, capi del gruppo federato trietnico, formato dagli Ostrogoti, dagli Unni e dagli Alani: Alateo era a capo del gruppo ostrogoto-unno, mentre Safrace capeggiava gli Alani. Estremamente valido militarmente e attivo politicamente, questo gruppo rappresentò, al tempo di Teodosio il Grande e durante i primi anni del governo di Onorio, la potenza militare centrale dell’Illirico, dove si impose per circa trent’anni (fino al 409). Rimasto due decenni alla guida spirituale di questa comunità, geograficamente e strategicamente esposta, della provincia romana e del grande gruppo dei barbari federati, intorno al 400 A. tornò ad Aquileia per cause ignote. La possibile causa del suo ritorno potrebbe essere identificata nella rivolta dei federati pannonici (396), oppure più probabilmente nella decadenza dell’organizzazione militare romana e nella violenta devastazione barbarica che, dopo il 400, provocò ondate di profughi dalla Pannonia verso l’Italia. A. morì ad Aquileia, dove fu sepolto il 6 aprile 413, “indictione XI” (e non nel 398). Più di dieci anni dopo (il 1° dicembre 423) fu sepolto nello stesso sarcofago il diacono Ambrogio, che fu probabilmente uno dei collaboratori di A. L’opera di A. come vescovo e come missionario fra i barbari federati nelle province romane danubiane, così fortemente minacciate, ricorda il ruolo che avrebbero avuto Niceta di Remesiana nella Dacia Mediterranea († dopo il 414) e, oltre mezzo secolo più tardi, l’asceta Severino nel Norico († 482).
ChiudiBibliografia
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