Nato a Trieste il 7 marzo 1900, A. (che avrebbe visto il suo cognome italianizzato in Andloviz) si trasferì adolescente a Grado al seguito del padre farmacista. Nella cittadina lagunare e ad Aquileia, subì, per sua stessa affermazione, «le prime influenze artistiche», dettate dalle suggestioni delle chiese paleocristiane e dagli oggetti conservati al Museo archeologico, in particolare le anfore e le ceramiche. In seguito, dopo la parentesi bellica che lo vide con la famiglia sfollato a Firenze, si trasferì a Milano dove si laureò in architettura al Politecnico e già nel 1923 cominciò a collaborare, quale consulente artistico, con la Società ceramica italiana (SCI) di Laveno Mombello. Quattro anni dopo ottenne la qualifica di direttore di produzione della stessa società, con il compito di aggiornarne e diversificarne la produzione in terraglia e in porcellana. Con i modelli da lui predisposti, la manifattura di Laveno partecipò con crescente successo a tutte le edizioni della Biennale di arti decorative di Monza e alle Triennali di Milano. I suoi lavori, negli anni tra le due guerre, denotano una acuta comprensione di quanto avveniva negli ambienti culturali del suo tempo, aprendo una sorta di rivalità professionale ricca di frutti e conseguenze per il design italiano con Gio Ponti, ispiratore della produzione della fiorentina Richard-Ginori. A. innovò profondamente le forme dei vasi e dei servizi da tavola della SCI, all’epoca del suo arrivo ancora costretti in formule Liberty, portandoli dapprima sul percorso tipico del linguaggio déco, sospeso nella scelta tra bellezza artistica e funzionalità, e quindi su di una dimensione razionalistica di assoluto valore anche sul piano europeo, arrivando a progettare, negli anni Cinquanta, anche linee di sanitari modernissime nelle forme e nella scelta di materiali innovativi. ... leggi Accanto a questa ricerca formale, A. lavorò anche molto sulla formulazione dei decori, rileggendo i tradizionali formulari neosettecenteschi della ditta, con sintesi grafiche ispirate alle figurine meccanomorfe di Fortunato Depero e alla ceramica della Wiener Werkstätte. Spesso, negli anni della maturità, affiorarono ricordi dell’adolescenza trascorsa a Grado, dove risiedeva la sua famiglia e dove avrebbe continuato a recarsi nel periodo estivo. Risale al 1940 il decoro Laguna, ispirato appunto alla realtà gradese, dove ricompaiono i motivi che avevano ispirato la sua giovanile attività grafica. A. aveva infatti coltivato sin da giovanissimo un’autonoma linea di ricerca grafica e pittorica, che lo vide passare dalle illustrazioni della laguna gradese, ispirate ai versi giovanili di Biagio Marin e ancora legate dal punto di vista artistico al gusto tardo-Liberty di Edoardo Del Neri, fino alle letture quasi metafisiche del centro storico della cittadina che costellano i dipinti degli anni Cinquanta. Accanto all’attività di direttore della Società Ceramica Italiana, carica che avrebbe tenuto fino ai primi anni Sessanta, continuando a collaborare saltuariamente anche in seguito, A. perseguì anche una più appartata produzione destinata al design d’arredamento per la ditta Meroni di Lissone. Il designer morì in un incidente d’auto il 9 settembre 1971, mentre rientrava a Grado dove da tempo risiedeva.
ChiudiBibliografia
A. MINGHETTI, Andloviz Guido, in Enciclopedia Biografica e Bibliografica Italiana, Ceramisti, 41, Milano, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1939, 25; M. MUNARI, Guido Andloviz, ceramiche di Laveno 1923-1940, Roma, s.n., 1990; Terra&Terra Sei. Guido Andlovitz “La commedia della ceramica”. Catalogo della mostra di Laveno Mombello, a cura di E. BIFFI GENTILI, Laveno Mombello, Artigrafiche Reggiori, 1993; Guido Andloviz designer e direttore artistico per quarant’anni di ceramica industriale italiana: 1923-1961. Catalogo delle mostre di Grado e Trieste, Monfalcone, EdL, 1995 (con bibliografia precedente); C. CRESCENTINI, Guido Andlovitz, in Il déco in Italia. Catalogo della mostra di Roma, a cura di F. BENZI, Milano, Electa, 2004, 340-341.
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