Di P. A. o Rigoni di Francesco parla diffusamente il Liruti lodandone le capacità letterarie e menzionandone un «coraggio naturale» che lo indusse alla professione militare. L’origine della famiglia era lombarda, giunta in Friuli attorno al 1400. Incerto l’anno di nascita, è invece sicuro, e riscontrato da ripetute fonti, quello della morte. Ne parlano infatti, oltre che lo stesso Liruti, il Palladio degli Olivi ed il Capodagli, nominando l’A. fra i caduti della battaglia di Lepanto nel 1571. Il di Manzano in due diverse pubblicazioni lo menziona come comandante di galea. La notizia è precisata dal Palladio degli Olivi che attribuisce il comando di una flotta di sei galeazze venete al generale Francesco Duodo, già luogotenente in Friuli. Ai comandi di questa il friulano servì da «capitano della militia» (il che lo colloca al comando dei soldati imbarcati in galea assieme ai marinai). Deceduto l’A., gli successe nel grado un altro friulano nella persona di Giovanni Antonini. L’esperienza militare dell’A. si svolse pertanto principalmente sul mare, e da questa nacque l’ispirazione per uno dei suoi scritti più citati, un breve componimento sulla Vita infelice della galea dedicato al poeta udinese Ottaviano Manini e rimasto, secondo le informazioni rese dal di Manzano, inedito. Della disagiata vita sul mare, premessa una formula dedicatoria all’amico Manin, parlano due manoscritti conservati presso la Biblioteca civica di Udine, l’uno appartenente al fondo principale, l’altro conservato nel fondo Joppi (quest’ultimo reca la specifica: «da copia antica posseduta dal c. ... leggi Fr. Caiselli» e presenta alcune differenze rispetto al primo, differenze ascrivibili per lo più a interpretazioni del copista, essendo indubitabile che si tratti dello stesso componimento). Esso è introdotto da un rimpianto per la pace persa e da una sorta di autocritica per non aver seguito i consigli di quanti gli avevano realisticamente prefigurato la durezza dell’imbarco e genericamente della guerra. Forse questi attenti consigli, proprio perché posti all’inizio dello scritto, potrebbero essere stati dati dallo stesso Manin che è citato da alcune fonti quale «confidentissimo». Ciò che eleva questi versi, di norma liquidati in modo troppo sbrigativo come «poemetto», a documento e testimonianza della vita «in galia tempore guerre», è la franchezza dello stile, il disincantato modo con il quale vengono descritte le condizioni della vita a bordo: di giorno senza riparo dal sole, la notte trascorsa con l’equipaggio ammassato alla meglio nel tentativo di dormire. Il vitto è descritto come putrido, il pane infestato da vermi. La descrizione delle condizioni igieniche personali è annotata con altrettanta crudezza: dall’insopportabilità del puzzo che i corpi emanano, all’onnipresenza di parassiti e all’espletamento di funzioni corporali a bordo. Verso la fine l’autore cita la «miserabil vita di galia priva di caritate», il che riporta al titolo dell’opera. In modo appropriato il Capodagli ricorda la morte dell’A. alle Curzolari, isole nelle cui acque si svolse quella che è ritenuta la più grande battaglia navale dell’era remiera in periodo medievale e moderno. La battaglia di Lepanto o delle Curzolari (raramente citata anche come delle Echinadi) iniziò nel corso del pomeriggio del 7 ottobre 1571, i morti complessivamente, sui due fronti, superarono il numero di 15.000. Il Friuli diede alla vittoria cristiana il suo non indifferente contributo militare. Ne riferisce Enrico del Torso nel suo fascicolo dedicato alle nozze Conte Eugenio dei principi di Porcia e Brugnera, contessina Silvia di Porcia e Brugnera. Fra altre notizie vi si riporta l’elenco dei combattenti friulani, elenco parziale forse perché riferito alla sola nobiltà, non vi figura infatti l’A., il cui titolo maggiore fu quello di cavaliere, così come riferisce il Liruti che a sua volta riprende Germano Vecchi ed il Capodagli. Il del Torso indica quale fonte originaria della sua opera in forma di dedica nuziale, l’abate Domenico Ongaro, la specifica ci porta alla Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, e più precisamente al fondo Ashburnham dove è conservato un manoscritto dal titolo Scritti friulani dell’abate don Ongaro.
ChiudiBibliografia
L’opera di P. A. è presente in mss BCU, Principale, 102, f. 411r-420v; e Joppi, 231; Ibid., Joppi, Misc., 35.13, E. del Torso, Silvio di Porcia alla Battaglia di Lepanto (celebrativo nozze Conte Eugenio dei Principi di Porcia e Brugnera, contessina Silvia di Porcia e Brugnera).
PALLADIO, Historie, 194; CAPODAGLI, Udine illustrata, 538; LIRUTI, Notizie delle vite, II, 114-115; DI MANZANO, Cenni, 174; DI MANZANO, Annali, VI. 474.
Nessun commento