Della prima formazione di A. D., nato nel 1504 a Cagli, non si sa molto, come, del resto, della sua prima giovinezza. Di certo abbiamo notizia che nel 1529 era a Perugia, forse per frequentare il locale Studio, e che nei primi anni Trenta aveva raggiunto Roma, città che avrebbe segnato profondamente la sua carriera. Negli ambienti della corte farnesiana di Paolo III, infatti, l’A. ebbe modo di farsi apprezzare per le sue qualità letterarie in seno alle più prestigiose accademie, come, ad esempio, quella della Virtù e quella dello Sdegno. Al 1539 data il suo esordio a stampa come poeta lirico con la pubblicazione di venti componimenti inseriti nella raccolta allestita da Claudio Tolomei Versi et regole de la nuova poesia italiana, un importante, quanto sfortunato, esperimento di imitazione di metri classici in lingua volgare. Si tratta di una forma di lirica, ben presto abbandonata dallo stesso A., che testimonia però il raffinato gusto classicistico che dominava gli ambienti farnesiani, ben interpretato da poeti quali Francesco Maria Molza, Annibal Caro, Marcantonio Flaminio, figure alle quali A. sarebbe restato legato anche una volta lasciata Roma. Fu poi segretario di Giovanni Guidiccioni, vescovo di Fossombrone, che seguì a Macerata, dove rimase fino al 1541. L’apice della carriera romana fu forse raggiunto quando partecipò in qualità di segretario al conclave del 1555, dal quale sarebbe uscito papa Marcello II Cervini. In questo giro d’anni A. iniziò anche la sua attività di collaboratore editoriale allestendo l’importante raccolta De le lettere di tredici huomini illustri libri tredici (1554), un’antologia epistolare di alcuni dei principali protagonisti della complessa stagione della Riforma cattolica. ... leggi Il sospetto di venature eterodosse presenti all’interno del volume, riconducibili al cosiddetto evangelismo italiano, fu ben presto denunciato da Pietro Paolo Vergerio nel Giudicio sopra le lettere di tredici uomini illustri pubblicate da M. Dionigi Atanagi (1555). Non solo per motivi di salute quindi, ma anche per allontanarsi da una Roma fattasi più difficile, l’A. nel 1556 fece ritorno nella sua città natale, dove iniziò a collaborare con Bernardo Tasso alla revisione dell’Amadigi. Grazie all’intercessione di quest’ultimo l’A. fu accolto assai favorevolmente nella corte roveresca di Pesaro. Nel 1559 lasciò nuovamente Cagli per recarsi a Venezia, in qualità di segretario dell’Accademia della Fama e, nonostante il rapido e brusco concludersi di quell’esperienza accademica, decise di rimanere nella città veneta dove, anche grazie al solerte aiuto di Girolamo Ruscelli, la cui amicizia datava agli anni romani, sfruttò le opportunità di lavoro offerte dal dinamico mondo editoriale. Fu uno dei più assidui frequentatori del circolo che ruotava attorno alla figura di Domenico Venier, tanto che alcune delle edizioni da lui curate nei primi anni Sessanta per l’officina tipografica dei fratelli Guerra, come le Rime di Bernardo Cappello (1560) e quelle di Giacomo Zane (1562), sono evidente espressione di quel gruppo. Sempre in virtù di questo rapporto privilegiato con la cosiddetta Accademia veniera, l’A. partecipò all’allestimento della silloge di versi latini e volgari in morte di Irene di Spilimbergo, andata a stampa nel 1561, ancora per i tipi dei Guerra, tipografi di origine udinese con i quali A. collaborò assiduamente in questi anni. Progettata e raccolta grazie a Giorgio Gradenigo, che per ragioni biografiche aveva legami particolarmente stretti con il mondo friulano e con Giulia da Ponte, la madre di Irene, la raccolta di Rime di diversi nobilissimi et eccellentissimi autori in morte della signora Irene delle signore di Spilimbergo è una delle più interessanti antologie di lirica d’occasione di questi anni, non solo perché ospita i versi di un giovanissimo Torquato Tasso, ma perché segna un momento di equilibrata armonia tra le aspirazioni dell’aristocrazia friulana e una ambiziosa proposta poetica capace di attirare l’attenzione del pubblico nazionale. Ad aprire l’antologia si trova la Vita di Irene, una biografia particolarmente composta ed equilibrata, tanto da essere stata più volte ristampata nel corso dei secoli; per lungo tempo si è attribuita all’A. la paternità di questo testo, anche se diverse ragioni inducono a considerarla opera di Gredenigo, vero artefice dell’intera operazione. I rapporti stabiliti dall’A. con il mondo friulano, forse anche grazie a questa operazione editoriale, sono riscontrabili anche nelle note di commento da lui poste alla sua raccolta De le rime di nobili poeti toscani, stampata, in due volumi, nel 1565. Oltre alle notizie relative ai signori di Spilimbergo che chiosano le liriche di Giorgio Gradenigo, l’A. spende parole assai lusinghiere per Erasmo di Valvasone, offrendo informazioni dettagliate sulle occasioni encomiastiche per le quali alcuni testi erano stati composti. Tra le altre opere da lui curate andranno poi segnalate De le lettere facete, et piacevoli di diversi grandi huomini, et chiari ingegni (1561); Il libro de gli huomini illustri di Gaio Plinio Cecilio… (1562), opera che documenta il vivo interesse per la storia dell’A., autore del resto del Ragionamento sulle eccellenza e perfezione della storia, pronunciato presso l’Accademia della Fama e andato a stampa nel 1559; il Rhetoricorum Aristotelis ad Theodecten, itemque ad Alexandrum, necnon ex paraphrasi Hermogenis tabulae (1563) e Sulpitii Verulani […] Grammatices compendium (1564); ultima fatica editoriale fu la terza impressione delle Rime di Berardino Rota (1572). Non si conosce la data esatta della sua morte, assai probabilmente collocabile nella prima metà degli anni Settanta.
ChiudiBibliografia
Tra i manoscritti di D. A. è utile ricordare: ms BNCF, Palatino, 239, una parziale raccolta di rime per Faustina Mancina Attavanti. Diverse lettere, parte pubblicate nel 1861 da A. CERUTI (Lettere inedite di dotti italiani del XVI secolo, Milano, Tipografia e Libreria Arcivescovile, 1867) si trovano nei manoscritti E 31 inf., E 32 inf., E 36 inf. della Biblioteca Ambrosiana di Milano. Nella stessa biblioteca si conserva inoltre il manoscritto H 175 inf., utilizzato per prepare la stampa delle Lettere facete. Nel codice Vat. Lat. 6327 della BAV si trovano circa 150 lettere (1553-1557) indirizzate da A. a Felice Tiranni, vescovo di Urbino.
Opere curate da D. A.: Versi et regole de la nuova poesia italiana, Roma, Baldo, 1539; De le lettere di tredici huomini illustri libri tredici, Roma, Dorico, 1554 e Venezia, s.e., 1554; Rime di diversi nobilissimi et eccellentissimi autori in morte della signora Irene delle signore di Spilimbergo, Venezia, Guerra, 1551; De le rime di nobili poeti toscani, I-II, Venezia, Avanzo, 1565; De le lettere facete, et piacevoli di diversi grandi huomini, et chiari ingegni, Venezia, Zanetti, 1561; Il libro de gli huomini illustri di Gaio Plinio Cecilio […], Venezia, Guerra, 1562; Rhetoricorum Aristotelis ad Theodecten, itemque ad Alexandrum […], Venezia, Nicolini da Sabbio, 1563; Sulpitii Verulani […] Grammatices compendium, Venezia, Nicolini da Sabbio, 1564; B. ROTA, Rime, Napoli, Cacchi, 1572; Dionisii Athanasii Calliensis inedita, a cura di E. MOCHI ZAMPEROLI, Roma, Tipografia della Pace, 1879. D. ATANAGI, Ragionamento sulla eccellenza e perfezione della storia, Venezia, Nicolini, 1559.
D. A. TARDUCCI, L’Atanagi da Cagli, Cagli, Balloni, 1904; C. MUTINI, Atanagi, Dionigi, in DBI, 4 (1962), 503-506; A. JACOBSON SCHUTTE, The ‘lettere volgari’ and the Crisis of Evangelism in Italy, «Renaissance Quarterly», 28 (1975), 639-688; G. MEYERAT, Dionigi Atanagi e un esempio di petrarchismo nel Cinquecento, «Aevum», 52/3 (1978), 450-458; D. ATANAGI, Rime d’encomio e morte, a cura di G. DE SANTI, Ancona, L’Astrogallo, 1979; S. BIGI, Le Rime di diversi a cura di Dionigi Atanagi, in Il libro di poesia dal copista al tipografo, a cura di M. SANTAGATA - A. QUONDAM, Ferrara//Modena, Istituto di Studi sul Rinascimento/Panini, 1989, 239-241; E. FAVRETTI, Una raccola di rime del Cinquecento, «Giornale storico della letteratura italiana», 158 (1981), 543-572; A. CORSARO, Dionigi Atanagi e la silloge per Irene di Spilimbergo (intorno alla formazione del giovane Tasso), «Italica», 75 (1998), 41-61; P. ZAJA, Intorno alle antologie. Testi e paratesti in alcune raccolte di lirica cinquecentesche, in «I più vaghi e i più soavi fiori». Studi sulle antologie di lirica del Cinquecento, a cura di E. STRADA - M. BIANCO, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2001, 113-145.
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