La famiglia era originaria di Parma, essendo giunta in Friuli all’inizio del secolo XIV con Giovanni, medico nella città di Udine, morto nel 1347. Un nipote, Nicolò, di professione speziale, fu il padre di B., nato probabilmente sul finire del secolo a Udine. Un documento del 1413 lo fa destinatario, insieme ai fratelli Antonio, Francesco e Giovanni, di beni confiscati a Tristano Savorgnan, per volere dell’imperatore Sigismondo. Fu ben presto in Roma alla corte pontificia, dove già si trovava il fratello Antonio dottore in legge di grande reputazione, facendosi subito apprezzare, se venne nominato dal papa senatore romano e sindaco maggiore dell’Umbria, prima del 1427, quando era segnalato come podestà di Iesi fino al marzo dell’anno seguente. Da aprile a ottobre 1428 fu podestà a San Giorgio in Monte, dal novembre dello stesso anno al gennaio 1430 a Osimo e da giugno a novembre del 1430 a Faenza. Sotto Eugenio IV, insieme con il fratello e il compagno Nicolò di Strassoldo, fu alla corte del cardinale camerlengo Francesco Condulmer, nipote del papa. Da un documento pontificio, riportato dal Paschini, sappiamo che il 12 giugno 1431 il B., «domicellum Utinensem […] familiarem nostrum», divenne podestà di Ascoli. Nello stesso anno fu anche nominato nunzio pontificio a Bologna, quando colà si svolse il concilio indetto dal papa. Nel 1433, seppure per breve tempo, fu castellano di Castel Sant’Angelo. ... leggi Un salvacondotto del pontefice, datato 2 aprile 1435, lo fa destinatario di un incarico diplomatico presso il re di Castiglia. Al ritorno ricevette il titolo di scudiero d’onore di Eugenio IV. Svolse altri numerosi incarichi per il pontefice finché, dopo il 1438, rientrò in Friuli, dove è segnalato nel consiglio della città di Udine nel 1442. Nel 1455 fu priore della confraternita dei Battuti della stessa città e poi, dal 1457, capitano di Gemona; a Gemona morì nel 1458. Il B. aveva sposato una certa Antonia, figlia di Daniele Malaria di San Vito al Tagliamento che gli dette ben cinque figli e quattro figlie. Sappiamo anche che, in margine ai numerosi incarichi civili, si dilettò con profitto di poesia. Il Perusini parla di un codice di sua proprietà contenente poesie in volgare scritte dal B., appartenuto, a suo dire, a una confraternita di Gemona e passato poi tra le mani di Domenico Ongaro che lo ebbe nel 1754 dal conte Pietro di Strassoldo. Il manoscritto cartaceo del secolo XV, del quale il Perusini dà in nota una sintetica descrizione, conterrebbe poesie, quasi tutte anonime, ma tra quelle con nome dell’autore una sarebbe di mano dello stesso B., come risulterebbe dal confronto con una lettera autografa dello stesso custodita nell’Archivio comunale di Gemona. Un’altra scrittura autografa del B. si trova nel manoscritto no 54 della Biblioteca civica di San Daniele del Friuli, al f. 6r in una lunga nota a margine della trascrizione delle commedie plautine della tradizione medioevale. Il B. cita, qualificandosi come commissario apostolico al servizio di Eugenio IV, numerose località dello Stato pontificio: Narni, la valle della Nera, Spoleto, Farfa ecc. Il codice, per la parte maggiore di mano di Guarnerio d’Artegna, che concluse la trascrizione ad Aquileia il 10 gennaio 1436, si trovava dunque tra le mani del B. intento a servire il papa fuggito da Roma in lotta contro il partito del concilio. Il fatto non stupisce se si pensa che il B. e Guarnerio sarebbero ben presto diventati parenti. Avrebbero riconosciuto infatti i propri figli Giovanni e Pasqua, rispettivamente, il 15 luglio 1452, alla vigilia del loro matrimonio. Il B. aveva anche una figlia, Giacoma, andata sposa al nobile Fantossio signore di Strassoldo e ville annesse, uomo d’armi dell’esercito veneziano, che ebbe probabilmente dal suocero il codice delle poesie, successivamente entrato in possesso del Perusini. Il testamento del B. rogato a Udine il 25 gennaio 1458 dal notaio Matteo del fu Giacomo Clapiz, in favore del figlio naturale Almorotto abitante a Bologna, registra anche alcuni codici di autori latini tra cui Orazio, Giovenale e Lattanzio. Il figlio Giovanni, ridottosi in povertà a causa di un incendio che nel 1453 aveva distrutto la spezieria, era già morto. Il B. morì a Gemona probabilmente nello stesso 1458.
ChiudiBibliografia
DBF, 46; BALDISSERA, Degli uomini, 18; L. ZANUTTO, La famiglia dei Baldana udinesi, Udine, Del Bianco, 1902, 22-31; MARCHETTI, Friuli, 942; P. PASCHINI, Udinesi alla corte di Roma nella prima metà del Quattrocento, «MSF», 21 (1925), 160-163; F. FATTORELLO, Storia della letteratura italiana e della cultura nel Friuli, Udine, La rivista letteraria, 1929, 43; G. PERUSINI, Bartolomeo Baldana, «Ce fastu?», 10/11-12 (1934), 73-86, 215-217, 238-239, 334-337; PELLEGRINI, Tra lingua e letteratura, 85-87; C. SCALON, Guarnerio d’Artegna e la sua biblioteca. Appunti per una ricerca, in Guarneriana. Tesori, 12; SCALON, Produzione, 516; BELLONI, Umanisti; PATAT, Oms, 21.
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