Nacque a Rivo di Paluzza, in Carnia, il 16 luglio 1875 da Osvaldo Giacomo Niccolò e dalla possidente Maria Plazzaris. La famiglia, di condizioni agiate e di nobili origini – la casata si fregiava del titolo nobiliare concesso il 4 novembre 1633 dall’imperatore Ferdinando II a don Niccolò de Barbazeto e al fratello Pietro –, gli consentì di compiere studi superiori, conseguendo il titolo di ragioniere presso il R. Istituto tecnico di Udine. Trovò un primo impiego nella ditta F.lli Brunetti di Paluzza, attiva nei trasporti, nel commercio all’ingrosso del vino e del legname, nonché proprietaria di una segheria a vapore e di un caseificio. Appassionato di agricoltura, si dedicò alla monticazione nelle due malghe di proprietà a Cercivento e, prendendo le distanze dagli orientamenti coevi, sostenne strenuamente la diffusione dell’allevamento caprino, ch’egli reputava «d’importanza notevole per le popolazioni montane». L’interesse per l’amministrazione della «cosa pubblica» lo portò a candidarsi nel 1906 alle elezioni amministrative per il comune di Paluzza, risultando eletto. Venne nominato assessore comunale, ma si dimise dopo tre anni a causa di disaccordi con gli altri consiglieri. Fu rieletto nel consiglio comunale nell’agosto 1924, rimanendo in carica quasi due anni, fino al marzo 1926, quando le «leggi fascistissime» portarono all’introduzione del podestà. Sempre in ambito comunale, guidò il corpo pompieri volontari di Paluzza dal 1894 al 1904. La visione laica e l’atteggiamento anticlericale furono tratti distintivi della persona. Fin da giovane manifestò idee socialiste e si prodigò per la promozione del movimento cooperativo, che riteneva essere «l’unica via per risolvere i molteplici ed assillanti problemi economici e sociali» della Carnia. ... leggi La passione per la forma cooperativa, da lui definita come «l’organizzazione ideale per l’attività dell’uomo, ove capitale e lavoro si sposano in una sintesi efficace per cui sparisce l’egoismo di ognuno e si manifesta la solidarietà fra le persone», lo portò a stringere saldi legami con i principali esponenti della cooperazione carnica, da Vittorio Cella a Riccardo Spinotti. Fu tra i soci fondatori della Società cooperativa allevatori alto Bût e Val Chiarsò; nel 1902 promosse la nascita della Società operaia di mutuo soccorso di Paluzza e, nel 1905, della collegata Scuola operaia, denominata in seguito Scuola professionale dell’alto Bût. Nel 1906 fu sindaco supplente della Cooperativa carnica di credito, mentre il 27 gennaio 1907, assieme ad altri nove soci, fondò il Panificio cooperativo dell’alto Bût, del quale fu per lungo tempo presidente. Fu inoltre amministratore della Cooperativa carnica di consumo di Tolmezzo. Nel 1911 diede vita al comitato che portò alla nascita della Società elettrica cooperativa alto Bût (SECAB): la prima e la più importante società friulana per la produzione di energia elettrica strutturata in forma cooperativa. Durante il primo conflitto mondiale guidò il comitato di assistenza di Paluzza e nel 1917 fu promotore, nonché presidente, del comitato di preparazione dopoguerra di Paluzza, chiamato a redigere un piano organico con cui affrontare l’opera di ricostruzione. In seno al medesimo, sostenne con forza l’urgenza di ripristinare la linea tranviaria Tolmezzo-Paluzza, reputata opera strategica non solo per la possibilità di affidarne l’elettrificazione e la gestione alla Cooperativa elettrica, ma soprattutto per l’opportunità di potenziare un’arteria indispensabile al decollo industriale e turistico della vallata. La volontà di ridurre l’isolazionismo in cui versava la Carnia lo spinse a proporre sia la realizzazione del traforo della Creta di Timau che la costruzione di una funivia sul Pal Piccolo, onde garantire un’agevole connessione dell’alto Bût con il suolo austriaco. Promosse anche la nascita dell’Associazione turistica pro alto Bût, intravedendo con lungimiranza le potenzialità turistiche della valle. In seno al comitato di preparazione dopoguerra, B. si attivò per raccogliere capitali per favorire la ripresa economica del territorio al termine del conflitto, alleviando così il fenomeno dell’emigrazione. In quest’ottica, il 21 ottobre 1917, a pochi giorni dalla rotta di Caporetto, egli costituì la Società cooperativa gessi, cementi, calci ed affini, con l’obiettivo di sfruttare la forte richiesta di leganti idraulici nella fase di ricostruzione e di utilizzare i cascami d’energia ottenuti dalla Cooperativa elettrica locale. Si trattò di un’iniziativa pionieristica, visto che l’impiego dell’energia elettrica nella cottura del cemento non trovava riscontro né in Italia né all’estero. Nel 1920 partecipò alla creazione della Società anonima cooperativa incendi “La Carnica”, la prima cooperativa di assicurazione friulana. L’aver mantenuto fede al credo socialista gli costò durante il regime l’esclusione dalla gestione dei diversi enti e società nei quali aveva avuto un ruolo importante. Dopo l’armistizio, tuttavia aderì alla Repubblica sociale, una scelta che lo portò a un progressivo isolamento, lenito solo nel 1947 dalla sua rielezione nel consiglio d’amministrazione del Panificio cooperativo e nel 1949 in quello della Cooperativa elettrica. Morì improvvisamente il 30 gennaio 1950. Per espressa volontà del defunto, la notizia del decesso venne diffusa solo il 2 febbraio a tumulazione avvenuta secondo il rito religioso.
ChiudiBibliografia
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