Nacque a Venezia nel 1548, da Marcantonio e da Giustiniana Giustinian, l’uno e l’altra esponenti delle più prestigiose famiglie del patriziato lagunare. Nel corso dell’ultima fase conciliare il B. seguì a Trento lo zio Daniele; in seguito frequentò lo Studio padovano, come testimonia la richiesta rivolta alla curia pontificia dal collegio dei Savi il 13 aprile 1570, volta a ottenergli il trasferimento dei benefici posseduti dall’appena scomparso Daniele; nella circostanza il B. viene presentato come «persona di vita religiosa et innocente, et di laudatissimi costumi, sì come ne può far fede il rev.do nuntio di Sua Santità […], che lo ha conosciuto in Trento a tempo del concilio, ove egli fu col rev.do eletto suo zio. Dal qual tempo in qua ha di continuo studiato, e tuttavia continua a studiar in Padoa (Padova), et è horamai tanti inanzi nelli studij delle scientie, che può esser anco in questo conosciuto degno nipote di prelato tanto virtuoso, come è stato esso rev.do eletto, et di persona tanto celebre come fu quella, della quale porta il nome». Nonostante tante benemerenze, il B. dovette accontentarsi del canonicato di Montagnana, «che non arriva – così il nunzio Facchinetti – a cento scudi l’anno». Negli anni che seguirono conseguì il titolo dottorale “in utroque iure”, ma le sue aspettative furono compromesse, nel 1585, dall’improvvisa rinuncia al cursus honorum politico del fratello maggiore Francesco. Questioni di strategia familiare; sta di fatto che il 7 ottobre 1585 Sisto V nominò Francesco coadiutore del patriarca di Aquileia, Giovanni Grimani, cui subentrò nel titolo nell’ottobre 1593. Da allora sarebbero mutate anche le sorti del B., per il quale il fratello ottenne la nomina a coadiutore del patriarcato e, contestualmente (12 febbraio 1596) quella di arcivescovo di Tiro, che comportava una pensione annua di 1000 ducati. ... leggi Il B. raggiungeva in tal modo l’emancipazione economica, anche se avrebbe dovuto attendere un ventennio prima di subentrare al fratello nel patriarcato. Questo si verificò il 23 agosto 1616, mentre era in corso il conflitto veneto-arciducale, la cui conclusione non avrebbe peraltro posto termine alle annose controversie giurisdizionaliste che contrapponevano i due Stati. Si spiega così perché il B., dopo aver fatto l’ingresso a Udine nel 1618, preferì assecondare la sua innata indolenza dividendosi tra Venezia e l’amata villa di Maser, affidando le cure della diocesi al suo coadiutore, Antonio Grimani vescovo di Torcello. Solo dopo la morte, avvenuta il 22 dicembre 1622, il B. sarebbe ritornato in Friuli, per essere sepolto nella chiesa di S. Antonio, a Udine.
ChiudiBibliografia
ASV, Senato Terra, f. 55, 13 aprile 1570.
HEUBEL, Hierarchia, III, 114, 322; Nunziature di Venezia, IX, a cura di A. STELLA, Roma, Istituto storico italiano per l’età moderna e contemporanea, 1972, 257, 265, 266; X, 1977, 437, 443, 462, 463, 466; G. BENZONI, Barbaro, Ermolao, in DBI, 6 (1964), 100-101; G. TREBBI, Francesco Barbaro, patrizio veneto e patriarca di Aquileia, Udine, Casamassima, 1984, indice; Una famiglia veneziana nella storia: i Barbaro. Atti del convegno di studi in occasione del quinto centenario della morte dell’umanista Ermolao (Venezia, 4-6 novembre 1993), a cura di M. MARANGONI - M. PASTORE STOCCHI, Venezia, Istituto veneto di scienze lettere e arti, 1996, indice.
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