F. B. è qui considerato come precursore di una famiglia aristocratica veneziana, che ha avuto molta parte nella vita culturale e politica del Friuli e del patriarcato a partire dal 1420. Basti pensare che nell’arco di un secolo ha dato tre patriarchi di Aquileia. Come umanista può essere indicato erede e continuatore di Giovanni Conversini da Ravenna, che, peraltro, gli fu maestro dal 1404 al 1406. Il B. nacque a Venezia nel 1390 da Candiano, del confinio di Santa Maria Mater Domini, senatore della Repubblica, e da Costanza (ASV, Avogaria di comun, 107, Cronaca matrimoni). Rimase orfano quando aveva pochi mesi: nel testamento definitivo del padre in data 1389 – egli morì dopo un anno e mezzo –, F. non è nominato con i cinque altri fratelli. Fu allevato dal fratello maggiore Zaccaria, «vir optimus et doctissimus» a giudizio di Guarino Veronese. Iniziò il cursus nella vita politica con l’estrazione della Balla d’oro nel 1408 o 1409. Il 4 marzo 1419 Zaccaria, il «dilecto fradello», fece il suo testamento presso il notaio Angeletto da Venezia; sarebbe morto dopo il luglio del 1421 e non dopo la fine del 1422 come si pensava. F. B. assunse la tutela dei figli. Nello stesso 1419 sposò Maria Loredan dalla quale ebbe quattro figlie e un figlio, Zaccaria, padre del grande Ermolao Barbaro il Giovane; fu inoltre nominato senatore. Assunse la carica di pretore di Treviso nel 1422 fino a dicembre del 1423. Dal 1423 agli inizi del 1424 fece parte del consiglio dei Dieci. Fu podestà di Vicenza nel febbraio del 1424 per due anni (a Vicenza fu presente anche nel febbraio 1426). Quivi ebbe come segretario Biondo Flavio e promulgò gli statuti della città premessi dal Prohemium di Guarino. ... leggi Fu ambasciatore presso papa Martino V insieme con Andrea Morosini tra l’aprile e l’ottobre del 1426. Tornò presso la curia nei primi mesi del 1428. Nel 1430, dal giugno, giunse come podestà a Bergamo ove restò per due anni. Il 27 giugno del 1433 il B. presentò per l’estrazione della Balla d’oro Daniele, il figlio diciottenne del fratello Zaccaria; e il 12 novembre avanzò richiesta per l’altro figlio di Zaccaria, Alvise, che aveva venti anni compiuti. Nella documentazione d’archivio rintracciata, relativa a questa testimonianza, F. B. dovrebbe avere acquisito il titolo di «miles» nel frattempo. Il 1433 è l’anno in cui tenne l’orazione per l’imperatore Sigismondo a Ferrara, a sottolineare il sopravvenuto miglioramento dei rapporti con la Repubblica. Nel 1434 venne inviato come pretore a Verona dove stette fino all’ottobre del 1435. Dal luglio 1437 per quaranta mesi (fino al novembre del 1440) il B. assunse la difesa della città di Brescia minacciata dai Visconti guidati dal generale Piccinino. L’impresa divenne un evento simbolico e quasi epico nella storiografia e nelle celebrazioni anche visive della Repubblica. Documenti pertinenti dell’anno 1440 dimostrano che il B. possedeva immobili a Padova. Dal 1446 riprese a frequentare Treviso e poi San Vigilio sul Montello ove si ritirava periodicamente per i suoi ozi letterari e per ritrovare la forma fisica. Nel 1441 fu provveditore a Verona. L’anno 1448 segnò l’inizio dei suoi rapporti diretti e politici con il Friuli, essendo stato nominato «luogotenente in la patria de Friul». Giunse nell’agosto a Udine, quindi, a metà ottobre si trasferì a Cividale con la famiglia, per cautelarsi dall’insorgenza e dalla propagazione della peste, e quivi rimase fino al luglio del 1449. Ser «Anthonius de Lutiatio [Antonio Luzato] de Iustinopoli» lo citò in causa al fine di essere risarcito dell’affitto di alcuni letti presi a nolo durante il periodo di assenza da Udine. Il B. fu assolto grazie anche alla testimonianza del suo cancelliere Gabriele Anguissola. Nel 1449 successe a Giorgio Loredan come capitano di Padova per la seconda volta, ma per un breve arco di tempo. L’anno 1452 coincise con la nomina a procuratore di S. Marco, la carica più importante dopo quella di doge. Da questa data inizia la raccolta epistolare delle lettere tarde. Morì a Venezia nel gennaio 1454 e fu sepolto nella chiesa dei Frari. Fece, dunque, in tempo ad avere notizia della caduta di Costantinopoli, il 29 maggio 1453. Una funzione rilevantissima nella formazione umanistica e civile del B. hanno avuto i suoi maestri, i migliori allora in attività. La sua educazione umanistica avvenne sotto il segno dell’accordo più naturale e armonico tra tradizione classica, greca e latina, e concezione cristiana del mondo. Zaccaria Trevisan, figura prestigiosa di oratore e di assertore tenace del superamento dello scisma, esercitò sul B. una straordinaria e dichiarata autorità personale, intellettuale e politica. Il grado di vicinanza può essere colto in tante confidenze del B. È assai significativo che sia stato l’esecutore testamentario del Trevisan e abbia dato prova del legame che a lui lo univa, dichiarandosi contento dell’affetto per il maestro di vita, rinunciando alla parte di eredità, in quanto erede residuario, in favore dei figli dello stesso (ASV, Cancelleria inferiore, Notai, 227, notaio Angeletto di Andreuccio da Venezia). Di Giovanni Conver – sini si è detto. Il suo magistero a Venezia si espletò tra il 1404 il 1406, e precedette quello di Gasparino Barzizza che lo ebbe allievo a Padova e poi a Venezia, dove Barzizza fu ospite nella famiglia Barbaro ed ebbe come allievo anche Lodovico Trevisan, corrispondente di F., e futuro patriarca di Aquileia. Il B. frequentò l’Ateneo patavino dal 1408 all’ottobre del 1412. Divenne “magister artium” nel 1410 e ottenne il dottorato in utroque l’1 ottobre 1412. Con queste premesse culturali F. B. si apprestò all’incontro con Guarino Veronese, conosciuto già nel 1408, ma dal 1414 (di ritorno dalla Firenze del Crisolora) fino al marzo 1419 suo maestro e collaboratore nello studio del greco antico, nell’attività di traduzione e nella formazione di una biblioteca d’avanguardia sul piano umanistico e degli studi greci in particolare. Si spiega con questi dati il successo della sua “gita” culturale a Firenze nel 1415, che costituì per il B. il banco di prova con la generazione umanistica fiorentina più raffinata: Leonardo Bruni, Roberto de’ Rossi, Poggio Bracciolini e Niccolò Niccoli. Conobbe in seguito anche Ambrogio Traversari. Sul piano religioso il B. seguì la lezione e la predicazione di Bernardino da Siena (1380-1444), di Alberto da Sartiano (1385-1450), di Giovanni da Capistrano. Optò, come si vede, per l’insegnamento e il modello di carità dei francescani radicati a Venezia e sorretti da una trattatistica ascetica latina e volgare di notevole vigore. Questo orientamento religioso faceva tutt’uno con conoscenze solidissime dei Padri della Chiesa e della loro lezione nell’attualità religiosa e politica veneziana. La biblioteca del B., specialmente la sezione greca, è al centro dei sostanziosi e progressivi studi di Antonio Rollo, Stefano Bandini e Fabio Vendruscolo. Sono sempre più numerosi e rilevanti sul piano testuale i codici rintracciati, postillati dal B. e da Guarino congiuntamente, spesso accompagnati da successive tracce di studio di Ermolao Barbaro il Giovane. Sotto la guida di Guarino il B. tradusse le Vite di Aristide e di Catone da Plutarco, dedicate al fratello Zaccaria (1415 Sabbadini e Gualdo, 1417 secondo Gothein): esse ebbero grande diffusione tra gli umanisti. Il codice della Biblioteca nazionale di Firenze (Conv. Soppressi, I 10.44), che le contiene nella trascrizione del copista del B. Michele Germanico, presenta degli interventi correttori di Guarino, riconosciuti da Antonio Rollo. Il frutto più riuscito del magistero guariniano è il trattato De re uxoria in omaggio a Lorenzo de’ Medici fratello di Cosimo il Vecchio, scritto per le sue nozze con Ginevra Cavalcanti, celebrate durante il carnevale del 1416. L’esemplare di dedica si conserva nella Biblioteca Laurenziana di Firenze (Laur. 78, 25, di mano del detto copista “ufficiale” Michele Germanico), ed è un esempio della collaborazione fianco a fianco con Guarino, di cui sono accertati interventi autografi. L’opera di altissima erudizione classica, di salde basi dottrinarie patristiche, dettata anche da ragioni socio-politiche legate all’attualità di Venezia, ha avuto un’enorme fortuna specialmente in Francia (la princeps uscì a Parigi nel 1513), in Germania e in Svizzera. Il De re uxoria ebbe diffusione anche in Friuli: il Guarneriano 105 è annotato da Guarnerio d’Artegna, vicario imperiale, e un De re uxoria copiato dal notaio Francesco Vari a Cividale prima dell’arrivo del B. non è conservato purtroppo. L’opera sua più rappresentativa è tuttavia l’Epistolario, costituito dalle raccolte canoniche delle Familiari, delle Senili e, a parte, le Extravaganti. Vero e proprio simbolo, come ha riconosciuto Marc Fumaroli in alcuni suoi studi ormai classici, di una “Respublica litteraria”, di una comunità di umanisti a un tempo attenti alle ragioni e alle aspirazioni di rinnovamento della “Respublica cristiana”. A F. B. si deve la creazione del sintagma inedito «Respublica litteraria», usato da lui la prima volta nel 1417 in una epistola a Poggio per rallegrarsi con lui degli auctores nuovi scoperti durante le ripetute esplorazioni nelle biblioteche del Nordeuropa. Echi e riflessi importanti di questa rivoluzione culturale arrivarono anche in Friuli e contribuirono alla caratterizzazione in senso umanistico della Biblioteca Guarneriana, a opera del suo fondatore Guarnerio che fu in diretto rapporto con il B. Il Catalogo della biblioteca è stato curato da Laura Casarsa, Cesare Scalon e Mario D’Angelo, diretto all’inizio da Emanuele Casamassima. È il caso di mettere in risalto che il B. contribuì certamente a far giungere a Guarnerio testi riguardanti la polemica tra Poggio e Valla. Si tratta della redazione “veneta” secondo Mariangela Regoliosi dell’Anti do tum in Facium del Valla; le Invective in Vallam di Poggio erano note peraltro anche a Giovanni da Spilimbergo. Ma c’è di più: proprio nella Biblioteca di San Daniele del Friuli, autentico gioiello bibliotecario dell’Umanesimo, si sono conservati due testimoni fondamentali dell’epistolario di F. B.: il Guarneriano 100 e il Guarneriano 28 (rispettivamente fonti il primo della diversa e progressiva stratigrafia dell’epistolario canonico e, il 28, testimone della raccolta delle Senili). Il monumentale epistolario del B. conta nel novero degli interlocutori e delle persone nominate nelle lettere non pochi friulani. Si incontrò a Venezia nel 1433 con Ludovico di Strassoldo, dal quale aveva avuto un codice delle opere di Enrico di Grand già nel 1422. Prescindendo dalla corrispondenza con Lodovico Trevisan, patriarca di Aquileia, ma di fatto veneziano, merita sottolineare gli scambi con Guarnerio d’Artegna, anzitutto, e con Giovanni da Spilimbergo, stimati e protetti entrambi dal B., come pure Giacomo da Udine, che dedicò al B. il De antiquitatibus Aquileiensibus. Interpose i suoi buoni uffici in favore del giovane Candido da Gemona presso Pietro Barbo. Scrisse al giureconsulto Erasmo da Udine (6 ottobre 1449) all’atto di lasciare il comando di luogotenente del Friuli. Nella lettera a Stefano giureconsulto del 15 febbraio 1448 nomina un «Nicolaus decanus» e un Niccolò medico, entrambi di Udine, a proposito di informazioni avute da costoro riguardo al rispetto di norme sui mimi e sulle mascherate. Raccomanda ad Angelo da Perugia, generale dell’ordine dei minori, Lodovico da Udine «theologus», lo stesso probabilmente cui manda dei saluti in una lettera a Pietro Donà il 23 novembre 1449 da Zoppola, dove forse era ospite nel castello della famiglia Pancera. Affida all’udinese Giovanni Belgrado la trascrizione del Vat. lat. 5911, esemplare canonico delle sue lettere. F. B. deve essere considerato non solo per l’attività politica svolta durante il biennio della luogotenenza in Friuli, ma sul piano letterario per il contributo impresso al nascente movimento umanistico in questa area periferica rispetto ai grandi centri umanistici. Sulla scia del B. si mosse Lodovico Foscarini, che letterariamente e politicamente ne raccolse l’eredità in Friuli.
ChiudiBibliografia
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