Mirko B. nacque a Udine il 2 settembre 1910, secondogenito del pittore e decoratore udinese Leo; i fratelli furono Dino (1909), anch’egli scultore, e Afro (1912), pittore. Dopo la morte del padre per febbre spagnola nel 1918, B. ebbe un primo apprendistato insieme con i fratelli presso il laboratorio orafo dello zio paterno. I primi studi si compirono in seguito al trasferimento dei tre fratelli al collegio Evangelico di Venezia. La formazione di B. avvenne tutta lontano dalla città natale. A Venezia, oltre al collegio e alle scuole medie, frequentò il Liceo artistico nel 1928 per poi raggiungere all’Accademia di belle arti di Firenze il fratello Dino. Qui rimase fino al 1930, studiando sotto la guida di Domenico Trentacoste. Insieme ai fratelli, ad Alessandro Filipponi e Angilotto Modotto organizzò a Udine, nel 1928, la mostra della Scuola friulana d’avanguardia, polemicamente in competizione con la contemporanea e «ufficiale» II Biennale d’arte friulana. Anche se di grande valore per il panorama friulano, si trattò di un episodio senza seguito che ebbe però un’appendice romana sei anni dopo alla galleria Sabatello: in quell’occasione il gruppo friulano d’avanguardia era costituito, oltre che da Candido Grassi e Fred Pittino, dai due superstiti della mostra udinese, Modotto e B. Tra queste due mostre collettive (1928-1934) si susseguirono le tappe più importanti della formazione non accademica di B. Inizialmente, per il giovane scultore fu importante la vicinanza di Modotto, il più anziano e colto del gruppo, grazie anche alla sua esperienza parigina tra il 1930 e il 1933, in cui era stato a contatto con il gruppo degli italiani (Severini, Tozzi, Campigli, De Chirico, Savinio e Paresce). Ma fu ancora più importante il lavoro in comune con i fratelli Dino e Afro, come testimoniato dalle due grandi figure in terracotta realizzate dai tre fratelli per la Fornace Catarossi a Qualso (Reana del Rojale). Nel settembre del 1930 B. lasciò Firenze, e si trasferì a Monza, per frequentare i corsi di Arturo Martini alla Scuola d’arti applicate. ... leggi Poté inoltre seguire da vicino, in qualità di assistente dello stesso Martini, alcune tra le più importanti realizzazioni dello scultore trevigiano. Durante questo apprendistato (1932-1934) B. trovò la propria libertà espressiva, superando gli ostacoli dell’insegnamento accademico, e avviandosi alle scelte più indipendenti, come dimostrato dalle prime opere della sua maturità (Narciso, Il neofita), che risentono del particolare stilismo di Martini. Inoltre, B. frequentò l’ambiente della galleria milanese Il Milione, crocevia di esperienze artistiche europee d’avanguardia; tramite Martini, conobbe C. Cagli, salito a Milano per i lavori della Triennale del 1933, avviando un sodalizio che sarebbe proseguito quando B. raggiunse il fratello Afro, giunto a Roma grazie alla borsa di studio Marangoni. A Roma B. entrò rapidamente a far parte della cerchia d’artisti promossi da Libero De Libero, Massimo Bontempelli e dalla galleria della Cometa; inoltre, strinse rapporti con pittori già ben affermati della Scuola romana, come Capogrossi, Mafai, Cavalli. La presenza alla II Quadriennale romana nel 1935 fu il preludio al vero esordio nella capitale, avvenuto con la mostra personale di grandi sculture allestita presso galleria della Cometa all’inizio del 1936, esposizione che ebbe l’effetto di far conoscere le sue opere presso la critica più qualificata. La mostra fu replicata, con l’aggiunta di una serie di disegni, due anni dopo nella sede newyorkese della stessa galleria. Le opere di questo periodo, come il Ragazzo, il Giocoliere e le due Chimere rappresentano un primo sicuro approdo del giovane scultore, il cui tormentato espressionismo, tradotto in una modellazione intensa e vibrante, venne ribadito con l’invio di due sculture alla Biennale di Venezia del 1936. Il resto del decennio lo vide partecipe alle più importanti mostre nazionali – la Biennale del 1936, Quadriennale del 1939, seconda mostra di “Corrente” del 1939, e qualche sindacale del Lazio (1937 e 1942) – presenze inframmezzate da alcune esperienze di lavoro insieme ad Afro e Cagli. Nel 1937 fu con loro a Parigi in occasione dell’Esposizione universale, dove ebbe modo di confrontarsi con le esperienze internazionali. Partecipò inoltre, al concorso, con il fratello Dino, per la decorazione scultorea della facciata del Tempio Ossario, giungendo secondo dietro il vincitore, Silvio Olivo. L’anno dopo, sempre in loro compagnia, B. tornò a Udine dove, seguì i lavori di Afro per la decorazione di casa Cavazzini e, durante l’estate, per l’albergo delle Rose a Rodi. Il sodalizio tra B. e Afro si compì nel 1939 con la doppia mostra personale alla galleria Zecca di Torino; la presentazione del David (oggi a Roma, Galleria nazionale d’arte moderna) alla III Quadriennale di Roma fu accompagnata da un’importante segnalazione del critico Cesare Brandi. Prima della mobilitazione (1940-1942), B. ebbe modo di collaborare con «Primato», la rivista di Bottai; una sua mostra di disegni a Roma nel 1941 fu elogiata da Renato Guttuso. Le attività durante gli anni di guerra furono sporadiche, ma consentirono di mantenere vivi i contatti con il gruppo milanese di “Corrente”. Nella Roma del dopoguerra la posizione di B. era ormai consolidata; grazie al sodalizio con Cagli (espatriato dopo le leggi razziali) ebbe modo di esporre regolarmente alla Knoedler Gallery e alla Viviano Gallery di New York. Se la sua carriera fino al 1945 fu piuttosto avara di opere monumentali – soltanto la Madonna in via dei Cavalieri di Rodi e l’altorilievo Repubbliche Marinare all’E42, entrambi a Roma –, gli anni Cinquanta furono assai ricchi di committenze pubbliche. Il caso più noto e importante è senz’altro quello del celebre cancello per il Mausoleo delle Fosse Ardeatine, realizzato tra 1950-1951 (gesso alla Fondazione CRUP di Udine), non senza polemiche e controversie a causa della soluzione esplicitamente moderna, in chiave neocubista, adottata dall’autore. Sempre a Roma, occorre inoltre ricordare il soffitto in stucco, modellato e dipinto, della sala delle assemblee nel palazzo della FAO (1951-1952) e i due altorilievi in mosaico veneziano per la filiale della BNL di via Albania. Risalgono invece al 1954, sia la stele per la fontana in piazza Benedetto Brin a La Spezia, che la Croce nel Monumento ai caduti per la Libertà a Mauthausen; infine L’iniziazione del 1962 a Urbana, Illinois. Monumento mancato fu invece quello al prigioniero politico ignoto, al cui concorso, indetto dall’Institute of Contemporary Art di Londra, B. partecipò nel 1953 ottenendo il secondo premio. Sul piano stilistico e formale, un momento chiave fu dato dal viaggio in Grecia, Siria e Giordania nell’estate del 1952; le impressioni che B. ricavò orientarono la sua ricerca scultorea verso un esito di maggiore compostezza e unità compositiva, con l’adozione, al tempo stesso, di un sistema di ricca decorazione polimaterica e policroma. Il confronto con la pittura di Cagli spinse B. a sperimentare sempre più spesso la forma del bassorilievo pittorico e forme ieratiche, di monumentale impatto totemico; i titoli adottati (Geremia, 1956; Il Grande iniziato, 1957) alludono ad una matrice colta e letteraria, ricca di reminiscenze simboliste e religiose. Grazie a questi esiti, B. entrò con sicurezza nel circuito espositivo e mercantile con cui si giocava l’importante rilancio della scultura internazionale. Opere di B. furono dunque presenti a mostre cruciali come la Biennale di scultura di Anversa (1953), la Biennale di Venezia (1954, con la presentazione di Giulio Carlo Argan) e The New Decade (New York 1955), grazie alla quale s’impose all’attenzione della critica angloamericana (Herbert Read, Carola Giedion-Welcker). I numerosi riconoscimenti ricevuti – primo premio internazionale di scultura alla Biennale di San Paolo del Brasile (1955), premio internazionale per la scultura a Carrara (1957), premio per la scultura dell’Accademia nazionale dei Lincei (1959), elezione a membro dell’Academy of Arts and Sciences (1962) – erano il segno dell’ormai avvenuta affermazione internazionale, confermata dalla direzione del workshop dell’Harvard University di Cambridge (Massachussets) a partire dal 1957 e da un ricchissimo curriculum espositivo che lo vide protagonista della scultura degli anni Sessanta. Morì a Cambridge il 24 novembre 1969 a seguito di un attacco cardiaco.
ChiudiBibliografia
E. CRISPOLTI, La scultura di Mirko, Bologna, Bora, 1974; Dino, Mirko, Afro Basaldella. Catalogo della mostra (Udine, 1987), a cura di E. CRISPOLTI, Milano, Mazzotta, 1987; Mirko. Opere dal 1933 al 1969. Catalogo della mostra (Matera, 2007), a cura di G. APPELLA - I. REALE, Roma, Edizioni della Cometa, 2007; E. CRISPOLTI, I Basaldella. Dino, Mirko, Afro, Udine, Casamassima, 2010.
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