«Era di statura media, assai gracile, di faccia oblunga e di aspetto dolce; il suo occhio era vivacissimo. Avea un piede monco e più corto dell’altro, per cui gli era necessario portare un pesante scarpone che gli rendeva faticoso il camminare abbenché munito di un bastone. Portava capelli lunghi e vestiva con una certa originalità. Cioè cravatta bianca, panciotto color giallognolo, calzoni lunghi e scuri; soprabito assai lungo dello stesso colore, cappello basso a larghe falde. Non di rado usava portare un berrettone alla raffaellesca, di velluto nero», così Antonio Picco descriveva B. che, rara eccezione nell’ambiente degli architetti friulani, ebbe una attenzione particolare all’immagine, a giudicare dalle fotografie e dai ritratti. B. nacque a Pordenone il 3 giugno 1792, e fu legato d’amicizia al colto bibliofilo avianese Pietro Oliva. Studiò a Treviso e nel 1816 fu supplente di matematica e di disegno presso il Liceo della città, autorizzando l’ipotesi di precoci contatti con Valentino Presani, al quale fu legato da rapporti di lavoro e di amicizia. Nel 1819 B. figura tra i membri dell’Ateneo di Treviso e nel 1822 faceva parte dell’Accademia di Udine. Nel 1821 insegnava disegno a Udine nelle scuole di San Domenico ricoprendo un ruolo importante nella formazione dei disegnatori tecnici, grazie alla capacità di abbinare alla teoria i rilievi dal vero. Come riferisce Antonio Picco, fu allievo di Michele Giuliani o Zuliani, che nel suo studio di via Portanuova impartiva lezioni a chi voleva proseguire gli studi di ingegneria. ... leggi Come era consuetudine prima della formalizzazione dei titoli nel 1876, B. praticò anche la professione, pur essendo sprovvisto di titoli di abilitazione. Gli studi sulla sua opera sono stati iniziati da Manuela Schileo che rivendica per lui un ruolo da protagonista nella diffusione della ripresa neodorica. Secondo la studiosa, svolse una importante attività culturale, che lo inserì tra le maggiori personalità del neoclassicismo friulano: collaborò con Valentino Presani nei lavori per il cimitero udinese, ebbe rapporti con Giuseppe Jappelli e conobbe Antonio Canova quando era impegnato nei lavori per il tempio di Possagno. B. gli dedicò nel 1823 lo studio Il tempio di Antonio Canova e la villa di Possagno, illustrato con tre belle incisioni e una veduta del paese veneto. Fu uomo di cultura, intrecciò una rete di rapporti con artisti e letterati. Fu amico di Iacopo Pirona (V.), dell’abate Bianchi, di Francesco di Toppo, di Leopoldo Cicognara, Gian Domenico Ciconi, Ippolito Nievo, Pietro Zorutti, Caterina Percoto e Antonio Picco. Tra gli artisti conobbe i migliori pittori ottocenteschi della regione, Odorico Politi e Michelangelo Grigoletti. Loro disegni furono infatti donati con lascito testamentario alle municipalità di Udine e Pordenone. Intrattenne rapporti anche con il pittore Giovanni Andrea Darif (V.) e con Filippo Giuseppini, con cui soggiornò a Paularo e che aiutò, raccomandandolo presso il Politi e il Grigoletti. B. fu un vero mecenate per la promozione continua delle arti: collezionò un autografo di Canova, medaglie e bolli chiudilettera dell’incisore Antonio Fabris, al quale assicurò numerose commesse, diresse i lavori dello scultore Antonio Marsure nel tempio della Madonna di Rosa e donò due sue opere, Ebe e Psiche, alla municipalità di Pordenone, raccomandò presso Antonio Pilosio gli scultori Antonio Marignani e Giuseppe Bernardis. Si interessò di meteorologia promuovendo nel 1829 un progetto per realizzare un canale navigabile derivato dal Tagliamento per irrigare la pianura friulana, idea che si sarebbe concretizzata nel canale Ledra-Tagliamento. Quando Gerolamo Venerio morì, ne progettò il cenotafio e pronunciò l’orazione funebre, pubblicandone nel 1851 le Osservazioni meteorologiche fatte in Udine nel Friuli pel quarantennio 1803-1842. Ai rapporti con Gerolamo Venerio si può ricondurre anche la sua attività per la casa di ricovero di Udine, dove nel 1846 suggerì delle modifiche tese a regolarizzare le aperture. B. esercitò con successo l’architettura, praticando ogni genere di tipologia architettonica. La sua attività si svolse tra il territorio di Pordenone e quello di Udine, dove si stabilì per poi risiedere dal 1858 alla morte, avvenuta nel 1879 nel piccolo paese di Santa Margherita del Gruagno. La sua prima opera fu il Teatro della Concordia di Pordenone (1826-1831) modellato su esempi di Quarenghi e dei fratelli Adam. La facciata tripartita è leggermente aggettante al centro con un porticato dorico a pian terreno tra due archi a bugnato laterali, la simmetria delle aperture raccorda la parte inferiore a quella alta. Nulla è rimasto invece della pianta interna, probabilmente a ferro di cavallo. Subito dopo si può collocare la palazzina udinese Tomada Del Fabbro, caratterizzata da un basamento in bugnato rustico su cui si elevano delle lesene ioniche di ordine gigante, terminanti in un attico. Particolarmente interessante è la disposizione degli ambienti interni decorati a grottesche. Subentrato al Presani come membro della Commissione d’ornato di Udine, dal 1826 al 1853, tra 1830 e 1836 il Bassi diresse i lavori del cimitero completandone il colonnato dorico e gli archi del porticato, anzi, modificò il progetto originario chiudendo i campi dietro la chiesa, destinandoli invece che all’Eliso alle sepolture degli acattolici. Nelle chiese B. utilizzò lo schema palladiano a timpano sorretto da quattro colonne come si può notare nella chiesa del Redentore di Udine (1833-1839) e in quella di S. Giorgio a Pordenone (1835). Quest’ultima avrebbe dovuto essere completata da un campanile a forma di colonna dorica scanalata, disegnato da B. nel 1852, ma realizzato solo nel 1914 con gli inevitabili stravolgimenti. Nel 1833 sempre a Udine diresse i lavori di palazzo Antivari-Kechler su disegno di Giuseppe Jappelli. L’edificio con la elegante loggia palladiana e le decorazioni interne resta uno dei più begli esempi di palazzo neoclassico udinese. Tra il 1835 e il 1845 si situa la costruzione del Seminario di Portogruaro, forse uno degli edifici migliori di B. in stile neodorico. L’architetto ideò un vasto cortile chiuso su tre lati mentre il quarto è aperto verso il fiume, il prospetto principale è porticato e fornisce accesso a un cortile ritmato da colonne doriche pestane, con due fasce di finestre ai piani superiori. Come nota la Schileo, «alla severa semplicità del complesso» si aggiunge la funzionalità degli spazi interni, tipica della progettazione di B. I porticati dorici esterni del Seminario fornirono nel 1836 anche il modello per casa Giacomelli in Udine, le cui colonne doriche furono però occultate nella riforma novecentesca di Pietro Zanini, e il colonnato aggiunto a villa Policreti di Castel d’Aviano. Nel 1838 B. progettò per Udine porta Poscolle, chiamata Ferdinandea perché destinata a festeggiare l’arrivo in città dell’imperatore Ferdinando I d’Austria. Vi applicò un «dorico svelto» adatto a una «ridente» città con un alternarsi di archi bugnati e colonne doriche, mentre i bassorilievi e le statue avrebbero dovuto raccontare la storia cittadina e rendere onore ai personaggi più importanti. Come spesso accadeva, il progetto non fu realizzato, ma Fabio di Maniago lo utilizzò per la copertina della sua Guida di Udine, testimoniando come architettura e interessi culturali formassero un legame inscindibile nell’opera di B. Per accogliere l’ospite illustre ci si limitò a costruire un modello in carta e tela del progetto originario, come non era raro fare durante l’Ottocento a salvaguardia degli interessi economici e di decoro. Tra il 1841 e il 1843 B. costruì il teatro di Palmanova, il cui aspetto neoclassico era affidato alla facciata caratterizzata da semicolonne doriche di ordine gigante e ornata da bassorilievi narrativi “alla Canova”. B. pose particolare attenzione alla disposizione interna con una serie di ambienti ovali e circolari e una attenzione ai servizi, applicata anche nel progetto per il teatro di Cividale (1844) e in quello, non realizzato, del teatro per piazza del Fisco in Udine (1846) dove B. pensò anche a gallerie coperte per ospitare negozi e ristoranti. L’interesse dell’architetto per i teatri si rileva ancora nel teatro di Aviano, iniziato nel 1844: l’edificio è articolato in tre parti con estremità ad arco e bugnato e una parte centrale caratterizzata da un ordine dorico binato addossato alla parete, mentre elaborata è la sistemazione interna che comprendeva vari servizi. Tra il 1846 e il 1853, B. soggiornò durante i mesi estivi a Paularo in Carnia dove entrò in stretti rapporti con il parroco Nicolò Selenati e fu spesso accompagnato dal Giuseppini, che disegnò una serie di vedute della Val d’Incarojo, donate dall’architetto a Caterina Percoto. Oltre ad insegnare ai valligiani la coltivazione del gelso, B. eresse tra il 1849 e il 1851 il pronao con quattro colonne ioniche della chiesa parrocchiale di Paularo, sorretta da poderose costruzioni in una splendida posizione panoramica. A questa sua attività carnica va aggiunta dal 1836 anche la realizzazione di palazzo Micoli Toscano a Mione di Ovaro. Come nota la Schileo, pochi sono gli elementi greco-romani, limitati a qualche lesena e colonna decorativa, mentre nel volume massiccio dell’edificio il linguaggio neoclassico si semplifica in modi funzionali. Curatissimo è l’interno, dove la cucina presenta dei contenitori a forma di colonna dorica e il salone è affrescato con motivi a grottesche. Nominato cavaliere, B. fin dal 1855 fu socio corrispondente del R. Istituto veneto di scienze, lettere e arti. Concluse la sua vita operosa a Santa Margherita del Gruagno il 19 maggio 1879, lasciando una lira italiana a tutti gli abitanti «come simbolo di gratitudine» per il loro comportamento nei suoi confronti. A sua volta il comune di Pordenone intese onorarlo commissionando un suo ritratto al pittore Fausto Antonioli.
ChiudiBibliografia
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A. FORNIZ, L’architettura del periodo neoclassico e di quello romantico, in Pordenone, Torino, UTET, 1971, 266-270; M. SCHILEO, L’architetto Giovambattista Bassi. Aspetti del neoclassicismo provinciale, t.l., Università degli studi di Trieste, a.a. 1979-1980; A. PICCO, Alcuni cenni biografici del cav. Prof. Giovambatta Bassi ed altri contemporanei, in PICCO, Scritti vari, 217-220; E. BARTOLINI - G. BERGAMINI - L. SERENI, Raccontare Udine. Vicende di case e palazzi, Udine, Istituto per l’Enciclopedia del Friuli Venezia Giulia, 1983, 117-120; M. SCHILEO, Giovambatttista Bassi architetto friulano, «Il Noncello», 56 (1983), 61-94; La fortuna di Paestum e la memoria moderna del dorico 1750-1830, a cura di J. RASPI SERRA - G. SIMONCINI, II, Firenze, Centro Di, 1986, 162, scheda 152; Bassi Giambattista, in SAUR, 7 (1993), 405; ALOISI, Vita e opere, 87-88; G. BUCCO, Giovambatttista Bassi, architetto del neodorico tra Udine e Pordenone, in Tra Venezia e Vienna, 92-101; Ville venete: la regione Friuli Venezia Giulia, a cura di S. PRATALI MAFFEI, Venezia, Istituto regionale per le ville venete/Marsilio, 2005, 62-63.
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