Nato intorno al 1435 nel borgo di Campedello presso Belluno, A. di Bertolotto ricevette con ogni probabilità la sua prima educazione come pittore presso la bottega di Leonardo da Bressanone (Sartor), assorbendo la lezione dei pittori muranesi Antonio e Bartolomeo Vivarini, tradotta in uno stile personale, segnato da un notevole talento grafico. Tale aspetto della pittura del B., nutrito dall’influsso della produzione artistica del centro padovano segnato dall’arte del Mantegna, fu di stimolo allo sviluppo degli artisti friulani della generazione successiva alla sua, come Gianfrancesco da Tolmezzo e lo stesso Giovanni Antonio Pordenone. A partire dal 1455 l’artista è documentato a San Vito al Tagliamento e dal 1460 risulta legato alla nobile famiglia Altan di Salvarolo, che aveva una posizione eminente nel piccolo centro friulano. San Vito restò la sua residenza fino alla morte, avvenuta entro il 1494 (fece testamento il 30 giugno 1492), anche se la sua attività lo portò in alcuni dei principali centri della regione, da Udine ad Aquileia, a Pordenone e Spilimbergo. Le gravi perdite subite dal corpus della sua pittura hanno creato dubbi in parte della critica moderna nel riconoscere al pittore il ruolo rivendicatogli dalla vecchia storiografia erudita. ... leggi I contemporanei ne esaltarono l’operato: l’umanista Giovanni Stefano Emiliani detto Cimbriaco lo definì l’Apelle della sua età, e nel secolo successivo il sanvitese Girolamo Cesarino nel suo Dialogo (1582) confermava come fosse ancor viva la fama che aveva circondato l’artista, ricercato dagli esponenti friulani della nuova cultura umanistica diffusa dai centri del vicino veneto, fatta propria dall’aristocrazia locale. Il giudizio lusinghiero sull’attività del B. e sul suo ruolo di caposcuola della rinnovata pittura rinascimentale in Friuli, riproposto da Federico Altan (1772) e dal de Renaldis (1798), trova ancora eco nell’opera del di Maniago (1819) e nello studio del Cavalcaselle sulla pittura friulana del Rinascimento (1876), rimasto inedito sino al 1973. Nel panorama sempre più articolato delle presenze artistiche del territorio friulano che la storiografia novecentesca è andata delineando, il ruolo dell’artista sembrava oscurato da altre personalità, in primis da Gianfrancesco da Tolmezzo: difficile appariva la definizione del suo ruolo di alfiere della nuova pittura rinascimentale alla luce delle poche opere sicuramente riconducibili alla sua mano, segnate da un fare impacciato e impostate secondo valori spaziali ancora legati alla tradizione gotica. È evidente nel corpus delle sue opere una oscillazione tra i risultati toccati coi dipinti (come le pale d’altare) eseguiti per committenti ancora legati alla tradizione e quelli raggiunti in opere (come gli affreschi per i palazzi signorili) realizzate per una committenza aristocratica sensibile ai nuovi ideali umanistici. Il rapporto privilegiato intrecciato con gli Altan convogliò sull’artista numerose commissioni da parte di famiglie nobili della regione legate da amicizia o vincoli di parentela con i signori di San Vito, come i Filittini e gli Arcoloniani di Udine e i signori di Spilimbergo. È proprio con la restituzione al B. nel 1958 da parte di Italo Furlan, del ciclo di affreschi della facciata del castello di Spilimbergo, che Giuseppe Fiocco nel 1939 aveva riferito al giovane Giovanni Antonio Pordenone, che si può far iniziare la riemersione della effettiva statura storica dell’artista. Con quest’opera, rimarchevole per l’ampiezza della superficie interessata, la complessità del programma iconografico realizzato e la maturità spaziale esibita nella resa prospettica degli scorci, il pittore si rivela all’altezza delle lodi tributategli durante la sua vita. La sua prima opera datata in Friuli è la Madonna col Bambino e angeli nella lunetta sul portale della chiesa parrocchiale di Bagnara: la data 1463 si legge sull’architrave al di sotto della pittura. L’affresco rivela chiari legami con la tradizione tardogotica, ma manifesta la tipica maniera dell’artista segnata dal suo talento grafico e da un senso della forma derivato dalla feconda fucina padovana (Squarcione, Mantegna). Il prestigio dell’artista poco più che trentenne doveva essere già ben consolidato: nel 1470 gli venne infatti commissionata la decorazione della cassa e delle portelle dell’organo del duomo di Udine (lavoro perduto) e pochi anni dopo (1476) per il luogotenente veneto Iacopo Morosini eseguì il grande telero con la Crocifissione e santi per la sala del consiglio del palazzo comunale della città (oggi nei Civici musei di Udine). All’anno successivo (1477) si data l’affresco con la Madonna col Bambino (staccato da casa Zoccoletti) conservato nella chiesa abbaziale di Oderzo, mentre nel 1480 firmò e datò il polittico della chiesa di S. Floriano a Forni di Sopra e nell’anno successivo (1481) eseguì l’affresco con San Vincenzo Ferreri nella chiesa di S. Lorenzo a San Vito al Tagliamento. Nella stessa chiesa (sulla quale esercitavano il giuspatronato gli Altan) sono riemerse tracce di affreschi (Angelo nunziante, stemmi Altan) che possono riferirsi all’artista. Sempre all’inizio degli anni Ottanta del Quattrocento dovrebbe riferirsi l’affresco con San Bernardino da Siena ritrovato a Brugnera nella chiesa cimiteriale e restaurato nel 1989. Tra il 1479 e il 1485 è documentata la sua attività nel duomo di Spilimbergo per il quale decorò la cassa e le portelle dell’organo ed eseguì altre opere, tutte perdute. In quegli anni (forse nel 1486-87, e comunque non oltre il 1490) vennero eseguiti anche gli affreschi esterni del castello a ricordo del fastoso matrimonio tra Alvise di Spilimbergo e Leonarda Altan di Salvarolo, completati da interventi in alcune zone interne (attuale ala D’Andrea, dove compare la data 1487). Somiglianze con il raffinato finto pergolato ad intrecci fitomorfi realizzato sulla facciata del castello di Spilimbergo si ravvisano nella più semplice decorazione esterna di un edificio appartenuto agli Altan nella piazza principale di San Vito (recentemente restaurato). Il B. con i suoi collaboratori eseguì anche la decorazione di due saloni e una sala nel cosiddetto castello, abitato nel XV secolo dagli Altan, nel piccolo centro friulano. Benché gli affreschi siano ancora in fase di restauro (2009) la loro scoperta conferma il solido ancoraggio della cultura dell’artista all’ambito veneto-padovano, come rivelato dalla scelta delle raffinate ghirlande collegate a motivi araldici e dai medaglioni con ritratti di uomini illustri a mezzo busto. Le opere eseguite per la basilica patriarcale di Aquileia (due ancone tra il 1483 e il 1484) sono perdute, così come non resta traccia della attività svolta per il duomo di Pordenone (decorazione del monumento funebre di Salomé Raunach, moglie del capitano cesareo di Pordenone), che stimolò l’elogio del Cimbriaco. A seguito di recenti scoperte (2001-02) Paolo Casadio ha proposto di riferire al B. parte degli affreschi eseguiti, verso la fine degli anni Ottanta insieme ad altro anonimo artista, nella antica cappella degli Arcoloniani nel duomo di Udine con Storie di Sant’Eustachio. Al pittore è stato attribuito il comparto con Sant’Eustachio a cavallo con i figli contro un ampio paesaggio che ritrae l’intera città di Udine, circondata dalle mura e vegliata dal castello medievale, distrutto dal terremoto del 1511. Dinanzi a risultati tanto maturi raggiunti nella decorazione a fresco solo il condizionamento della committenza sull’artista può spiegare come il trittico con la Madonna col Bambino e i Santi Pietro e Paolo del duomo di San Vito al Tagliamento, firmato e datato 1488, riproponga una spazialità e una concezione della forma singolarmente arcaizzanti ad una data tanto avanzata. La complessità del corpus bellunelliano e le innegabili oscillazioni qualitative in esso presenti presuppongono la presenza di collaboratori accanto al maestro (i documenti tramandano i nomi di Giorgio del Beccaio di Belluno e Francesco di Pordenone). Fanno parte del corpus delle opere del Bellunello l’affresco con la Madonna col Bambino e i Santi Rocco e Sebastiano e Angeli nella chiesetta campestre dei SS. Filippo e Giacomo ad Arzenutto (presso San Martino al Tagliamento) e gli affreschi della chiesa parrocchiale di Savorgnano di San Vito (Madonna col Bambino, Santi Rocco, Sebastiano, Biagio), staccati dalla vecchia chiesa parrocchiale distrutta nel secolo XIX e collocati come pale d’altare negli altari neogotici dell’attuale edificio. A un suo stretto seguace vanno attribuiti gli affreschi raffiguranti Santa Lucia e San Gottardo nella vicina chiesa di S. Stefano a Gleris. I recenti restauri (2004-05) nella chiesa parrocchiale di S. Martino a Prodolone consentono di riferirgli una Trinità sulla parete sud oltre all’evanescente Madonna col Bambino dipinta all’esterno e mutilata da lavori eseguiti nei secoli scorsi sulle murature. Sempre a Prodolone nella chiesa di S. Maria delle Grazie è di sua mano l’affresco con la Madonna della Misericordia sulla parete nord dell’aula, ampliato nel XVI secolo con fastosa cornice e in parte mutilato. Grazie a foto d’epoca, risalenti all’inizio del secolo scorso, è possibile riferirgli l’esecuzione di un grande San Cristoforo dipinto all’esterno della chiesa di Ognissanti a Bagnarola presso Sesto al Reghena e distrutto nei lavori di ampliamento e trasformazione della chiesa all’inizio del Novecento. Al B. è stato attribuito il disegno di due piccole vetrate provenienti dalla Casa della fraterna di S. Maria di Castello e oggi nei Civici musei di Udine. Come ha precisato Gianpaolo Trevisan le vetrate vennero eseguite nel 1472 da «Clemente fenestrar». Al maestro sono state attribuite anche opere destinate alla devozione privata, come la Madonna col Bambino della Galleria d’arte di Spalato resa nota da Italo Furlan nel 1978, una Madonna col Bambino già in collezione privata londinese e la tavola con Madonna col Bambino già nella collezione Achillito Chiesa di New York, pubblicate recentemente (2003) da Giorgio Fossaluzza. Grazie alle ricerche di Mauro Lucco, che ha pubblicato la scultura (Madonna col Bambino) firmata e datata 1481 eseguita per S. Maria Nova in borgo Tiera a Belluno, è possibile anche abbozzare la sua attività di intagliatore con significative ripercussioni nel ricco panorama della scultura lignea friulana dominata dall’attività dei componenti della famiglia Mioni. Gli studi recenti ampliano il ridotto corpus plastico dell’artista con il San Paolo di collezione privata (già nella chiesa di S. Maria Nova in borgo Tiera di Belluno), la Madonna Rusconi del Civico museo di Pordenone, il trittico della chiesa parrocchiale di Bagnara oggi al Museo Correr di Venezia e con il problematico trittico con Madonna della Misericordia e sante già nella chiesa di S. Petronilla e oggi nella parrocchiale di Savorgnano di San Vito.
ChiudiBibliografia
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