Nacque a Venezia il 6 luglio 1820. Compiuti gli studi nel locale seminario, fu ordinato sacerdote il 5 febbraio 1843. Laureatosi in teologia e diritto canonico, fu presto incaricato dell’insegnamento nel medesimo seminario. Cultore di studi classici eruditi e storici, passò la giovinezza nella locale curia patriarcale con uffici sempre più elevati. Fu docente nel seminario, teologo diocesano al concilio provinciale veneto del 1839, segretario del sinodo diocesano tenuto dal cardinale Giuseppe L. Trevisanato nel 1865, quindi suo teologo al Concilio Vaticano I, ove coprì l’ufficio di segretario nelle adunanze dell’episcopato veneto, lombardo e degli antichi Stati sardi. Espresse la sua attività più importante fondando il 6 marzo 1867, e dirigendo, il periodico «Il Veneto cattolico». Vi profuse le sue doti di tenace e vivace polemista. Il periodico esprimeva uno degli ambienti cattolici italiani più intransigenti nei confronti dei principi liberali e della legislazione ecclesiastica dello Stato risorgimentale e unitario, anche nei confronti dei tentativi di conciliazione dei cattolici liberali. Organizzatasi nel 1874 l’«intransigente» Opera dei congressi cattolici, B. la sostenne vigorosamente, svolgendo una vasta attività di diffusione e di propaganda: fu assistente ecclesiastico del comitato diocesano dell’Opera e nel 1875 divenne vicepresidente del comitato permanente. Il suo scritto più importante, che conclude e corona questa sua fase esistenziale, è l’Enchiridion parochorum seu institutiones theologiae pastoralis (Venetiis, 1877). Eletto vescovo di Adria nel 1878, B. contribuì a stabilirvi l’Opera dei congressi. ... leggi Durante poco più di un anno di attività, si dedicò soprattutto a migliorare l’istruzione del clero e a fondare opere di assistenza spirituale e materiale. Nel 1879 fu trasferito alla diocesi di Mantova. Qui la sua attività pastorale si esplicò in una serie di iniziative per una graduale opera di restaurazione dei valori religiosi come degli istituti ecclesiastici in crisi: riaprì il seminario, promosse le organizzazioni religiose, fondò il comitato diocesano dell’Opera dei congressi e denunciò ripetutamente lo sfruttamento dei contadini. Preconizzato arcivescovo di Udine nel concistoro del primo novembre 1884, B. prese possesso della nuova arcidiocesi il 21 aprile del 1885, avendo come vicario generale mons. Antonio Feruglio fino al novembre del 1887, quindi mons. Francesco Isola. B., che era stato uno dei pionieri dell’Azione cattolica nel Veneto, contribuendo ad indicare alla Santa Sede candidati intransigenti per le diocesi venete, succedeva al defunto Andrea Casasola, che aveva avuto il merito di aver dato inizio a una qualche attività culturale e sociale nell’arcidiocesi di Udine. B. ne condivideva e continuava la spinta organizzativa, decisamente inserita nelle tendenze programmatiche venete. La situazione diocesana, a partire dalla seconda metà del secolo, presentava, infatti, un allarmante cedimento della religiosità tradizionale friulana, fenomeno quasi improvviso, soprattutto dopo il 1860, fenomeno che coinvolgeva in particolare la nobiltà e la borghesia. Nel maggio 1871 era stata promossa l’Azione cattolica friulana per conservare e promuovere il sentire cattolico in città e nella diocesi. Il Casasola aveva chiamato il prete veneziano Giovanni Dal Negro, investendolo di grandi attese e di responsabilità quale animatore culturale. Già promotore del movimento cattolico a Venezia, il Dal Negro nel 1875 aveva istituito a Udine con finalità ricreativo-educative il Patronato dei figli del popolo e il convitto Giovanni da Udine; nel 1878 aveva dato inizio al primo quotidiano cattolico, «Il Cittadino italiano», dal programma intransigente. B. poté esprimere la sua attività pastorale dal 1885 al 1892, e lo fece in cordiale adesione con la linea di Leone XIII, costante nel divulgarne le encicliche, in particolare la Rerum novarum del 15 maggio 1891, encicliche che forniscono altrettante risposte alla pervasiva cultura anticristiana, miranti alla costituzione cristiana di stato e società, richiamando i cattolici alla coerenza nel privato, nel sociale, come nel partecipare alle elezioni amministrative. Le costanti attenzioni di B. erano duplici e convergenti: da un lato, sul versante più propriamente etico e culturale, si batté contro il divorzio e contro la precedenza del matrimonio civile su quello ecclesiastico; su quello civile e culturale si propose di rianimare le locali organizzazioni cattoliche, in particolare la sezione diocesana dell’Opera dei congressi. I risultati cominciarono, però, a manifestarsi solo dopo la sua invalidante infermità, a partire dal 1895. Nella circolare del 21 aprile 1886, mentre riconosceva che l’arcidiocesi di Udine al tempo del predecessore Andrea Casasola era stata fra le prime ad istituire il comitato diocesano e quelli parrocchiali, constatava che questi non erano più tanto vitali. Il movimento cattolico a Udine manifestava, infatti, un’eclissi a livello nazionale e interregionale: la diocesi non fu rappresentata in alcuno dei sei congressi nazionali (dal 1883 al 1894) e neppure nei quattro del Veneto (1880, 1885, 1889, 1893). I dirigenti dell’Opera dei congressi, tra il 1879 e il 1894, esprimevano giudizio negativo sull’attività del comitato diocesano: nella diocesi, pur essendo presenti tutte le attività ed espressioni raccomandate dall’Opera dei congressi, mancavano ancora in quell’anno sia il comitato centrale sia quelli parrocchiali. All’attuazione del progetto agì da stimolo il passaggio della presidenza e della sede dell’Opera dei congressi da Bologna a Venezia: investendo il Veneto di fervore organizzativo, mise in stridente evidenza la desolante realtà cattolica friulana. Già nella sua prima lettera pastorale del 25 aprile 1885 traspare, insieme ai tratti del suo animo sensibile e pienamente dedito, quella che sarebbe stata la linea programmatica del suo episcopato, tesa a promuovere una rinnovata civiltà cristiana minacciata dal montante anticattolicesimo. Chiamò a raccolta il clero («i parroci sono miei alleati nella lotta, come confratelli e collaboratori nel vigilare sulla sincerità della fede e nel difenderla dalle insidie e dagli assalti dei nemici») e si preoccupò di rinvigorire il laicato («rivolgerò […] ogni sforzo per respingere, se mai ove che sia si annidasse, ogni fede paurosa da questa preclara ed amplissima Chiesa di Udine»); sollecitò affinché «abbia ciascuna Parrocchia quella Associazione, che si appella Comitato Parrocchiale, la quale subordinata a mo’ di figlia al Comitato Diocesano, e per mezzo di questo soggetta in tutto all’arcivescovo, porti il suo contributo a rappresentare in unione cogli altri Comitati Parrocchiali le forze militanti di tutta l’Arcidiocesi in aiuto e difesa della fede». Conforme alle indicazioni date nel 1884 da Leone XIII, spronò all’annessione da parte dei comitati della sezione “Giovani” e alla formazione dell’associazione femminile delle “Figlie di Maria”. Quanto al Seminario, ne lamentava la persistente scarsità di mezzi, la forte diminuzione del clero, per cui, in rapporto alla vistosa frammentazione delle vicarie parrocchiali, numerose erano le comunità prive del prete. Nel periodo 1880-1889 si constatò, infatti, il più basso indice di ordinazioni e nel contempo alti indici nella media di vita del clero. B. avrebbe avanzato reiterati appelli alla generosità in favore dell’Opera pia dei chierici poveri istituita dal Casasola. Il 25 maggio 1886 B. annunziò la visita pastorale a partire dal 27 giugno. L’intento era quello di fortificare la fede, di animare la speranza, di stimolare ai sacramenti, di incrementare la vita morale, di estirpare gli abusi. Intanto in Friuli si era diffusa un’altra epidemia di colera che interruppe i programmi e le attività ad ogni livello; sarebbe cessata a fine novembre. B. fu pronto a sollecitare questue per fronteggiare i ricorrenti disastri ambientali, nubifragi, incendi, siccità che diffondevano la miseria. E generose furono le risposte popolari; intanto la legge del 1887 aveva sancito l’abolizione delle decime che impoveriva il clero curato. Nella lettera del 12 agosto 1886 B. ricordava il “non expedit” papale alla partecipazione dei cattolici alle elezioni politiche. Allora l’autorità ecclesiastica, a fronte di tale diniego, incoraggiava i cattolici a partecipare alle amministrative. I cattolici udinesi, tra il 1878 e il 1894, parteciparono a quasi tutte le elezioni comunali. Nel 1890 per la prima volta fu eletto al consiglio comunale di Udine il “clericale” Vincenzo Casasola. Per contrastare i sentimenti antipapali, B., con l’episcopato italiano, promosse il 4 dicembre 1886 la preparazione spirituale e fattiva per i festeggiamenti del giubileo di Leone XIII del 1888. Anche per il giubileo episcopale del papa per il 1892, avrebbe invitato a partecipare al pellegrinaggio a Loreto, riscontrando una massiccia adesione. La visita pastorale, che aveva interrotta a causa anche di una malattia il 30 dicembre 1887, mentre era in pellegrinaggio verso Roma, venne riannunciata l’11 giugno 1888, suo aiutante mons. Pasquale Della Stua. Protrattasi ad intervalli nel 1889, nel 1890, nel 1891, la visita, l’unica da lui compiuta, si sarebbe conclusa nel 1892. Emanò il 23 maggio 1889 la circolare per il clero riguardante l’opportunità o meno che i parroci entrassero a far parte delle commissioni comunali promosse dall’autorità civile «per ottenere la regolarizzazione dei matrimonii Civili cogli Ecclesiastici». Il vescovo divulgò il 6 gennaio 1890 la circolare dei vescovi italiani contrari al disegno di legge sulle opere pie e sollecitò la raccolta di firme. L’ultima pastorale di B. è del 25 settembre 1892. Vi delineava il progetto per tradurre l’appello papale a riqualificare «la famiglia cristianamente costituita». Ricordava come prima del suo arrivo le parrocchie avessero inviato raccolte di firme contro la minaccia della legge del divorzio che – raggiungendo con quelle di tutta Italia quasi due milioni – nel 1881 e 1883 erano state presentate al parlamento dal consiglio direttivo dell’Opera dei congressi. Mentre inviava i moduli per una nuova raccolta, sollecitava a provvedere alla formazione dei fanciulli nella prospettiva della famiglia cristiana. Riconobbe che in Udine la Società operaia in aiuto dei parroci nella dottrina cristiana progettava la sezione “giovani o apprendisti”, e che per le giovani esistevano la pia unione delle “Signore di carità” e la pia associazione delle “Madri cristiane”. Dottrina e ricreazione erano i due aspetti educativi adatti per i figli del popolo, mentre per i giovani di più alta condizione sociale prospettava riunioni formative seguite da professori del Seminario. Quanto alle parrocchie periferiche chiedeva il concorso di laici per la raccolta e guida in chiesa dei fanciulli al catechismo del sacerdote. Elogiò il fatto che nei paesi dove intenso era il fenomeno dell’emigrazione, anche dei ragazzi, da novembre a tutta quaresima la dottrina fosse fatta con il sostegno dei laici. Propose di istituire i confratelli e consorelle della dottrina cristiana e perorò la nascita di associazioni di laici in aiuto del clero. Ma nell’arcidiocesi la dottrina sociale non aveva trovato tra il clero una pronta comprensione e adesione, benché la crisi economica del Friuli presentasse aspetti umani e sociali di notevole gravità. Si aggiungeva anche una ragione di carattere particolare, che getta luce sull’accusa fatta dall’ispettore dell’Opera dei congressi, mons. Iacopo Scotton, nei confronti di B., riconosciuto come il maggiore responsabile se i «Comitati diocesano e parrocchiale in Udine erano solo dei nomi vani» e non funzionavano secondo i desideri della presidenza dell’Opera. Il disinteresse di B. verso le strutture organizzative centrali e periferiche va ricercato nel perdurare della crisi finanziaria che, iniziata nel 1887 con il fallimento economico delle opere educativo-sociali di don Dal Negro, si protraeva ancora nel 1895, periodo in cui il vescovo non era più in grado di reggere l’arcidiocesi. Le sue opere, per prudente decisione di B., furono acquistate nel 1887 dalla Congregazione delle suore ancelle della carità. La generale mancanza di solidarietà e di comprensione nel clero dirigente di fronte al forte passivo nelle finanze della curia prostrò l’arcivescovo, mentre i riflessi negativi si riversarono sia sul Dal Negro sia sui suoi diretti collaboratori, che furono rimossi dalla gestione di tali opere. Il 28 luglio 1893 il vescovo fu colpito da necrosi parziale del cervello: l’infermità ne invalidò radicalmente le possibilità di pensiero e di attività. L’arcidiocesi fu amministrata dal vicario generale Francesco Isola. Il 12 luglio 1894 fu designato mons. Pietro Antivari quale ausiliare. Nonostante B., nel 1892, avesse espresso su di lui note negative, in conseguenza del suo coinvolgimento nel 1888 nell’affare Dal Negro, l’Antivari fu consacrato vescovo di Eudossiade ed ausiliare di Udine nella metropolitana il 25 novembre 1894. Giuseppe Ellero fece l’elogio funebre di B.: «sacerdote, professore, scrittore, giornalista, vescovo, [che] ha consumato la sua vita nella difesa della causa di Dio, ha lottato senza mai ritirarsi, ed è caduto quando doveva cadere»; che, quando venne a Udine, fosse già «stanco ed affranto», benché di indomita volontà e che «quella bella mente, trovandosi già esausta dinanzi ad un lavoro nuovo e poderoso, non poteva rivelarsi più che a scatti, a bagliori fuggevoli: capace di pensare ancora a belle opere a belle istituzioni, non reggea sempre sul punto di organizzarle». B. morì, senza lasciare sostanze, il 7 marzo 1896.
ChiudiBibliografia
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