Nacque a Trieste nel 1880, figlio di Ruggero e Giovanna Colognati. Compì gli studi secondari a Trieste e, ottenuta la maturità classica nel 1898, si iscrisse al Politecnico di Milano (1899) dove, nel 1904, conseguì il diploma di “architetto civile”, titolo che nel 1906 sarebbe stato parificato a quello che si otteneva nel ramo edile delle scuole politecniche austriache. Nel corso degli studi a Milano, durante l’estate compì scavi archeologici a Nesazio (Pola) e rilevò i monumenti paleocristiani e rinascimentali di Parenzo. Dopo il diploma e un viaggio di istruzione nell’Italia meridionale, entrò nello studio del padre Ruggero per compiere l’apprendistato che, dopo tre anni, risultò completato tanto che la denominazione dello studio mutò in «studio Ruggero e Arduino Berlam architetti» (1907). Tra le opere realizzate in collaborazione con il padre, Marco Pozzetto ne indica tre: la scala dei Giganti (1905-1907), il tempio israelitico (1906-1912) e il palazzo della RAS (1910-1914). A parere dello storico dell’architettura, «appartengono sicuramente agli edifici triestini che hanno qualificato l’architettura del periodo della dissoluzione dell’Impero asburgico e connotano ancora, decisamente, l’architettura del centro cittadino». Oltre agli edifici citati, la collaborazione con il padre proseguì anche nel municipio di Parenzo (1910) e nella villa Vianello a Trieste (1911). Piuttosto consistente anche l’attività svolta da entrambi a Udine e in Friuli dove realizzarono i due padiglioni per la Società protettrice dell’infanzia in via Manzoni (1907), villa Micoli Toscano (in via Carducci poi demolita, 1908), villa Peccol a Piovega di Gemona (1911, demolita a seguito del terremoto), palazzo Schiavi in via Savorgnana (1912), villa Rubazzer-Sandrini (1912) in via Carducci, quindi la ristrutturazione di villa Berlam a Braidamatta di Tricesimo e della villa (detta anche castello) Moretti a Tarcento, realizzata tra il 1915 e il 1917. Questo edificio era stato ideato nel 1904 dall’ingegnere torinese Enrico Vandone secondo uno «stile neogotico di tradizione piemontese» e trasformato dai B. secondo gli accenti di un medievalismo più incline a guardare alla tradizione toscana. ... leggi Allo scoppio della guerra, B. partì per Zurigo e venne dichiarato disertore dal tribunale militare di Graz (1916); quindi si recò a Bologna dove collaborò nel Comitato per gli irredenti. Tornato a Trieste nel 1918, il governatore militare generale Petitti di Roreto lo nominò commissario liquidatore della Union Baugesellschaft, la maggior impresa di costruzioni pubblica della città. A partire dal 1919 prese parte in qualità di consulente artistico del genio civile alla progettazione del Faro della Vittoria, edificato sulle fondamenta del vecchio forte austriaco Kressich. Il manufatto fu inaugurato soltanto nel 1927, a causa di numerosi problemi e ritardi causati dall’antagonismo contro l’ideatore del faro che riuscì a condurre a buon fine un iter molto tormentato. Nel 1925 B. progettò l’arredamento di due navi passeggeri, Vulcania e Saturnia, che egli realizzò applicando le riflessioni che aveva esposto in alcuni articoli dedicati al «ruolo dell’architetto nella compagine sociale», motivo che gli era valso la commissione da parte di Alberto Cosulich. Su incarico della società Aedes, progettò (con Carlo Polli) e realizzò il palazzo sulle rive di Trieste (1925-1928) che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto diventare il primo grattacielo a Trieste, ma fu modificato a causa delle molte eccezioni sollevate dalla Soprintendenza, tanto da suscitare una lettera di appoggio da parte di molti professionisti cittadini a difesa dell’architettura moderna. Negli anni Venti progettò, per conto della Società elettrica della Venezia Giulia, numerose centrali, tra le quali quella di trasformazione e smistamento di Opicina (1920) e, su incarico della Banca d’Italia (1921-1931), la sede di Trieste (con l’ing. Biagio Accolti Gil), della quale avrebbe assunto la reggenza nel 1931 (Pozzetto). Nel 1936 lo studio Berlam si trasferì definitivamente a Tricesimo. Numerosi gli incarichi da lui ricoperti, seguendo la tradizione di famiglia: componente del curatorio del Museo Revoltella (1921-1925), presidente del Circolo artistico di Trieste (1921-1927), vicepresidente della Società degli ingegneri e degli architetti di Trieste (1925) e presidente dell’ANIAI (1927-1928), membro della Commissione pubbliche costruzioni del comune di Trieste (1927-1932), della Commissione provinciale per le antichità e belle arti (1923-1930), commissario del Sindacato regionale architetti della Venezia Giulia (1930-1931) e poi membro del direttorio nazionale (1931). Piuttosto rilevante anche la sua attività come conferenziere e cultore di storia patria e architettura, fu autore di scritti pubblicati su «La Panarie», «Archeografo triestino», «L’Architettura italiana», «Atti e memorie della Società istriana di storia e arte», «Ingegneria», «Le Vie d’Italia», «Sul mare», «La Porta orientale». L’architetto morì a Tricesimo (Udine) nel 1946.
ChiudiBibliografia
Trieste, Civici musei di storia ed arte, archivio Berlam.
DAMIANI, Arte del Novecento I, 78-82; M. POZZETTO, Sui contributi di Ruggero e di Arduino Berlam nei lavori firmati da entrambi, «Archeografo triestino», s. IV, 61 [104 della raccolta] (1996), 175-202; C. LETTIS, Arduino Berlam 1880-1946: architetture, ibid., 203-233; M. POZZETTO, Giovanni Andrea Ruggero Arduino Berlam un secolo di architettura, Trieste, Editoriale Lloyd/MGS Press, 1999; ID., Ruggero Berlam, Arduino Berlam, in Arti a Udine, 345-348; Trieste 1872-1917. Guida all’architettura, a cura di F. ROVELLO, Trieste, MGS Press, 2007.
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