Le prime attestazioni dell’attività siderurgica dei Bertoli risalgono agli inizi dell’Ottocento, quando Rodolfo Barnaba B., nato nel 1774 a Mereto di Tomba (Udine), si trasferì a Paderno, dove divenne aiutante “brusefiâr” presso il casolare battiferro dei conti Florio. Sposatosi con Giuseppina Esposti, nel 1813 assunse in affitto semplice la conduzione della piccola «Fabbrica ad uso Battiferro», con annessa una porzione di abitazione con orto e, dal 1818, ulteriori pertinenze agricole. Nel 1837, in seguito alla morte di Rodolfo, la piccola officina venne affidata al primogenito Giovanni, che, poco incline al lavoro, venne messo ben presto alle strette dai Florio, preoccupati per l’andamento dei beni affidatigli.
Questi ultimi vennero riscattati, nel 1847, dal fratello minore Giuseppe, nato nel 1822, che aveva iniziato fin da giovane ad interessarsi al lavoro fabbrile. Nello stesso anno, Giuseppe sposò a Paderno la giovane Giuseppa Barbetti, dalla quale ebbe cinque figli: Giobatta, Filomena, Pietro, Rodolfo e Anna. Per quanto riguarda l’officina, nel 1866 vennero installati dei “forni a basso fuoco”, al fine di velocizzare un ciclo di produzione che in precedenza veniva eseguito quasi completamente a mano; mentre, pochi anni dopo, alla fucina a tre magli venne affiancato un forno di fusione per incrementare la produzione di barre di ferro fucinato da rottami. Erano gli anni immediatamente seguenti all’annessione al Regno d’Italia e l’officina B. conobbe la prima significativa espansione industriale, trasformandosi da laboratorio a conduzione prettamente familiare a vera e propria piccola industria, raggiungendo un aumento produttivo cospicuo che andava ad inserirsi in una più generale espansione dell’intero settore siderurgico friulano, testimoniato dalla creazione, nel 1882, della Società anonima delle Ferriere di Udine. Da alcune inchieste tardo ottocentesche si rileva come a fine secolo la «ferriera di proprietà del signor Bertoli Giuseppe […] fondata sulla ribollitura per la trasformazione dei rottami di ferro» raggiungeva una produzione complessiva di circa mezza tonnellata di ferro al giorno, con un numero di operai pari a diciotto unità. La forza motrice per il funzionamento dello stabilimento veniva fornita da cinque motori idraulici, mentre le operazioni di ribollitura e riscaldamento erano garantite da quattro forni muniti di relative macchine soffianti. ... leggi Nel 1896, morto Giuseppe B., l’azienda si divise in due distinti rami.
Il primo, sotto la guida del primogenito di Giuseppe, Giobatta detto Zaneto, che avviò un nuovo stabilimento a nord di quello originario, il secondo sotto la guida del quartogenito Rodolfo detto Ridolf, con sede presso l’ex molino-battiferro dei Florio. Giobatta, non molto ben visto dalla famiglia per il carattere troppo libertino, riuscì tuttavia a dare uno sviluppo marcato al suo ramo d’azienda, che nel 1931, alla data della sua morte, dopo aver ricevuto diversi premi e riconoscimenti in ambito regionale e nazionale, lasciò in eredità ai figli avuti dal secondo matrimonio. Non meno significativo il percorso seguito dall’altro ramo, che alla morte di Rodolfo passò ai figli, tra i quali va segnalato un certo Giuseppe, nominato nel 1931 commissario prefettizio e podestà di Tavagnacco. Quest’ultimo, nel 1937, assieme al fratello maggiore Rodolfo e ai fratelli minori Pietro e Guido, decise di ampliare lo stabilimento, impiantando un nuovo forno di fusione e una fabbrica di attrezzi di lavoro, soprattutto per l’agricoltura. Nel 1940, sotto la presidenza di Rodolfo iunior, l’azienda principale si trasformò in società per azioni, iniziando un nuovo ciclo produttivo. Sotto la sua guida e quella dei suoi successori (fra i quali si segnala l’ingegnere Rinaldo B.), essa conobbe una nuova fase di ampliamento e ammodernamento, avvenuta in contemporanea con i primi passi mossi da un’altra importante acciaieria del Novecento friulano, la Spa Ferriere ed acciaierie di Udine (SAFAU). Nei medesimi anni, lo stabilimento delle Officine Bertoli andò incontro ad una radicale trasformazione: furono costruite due nuove centrali elettriche, a Farla e a Torlano; eretti nuovi capannoni e rammodernati tutti gli impianti; incrementato l’intero ciclo produttivo; avviata una considerevole espansione dei mercati di smercio, con particolare attenzione all’esportazione verso l’estero. Durante gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, l’industria metallurgico-meccanica, nonostante alcuni anni di crisi, conobbe un’ulteriore marcata crescita, affermandosi come settore trainante dell’industria ed economia friulane. Tra le industrie udinesi di maggior vigore in questo periodo, figuravano proprio la SAFAU e le Officine Bertoli; queste ultime risultavano attive su di un vasto spazio commerciale di oltre mezzo milione di metri quadrati, dei quali circa ottantamila coperti. L’impianto, considerato all’epoca all’avanguardia, poteva contare, oltre che su strumentazioni moderne e su manodopera qualificata, anche su di una produzione elettrica cospicua, fondamentale in un periodo durante il quale l’approvvigionamento elettrico risultava talvolta complesso e dispendioso. La produzione comprendeva: carpenteria metallica, lavorazioni meccaniche di varie tipologie, forniture per il settore ferroviario, fusioni d’acciaio e ghisa, acciai speciali, oltre a produzioni varie per i settori automobilistico, elettrico, meccanico, e per le industrie estrattive, minerarie, cementifere e di costruzioni edili in genere. Nell’annuario dell’Associazione industriali per il 1965, sono segnalate le due diverse ditte: la Bertoli Giobatta fu Giuseppe di Rodolfo & Giuseppe Bertoli fu Giobatta Snc, con sede in via Molin Nuovo a Udine, fonderia finalizzata alla produzione dell’acciaio, alla lavorazione del ferro e della ghisa e alla laminazione, e la Spa Officine f.lli Bertoli fu Rodolfo, acciaieria e fonderia per la produzione e lavorazione di acciaio, ghisa e ferro, nonché azienda produttrice di forgiati e stampati in ferro e acciai comuni e speciali. Tra il 1964 e il 1971 vennero investiti oltre cinque miliardi di lire per l’ammodernamento dello stabilimento e l’espansione dei mercati, in senso sia produttivo (diversificazione dei prodotti) che geografico (ampliamento delle esportazioni). Vennero installati nuovi forni, rinnovati gli uffici e i laboratori, sistemati i terreni circostanti i capannoni, completate le opere di fognatura e asfaltatura, costruito un grande capannone per il deposito dei modelli in legno della fonderia e avviato il completo rinnovo degli impianti di laminazione, con relativa meccanizzazione. Tali investimenti portarono la società ad una produzione, per il 1972, pari a circa 100.000 tonnellate di acciaio, con un’esportazione di circa l’80 per cento dei prodotti in trentacinque diversi Paesi. Una fase di espansione che si arenò attorno alla fine degli anni Settanta del Novecento, quando iniziò una delle più profonde crisi del settore siderurgico, che colpì sia le Officine Bertoli che le sue dirette concorrenti. Per quanto riguarda in particolare le Bertoli, la situazione fortemente precaria dello stabilimento venne in parte tamponata dall’intervento del gruppo Danieli, che a partire dal 1983-1984 iniziò ad investire nel ciclo produttivo. Si giunse così al biennio 1988-1989, con la fusione fra le Officine Bertoli e l’acciaieria SAFAU, realizzata sotto la guida della Danieli & C. Officine Meccaniche Spa, attraverso un’operazione di acquisto e fusione che diede vita ad una terza società denominata Acciaierie Bertoli Safau (ABS).
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