Nacque a Portogruaro (Venezia) il 23 gennaio 1869. Si laureò in lettere nel 1892 con una tesi su L’energia nella storia all’Università di Padova, dove aveva seguito i corsi di Giovanni Marinelli. Insegnò geografia in vari Istituti tecnici, tra cui quelli di Bari e di Roma. Nel 1927, a cinquantotto anni, vinse la cattedra di geografia nell’Istituto superiore di Magistero di Messina. Fu quindi chiamato nel 1930 alla Facoltà di lettere dell’Università di Palermo dove rimase fino al 1940, quando lasciò l’insegnamento per limiti d’età. Si ritirò a Portogruaro, dove morì in tarda età, il 30 maggio 1959. La produzione scientifica di B. è caratterizzata da originali intuizioni che si tradussero in articoli e saggi pubblicati sulla «Rivista geografica italiana» e sul «Bollettino della Società geografica italiana». Le prime ricerche riguardarono soprattutto i fiumi di risorgiva del territorio veneto. Particolare interesse era già dedicato alle voci popolari e ai toponimi come interpretazione del territorio, come percezione storicamente definibile dello stesso. Anche nelle riflessioni su comuni e circoscrizioni amministrative vige la stessa attenzione: la “demo-corografia” coglie la vitalità organica delle organizzazioni politiche, i momenti storici che valorizzano le componenti fisiche del territorio. Il saggio Sul movimento dei Comuni. Comuni nuovi istituiti e Comuni soppressi. ... leggi Variazioni territoriali (1903) studia infatti «il continuo sforzo dell’uomo per assestarsi sulla terra che ne limita e costringe il movimento». B. si distinse per riflessioni sulla cartografia dove l’attenzione non si soffermava sul grado di precisione delle coordinate geografiche, ma sul senso e le motivazioni che ne avevano presieduto la costruzione. Nel saggio Sul carattere della letteratura geografica nell’età barbarica (1911) egli dimostra l’interesse per la storia della geografia e ancora l’attaccamento alla scuola di Giovanni Marinelli. Per quanto riguarda la produzione relativa al Friuli, nel 1903 B. pubblicò per l’Accademia di Udine l’Elemento corografico negli statuti, allegando un elenco di statuti friulani di cui illustrò disposizioni derivanti da particolarità corografiche. L’intuizione del Friuli come regione geografica completamente costituita «forse meglio di ogni parte d’Italia» è concetto elaborato in età risorgimentale già da Pacifico Valussi, da Giulio Andrea Pirona, da Giovanni Marinelli, e ripreso nella forma classica da Pier Silverio Leicht, che nel momento della fondazione della Società filologica friulana lo avrebbe ribadito con parole non dissimili da quelle di Olinto Marinelli (Micelli, 2008). Le “tracce toponomastiche” servono a B. per segnalare le profonde alterazioni non solo del litorale adriatico, ma per ribadire ovunque la storicità delle condizioni territoriali: le relazioni suolo-comunità accompagnano il mutare delle condizioni naturali e viceversa. In sostanza l’elemento corografico degli statuti è una spia della vita delle popolazioni, in quanto il momento geografico, una volta incluso nella legislazione, diventerebbe parte dell’esistenza dei cittadini, guida della loro condotta quotidiana. Questa “antropologia terrestre” è ribadita da B. nel 1905 quando su «In Alto», la prestigiosa rivista della Società alpina friulana, studia la caratteristica impronta toponomastica e storica della conoide-brughiera del Cellina. In questo caso, B. sostiene che nomi come “campagna” e “tese” o “tezze” (ricoveri per le bestie e fieno falciato) sarebbero risultato e prova di un fatto storico, un esempio quindi di “topo-politia” di memoria territoriale (Micelli 2008). Sempre nel 1908 su «In Alto» egli pubblicò Della antica divisione amministrativa della Patria del Friuli, commentando una raccolta di leggi per la Patria e la contadinanza del Friuli edite nel 1686. Prima di pubblicare la Carta politico-amministrativa, nel 1910 sul «Bollettino della Società geografica italiana» B. anticipò una nota dichiarativa (Per la Carta storica della Patria del Friuli al cadere della Repubblica Veneta), in cui illustrava i criteri secondo i quali intendeva costruirla. Diplomi, trattati, atti parlamentari sarebbero stati le basi di ogni descrizione delle regioni storiche, cioè di territori che trovano unità in quanto oggetto di leggi e diritto. Si tratta di comprendere complessi processi storici, di capire il lento mutare dei confini, delle ripartizioni ecclesiastiche e delle giurisdizioni. La cartografia storica diventò così documento da vagliare secondo i criteri di una storia amministrativa, di una storia di organizzazione oggettiva del territorio. Pier Silverio Leicht, nella premessa alla Carta politico-amministrativa della Patria del Friuli, ribadì questo concetto storico di territorio che B. esprimeva in termini cartografici come esperienza vissuta dell’ordinamento territoriale. La Carta politico amministrativa della Patria del Friuli al cadere della Repubblica veneta (1913) vuole infatti descrivere tre secoli di storia dal punto di vista di coloro che vissero all’interno del Friuli instaurando una relazione diretta tra regione naturale e regione storico-giuridica. In quest’opera B. fu assecondato dal gruppo di studiosi gravitanti attorno alla Società alpina friulana.
ChiudiBibliografia
R. ALMAGIÀ, Gian Ludovico Bertolini, «RGI», 66 (1959), 416-418 (con elenco degli scritti pubblicati sulla «RGI»); C. DELLA VALLE, Gian Ludovico Bertolini, «BSGI», 8 (1959), 474-476 (excursus bibliografico); F. MICELLI, Giovanni Marinelli e la scuola geografica friulana, «AAU», 88 (1995), 69-83; ID., La Patria del Friuli al cadere della Repubblica Veneta secondo Gian Ludovico Bertolini, «M&R», 27/2 (2008), 267-281.
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