La storia degli studi di P. B. a Bologna per la Patria del Friuli comincia con un rogito del notaio cancelliere Alessandro da Ceneda, il quale nel novembre 1393 registra una garanzia fatta da Pietro, fratello dello studente, alla propria moglie su un mulino fuori porta Grazzano di Udine: le spese sostenute per mantenere suo fratello all’Università gl’impedivano di riscattare alcuni oggetti d’argento di lei dati in pegno e poi venduti ad Antonio monetario da Firenze. I fratelli Bredi figli di Leonardo erano almeno tre, perché bisogna aggiungere anche Antonio nonché Pietro capitano a Udine fra il 1405 e il 1408. In tale veste il 5 gennaio 1405 nel consiglio della comunità udinese P. B. insieme con parecchi cittadini chiedeva che si affidasse ad Andrea Monticoli e a ser Nicolino, che stavano per partire per la curia romana, di raccomandare colà il concittadino P. B. Forse la vicenda si connette con l’ulteriore mossa di Pietro, il quale il 13 marzo 1405 dichiarava che a Roma il prete Candido da Cividale stava molestando il fratello P. Questo, che era stato segnalato a Udine nel 1390 come testimone a una procura nella persona di Francesco da Ferrara licenziato in diritto canonico, ricomparve in Friuli nel 1412 con il titolo di “dominus”. Il 15 settembre 1413 insieme con Pietro e Nicolò Bredi risultava implicato in un’accusa del prete Giacomo Ronconi che si era espresso in forma ingiuriosa contro i tributi imposti dalla comunità, secondo quanto veniva registrato in un atto del 28 aprile dell’anno precedente. Alla fine i deputati del consiglio udinese dichiaravano i Bredi estranei al fatto. P., come canonico di Aquileia, rappresentò il suo capitolo in alcune sedute del parlamento fra l’aprile 1414 e l’aprile 1415. In questa veste era indicato come licenziato in diritto canonico, mentre in documenti notarili contemporanei era “decretorum doctor”. Dal 16 marzo 1416 P. B. sembra scomparire dal Friuli probabilmente per la sua partecipazione, al seguito del papa Gregorio XII, al concilio di Costanza, dove il 5 febbraio 1417 fu nominato uditore generale della camera. ... leggi Della sua attività successiva si sa che ricevette la prebenda della pieve di Ragogna, per la quale nel 1429 suo fratello Pietro, come suo procuratore, contendeva decime e quartesi ad Antonio di Toppo. Una procura datata Udine 19 gennaio 1422, accostando P. a Capo della Torre, accomunandolo a lui col titolo di dottore di decreti e definendolo cappellano del papa, creava entrambi procuratori del canonico di Santo Stefano di Aquileia Francesco di Antonio da Clauiano per la rinuncia al papa della prebenda e del canonicato fino a quel punto goduto, in cambio dell’officiatura nella cappella di S. Paolo nella cattedrale aquileiese. Evidentemente nella città d’origine era ben presente la funzione di P. nella camera apostolica e di conseguenza la possibilità di ricorrere alle sue prestazioni. Se suo fratello Pietro si era indebitato per farlo studiare, egli nel corso della sua carriera per certo s’impegnò a riorganizzare le finanze, tanto che alla sua morte risultavano depositati al Monte di Firenze 2030 ducati, come registra il testamento da lui dettato nel luglio 1436 a Bologna nella chiesa di S. Petronio al cappellano papale suo confessore Arnoldo Guglielmi da Limone. Il reddito inalienabile di tale somma era destinato al fratello Pietro, in morte del quale due terzi sarebbero andati alla nipote Anna maritata a Nicolò Bevilaqua e il resto al nipote Leonardo. Il tenore del documento non lascia dubbi circa il legame di P. con i domenicani del convento udinese, ai quali lasciava mille ducati per celebrare messe perpetue nell’anniversario della sua morte; in particolare alla cappella della Santa Croce della chiesa di S. Pietro Martire annessa allo stesso convento legava un messale. Non era questo l’unico libro elencato nel testamento: c’erano un altro messale nuovo, un Decretum in due volumi «sine tabulis», un Sesto «valde tritum», le Clementine, le Decisiones rote incomplete e altre opere non precisate. La parte curiosa del lascito è quella riservata al suo servo Corrado: il suo breviario, il Sesto delle Decretali, le Clementine, e le Decisiones. Esecutori delle sue ultime volontà erano stati nominati il cardinale Francesco Condulmer e l’arcidiacono Nicolò da Forlì, i quali impegnarono come procuratori a Firenze Cosimo e Lorenzo de Medici per riscuotere in quella città gl’interessi sul capitale. Del resto i Medici negli anni attraverso Alemanno avevano coltivato vari interessi in Friuli e forse i Bredi vi erano stati coinvolti.
ChiudiBibliografia
BCU, CA, Annales civitatis Utini, XVI, f. 31v, 41v; XVIII, f. 524v; ACU, Perg., V, 37 (1422.01.19, not. Pietrobono Giuseppi).
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