Nacque a Fauglis (Udine) il 4 agosto 1774 da un’umile famiglia di artigiani e fin da piccolo si fece notare per l’acuta intelligenza, tanto che l’abate Giuseppe Berini lo avviò agli studi. B. compì i suoi studi superiori a Udine e successivamente, per merito, fu invitato a Venezia dove ebbe modo di perfezionare le materie, soprattutto del settore scientifico, per le quali era naturalmente portato e che lo appassionavano. In seminario venivano impartite nozioni accurate di botanica ed agraria affinché gli studenti, divenuti sacerdoti, potessero essere d’aiuto con consigli pratici ai contadini, con l’obiettivo di migliorare le loro condizioni economiche. Pochi mesi dopo la caduta della Serenissima, il 14 gennaio 1798 fu ordinato sacerdote a Gorizia. Divenne cappellano di Vermegliano, un paesino presso Ronchi dei Legionari. Noto per le sue competenze in ambito scientifico, insegnò presso il Ginnasio di Monfalcone dove altri naturalisti sono stati apprezzati docenti: Giuseppe Berini, Alessandro Stagni, Domenico Scocchi e Francesco Cosani, ed ivi si distinse per le sue doti di insegnante di fisica, scienze naturali e grammatica latina. Tra i manoscritti di B., si trova uno studio preliminare con termini paralleli in latino, italiano, tedesco e lingua slava, riferiti ad ogni animale. Questi lavori avrebbero dovuto rendere più agile l’approccio agli studenti delle scienze naturali. L’istituzione scolastica ebbe però vita breve: fu difatti soppressa dall’Austria che vedeva, in questi insegnanti di vedute assai avanzate per l’epoca, abituati ad intrattenere contatti con i maggiori studiosi europei, dei fautori di idee libertarie e antiaustriache. ... leggi B. fu a lungo osteggiato tanto da spingerlo ad un soggiorno, probabilmente forzato, in Istria. Rientrato nei luoghi natali, che sarebbero divenuti negli anni l’oggetto principale di tanti appassionati e precisi studi, divenne cappellano a Staranzano. Rimase però a vivere in una casa che possedeva nel borgo ronchese di San Vito e a Vermegliano dove, tra l’altro, creò un suo orto botanico che sarebbe stato visitato da prestigiosi studiosi italiani e stranieri. Manteneva contatti con studiosi prestigiosi dell’epoca, testimoniati anche da un interessantissimo epistolario con lettere del chimico francese Gay Lussac, del malacologo Buillet, del celebre botanico Antonio Bertoloni di Bologna, del botanico triestino Bartolomeo Biasoletto, del filologo abate Iacopo Pirona autore del vocabolario friulano, che si era avvalso di B. per tradurre esattamente in italiano nomi di piante ed animali del Friuli, del botanico Francesco Comelli e della poetessa friulana Caterina Percoto, che gli rendeva visita a Ronchi dei Legionari. L’abate Pirona aveva grande stima di B. tanto che il 29 luglio 1851 gli scriveva a proposito degli studiosi di scienze naturali: «Tolta lei ed il valente botanico Comelli amico nostro comune, chi resta? Ho un po’ di speranza per mio nipote [Giulio Andrea] e basta…» (BCUd, Principale, 1504). B. sarebbe diventato per Giulio Andrea Pirona un punto di riferimento: ne sono testimonianza undici lettere scritte negli anni 1852-1854, alla fine della lunga vita del naturalista monfalconese che gli aveva messo a disposizione il suo catalogo delle piante friulane. Raccogliendo specie per il suo erbario, il Pirona trovò alcune specie che non erano state indicate da B. nel sue elenco e gliele sottopose per un riscontro. I due studiosi erano accomunati anche dall’interesse verso la malacologia, anche se l’approccio sistematico era diverso: B. faceva riferimento alla sistematica della scuola francese di Michaud, il Pirona si basò invece sulla nomenclatura del Pfeiffer. L’interesse di B. per la malacologia era nato dalla constatazione che nel monfalconese esistevano specie non ancora descritte. Un suo corrispondente francese, come lui stesso precisa nel suo Catalogo sistematico delle conchiglie terrestri e fluviatili osservate nel Territorio di Monfalcone (Gorizia, 1938), lo pregò di inviargli «conservati nello spirito di vino», una raccolta di conchiglie della zona in cui risiedeva. Non soddisfatto della lentezza con cui lo studioso francese esaminava i materiali, si decise ad esaminarli personalmente, avendo già maturato una certa competenza in materia, grazie all’ampia letteratura messa a disposizione da Giuseppe Cernazai e da Giovanni Battista Kohen. L’elenco completo delle specie studiate da B. comprende novanta taxa. Particolarmente interessante è l’approccio etologico e non solo sistematico che B. adottò nello studio dei molluschi. Allevando esemplari di Emmericia patula, una specie di chioccioline acquatiche, verificò che non solo le chiocciole erano in grado di vedere e sentire, ma anche di emettere suoni: «di notte li sentii chiamarsi a vicenda con un certo ‘ti ti ti’ in cadenza, direi quasi, armonica». Le sue ricerche furono apprezzate da altri malacologi, tra i quali Giovanni de’ Brignoli e Bartolomeo Biasoletto che diffuse l’opera di B. negli ambienti scientifici. Più recente è la segnalazione di un altro interesse di B., quello letterario. Silvio Domini scoprì, nel riordino di un archivio notarile, un fascicoletto di tre sole pagine legate da un cordoncino bicolore e con la dicitura «Manoscritti di Leonardo Brumati del 1837 e da me posseduti – Giuseppe Cosolo». Contengono tre composizioni poetiche autografe e, secondo Domini, la grafia è quella inconfondibile di B. Le tre composizioni, di un certo pregio, consistono in un sonetto, A Lùzia e Bepi Cosul, scritto per le nozze di Giuseppe Consolo ed Elisabetta Vio, avvenute nel 1789; la composizione Morosi, non databile con precisione, che comunque sta nell’intervallo tra il 1798 e il 1837; una terza, intitolata umoristicamente Mussa vernacola, che affronta un argomento serio: l’autore si scaglia contro i ricchi possidenti che avevano tentato, senza alcun successo, e contro il suo parere, la coltivazione del riso cinese, provocando la rovina di molte persone di San Canziano e Staranzano ed estendendo le zone malsane a ridosso dei paesi. La poesia è certamente scritta nel 1837. L’abate era uno stimato esperto di lavori agricoli, prodigava consigli e diffondeva tecniche a tutti i contadini del monfalconese. In tali ruoli collaborò al «Calendario della Società agraria di Gorizia». Per l’anno bisestile 1852 curò (anche se appaiono anonimi alle pagine 53 e 54) ottanta “detti sentenziosi”, proverbi e pronostici in uso fra i contadini del monfalconese, a dimostrazione del grande interesse che B. nutriva per la vita dei contadini, la loro opera e il loro linguaggio. Il suo erbario e la sua ricca collezione malacologica sono andati dispersi; presso la Biblioteca civica udinese sono conservati diversi manoscritti ed una preziosa raccolta di lettere dei suoi corrispondenti. Morì a Ronchi dei Legionari nel 1855.
ChiudiBibliografia
Mss BCU, Principale, 1504.
L. BRUMATI, Catalogo sistematico delle conchiglie terrestri e fluviatili del territorio di Monfalcone, Gorizia, Paternolli, 1938; C. BORTOLOTTI, Naturalisti friulani. L’abate Leonardo Brumati, Udine, Doretti, 1925; S. DOMINI, Leonardo Brumati 1774-1855 […], Recensione, «Sot la nape», 16/3-4 (1964), 64; G.B. DE GASPERI, Sopra un manoscritto dell’abate L. Brumati, «Bollettino della civica biblioteca e del museo», 3/3-4 (1909), 76-78; F. TAMBURLINI, «In ogni tempo ed in ogni luogo i veri sapienti sono stati sempre seccati da quelli che avevano volontà di imparare». La figura di Giulio Andrea Pirona dagli epistolari della Biblioteca Comunale, in Giulio Andrea Pirona, 59-74; M. M. GIOVANNELLI, Giulio Andrea Pirona zoologo, ibid., 113-140.
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