Figlio del notaio Giovanni, nacque a Porcia nel 1521 o 1522. Lasciato il paese verso il 1535 per dedicarsi agli studi, «peregrinando, solamente per acquistar virtù e farmi amico de’ virtuosi», si laureò in medicina all’Università di Padova. Nel 1545 aderì alle idee della Riforma partecipando ad un gruppo veneziano di «spirituali», in cui conobbe Paolo Crivelli, Ludovico Domenichi, Malatesta Fiordiano e gli esponenti più in vista del movimento riformatore, in particolare il vescovo Pier Paolo Vergerio. Con la data del 1548 pubblicò le Lettere presso l’editore Andrea Arrivabene, aderente alla Riforma, amico del Vergerio, di Francesco Stella e di pre Lucio Paolo Rosello, parroco a Maron di Brugnera, cui l’editore inviò il libro la vigilia di Natale del 1547. L’opera era dedicata a Renata di Francia, duchessa di Ferrara e protettrice di filoprotestanti, si inseriva nel filone allora in voga delle Lettere volgari e comprendeva una rosa abbastanza ampia di argomenti. Una porzione alta dei testi, circa un terzo, toccava questioni religiose e anzi manifestava l’adesione alla Riforma da parte del B., che ne parlava rivolgendosi a Giuseppe Betussi, Alessandro Citolini, Gaspara Stampa, Leandro Zarotto, Ercole Ben ti voglio. Una delle lettere era rivolta anche al conte Antonio di Porcia. Le dottrine evangeliche espresse chiaramente nel libro riguardavano la predestinazione di eletti e reprobi, la giustificazione per sola fede, la salvezza nel beneficio di Cristo, l’importanza centrale della Bibbia, secondo le linee eclettiche della Riforma diffusa in Italia. ... leggi Un interlocutore privilegiato fu fra Sisto da Siena, con cui continuò una discussione sulla necessità o meno dell’eloquenza nella predicazione del vero vangelo: il B. sosteneva che l’eloquenza era inutile, anzi una «invenzione diabolica», perché era sufficiente la forza soprannaturale della semplice parola di Dio. Fra Sisto parlò del B. e di altri veneziani aderenti alla Riforma durante il processo inquisitoriale cui fu sottoposto dalla Congregazione del Sant’Ufficio a Roma nel 1552, ma il B. non ne ebbe alcuna conseguenza. Le altre notizie sulla vita del B. sono scarse: sposò Ginevra, figlia del conte Alessandro di Porcia ed ebbe tre figli (Orazio, Annibale e Achille). Secondo i repertori avrebbe scritto un libro di materie filosofiche e un dialogo della nobiltà. Fu medico stipendiato della comunità di Pordenone; in Pordenone morì nel 1587 e fu sepolto nella chiesa di S. Francesco. Le Lettere furono riedite nel 1597 a Venezia da Giorgio Angelieri come repertorio per il bello scrivere, con una dedicatoria diversa, ma il contenuto identico anche nelle caratteristiche tipografiche.
ChiudiBibliografia
Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede, Sanctum Officium, St. st., UV 12, f. 1r-15r (processo di fra Sisto).
O. BRUNETTO, Lettere, Venezia, Angelieri, 1597.
DBF, 123; DI MANZANO, Cenni, 44-45; LIRUTI, Notizie delle vite, IV, 353-354; MARCHETTI, Friuli, 948; Mille protagonisti, 86-87; A.J. SCHUTTE, The “Lettere volgari” and the Crisis of Evangelism in Italy, «Renaissance Quarterly», 28 (1975), 639-688; A. DEL COL, Note sull’eterodossia di fra Sisto da Siena: i suoi rapporti con Orazio Brunetto e un gruppo veneziano di spirituali, «Collectanea franciscana», 47 (1977), 27-64; ID., Eterodossia e cultura fra gli artigiani di Porcia nel secolo XVI, «Il Noncello», 46 (1978), 9-76; ID., Lucio Paolo Rosello e la vita religiosa veneziana verso la metà del secolo XVI, «Rivista di storia della Chiesa in Italia», 32 (1978), 422-459.
Nessun commento