Nacque ad Aquileia il 7 ottobre 1883. La sua vita si divise tra scuola austriaca e burocrazia italiana. Dopo aver studiato all’Università a Vienna, Innsbruck e Graz, ottenne l’abilitazione per l’insegnamento di latino, greco e storia antica nei licei, nonché di italiano e tedesco. Frequentò poi a Vienna un corso di perfezionamento di un anno in epigrafia latina. Dal 1908 al 1920 insegnò tedesco al Ginnasio comunale di Trieste dove, come egli amava raccontare, aveva classi anche di cinquanta allievi che interrogava tutti, ogni giorno. Nel 1920 venne chiamato da don Celso Costantini al Museo archeologico di Aquileia, di cui divenne direttore dal 1922. Conservò la carica fino al 1952, pur essendo nominato nel 1936 soprintendente alle opere di antichità e arte per il Friuli, la Venezia e l’Istria, con sede a Trieste e, dal 1939, trasferito a Padova. Nel 1929 fu insieme con Aristide Calderini uno dei fondatori dell’Associazione nazionale per Aquileia, della quale rimase segretario-tesoriere per oltre un trentennio. Essa, nel periodo migliore, gestì notevoli finanziamenti pubblici e privati e B. poté dar corso alle maggiori imprese di scavo del Novecento nella città antica (mura, porto, foro romano e molte altre). Nel 1930 l’Associazione diede avvio alla rivista «Aquileia Nostra» di cui B. fu membro del comitato di redazione fino alla sua scomparsa, avvenuta ad Aquileia il 30 dicembre 1976. Per i suoi meriti fu accolto tra i membri dell’Istituto archeologico germanico e di quello austriaco, dal 1956 al 1963 fu presidente della Deputazione di storia patria per il Friuli e nel 1965 divenne accademico dei Lincei. ... leggi La sua capacità di divulgatore, probabile eco della sua attività di insegnante presso le scuole superiori di Trieste, si ricava fin dalla sua prima Guida del 1929 che, per mole (322 pagine) e completezza, supera di molto quelle fino ad allora disponibili. Continuamente aggiornata nella lunga serie delle edizioni e ristampe successive (con traduzioni in tedesco, inglese e francese), essa comprese in seguito anche Grado. Egli svolse un’opera importante di informazione con l’innumerevole serie di interventi, talora aneddotici, talaltra anche pungenti, sui quotidiani e le riviste locali. Non fu precoce né prolifico nelle sue prime pubblicazioni scientifiche, che preparò durante il periodo di insegnamento: quando svolse però attività di scavo e di tutela, anche la mole delle sue pubblicazioni si ampliò di molto e da Aquileia si estese fino al Veneto e al Trentino. L’opera principale da lui pubblicata in vita – Gli scavi di Aquileia (1934) – rimase insuperata per oltre un cinquantennio. Da essa si ricava anche la sua fitta serie di rapporti epistolari con numerosi studiosi, in particolare dell’area mitteleuropea di lingua tedesca, da cui fu costantemente informato sulla natura e il valore dei reperti che egli stesso metteva in luce: ciò gli permise anche di far conoscere sempre più all’estero Aquileia e il suo patrimonio. Nell’ultima parte della sua vita si volse in maniera decisa verso l’archeologia cristiana, in seguito agli scavi condotti negli anni Quaranta in strutture ecclesiastiche (basilica del fondo Tullio ad Aquileia, basilica di Monastero ecc.) e grazie anche al sodalizio con Paolo Lino Zovatto, che ebbe come collega all’Istituto di archeologia dell’Università di Padova, dove insegnò archeologia delle Venezie dal 1946 e dove poi avrebbe lavorato come storica dell’arte anche la figlia, Dina Dalla Barba Brusin. Se i tempi non erano ancora maturi per una valorizzazione completa della parte medievale, ancor oggi carente, lo studio dell’archeologia cristiana sulle solide fondamenta austroungariche fu poi da lui trasmesso agli studiosi della giovane generazione. Fin dal 1908, al tempo del suo perfezionamento a Vienna, si occupò delle epigrafi di Aquileia e per tutta la vita si impegnò per redigere un nuovo e rinnovato corpus uscito postumo in tre volumi, dal 1991 al 1993, nel latino caro agli epigrafisti europei fino alla metà del Novecento. Altra opera importante, da lui sempre aggiornata, fu la redazione della pianta di Aquileia, argomento che era stato al centro degli interessi fin dall’epoca napoleonica e particolarmente sentito dagli archeologi attivi nel periodo austriaco. La situazione fino al 1953 è presentata nella pianta incisa su marmo allora affissa all’inizio della strada che porta alla piazza del Capitolo. Il suo sodalizio con Celso Costantini, che durò fino alla morte di questi, avvenuta nel 1958, lo mise in condizione di operare attivamente per progetti di ampio respiro. Tra questi lo spostamento della sede della Soprintendenza ad Aquileia, voluta da Mussolini fin dall’inizio del 1924, ma mai realizzata, e il ripristino del patriarcato di Aquileia (previsto a Udine nel 1923 e poi a Trieste dal 1928) parimenti utopistico. B. collaborò attivamente, per quanto poté, fin dal 1955 al progetto di una legge speciale per Aquileia, prima interessando l’onorevole Tiziano Tessitori, già membro della Costituente, poi anche l’onorevole Vittorio Marangone, vicepresidente della Commissione d’indagine sui beni culturali, istituita con legge 26 aprile 1964, n. 310. Per azione di questa, il 9 marzo del 1967 fu approvata la legge speciale per la salvaguardia e valorizzazione delle zone archeologiche di Aquileia e dell’antica via Romea, grazie alla quale furono intraprese opere di grande utilità per la cittadina moderna, come le fognature che attraversarono l’antico centro abitato e diedero occasione per nuovi scavi. Specialmente in questa circostanza, allorché B. era ormai avviato verso i novant’anni, si realizzava quell’imperativo che egli si era imposto nel lontano 1941: «si scava per il popolo e per le nuove generazioni». Tra i molti meriti di B., alcuni paiono oggi alla nostra sensibilità particolarmente degni di menzione. Tra questi la sua abilità nel farsi non solo attivo protagonista, ma anche amabile divulgatore di una scienza difficile come l’archeologia – ai suoi tempi attraversata da vivaci tensioni politiche e ideologiche –, quindi la capacità di coinvolgere enti e istituzioni a favore dell’attività di scavo e di puntare molto, anche con l’aiuto di collaboratori del museo da lui adeguatamente istruiti, sull’opera di studio e di pubblicazione degli scavi (oggi si direbbe anche di valorizzazione). Inoltre egli si pose come obiettivo imprescindibile di ampliare l’area visitabile, grazie anche a un’attenta opera di ricostruzione, dell’antica città. Si deve riconoscere ancor oggi che una larghissima parte dell’area monumentale di Aquileia visibile è quella da lui messa in luce tra gli anni Venti e i primi anni Cinquanta del Novecento.
ChiudiBibliografia
L’elenco delle quasi quattrocento pubblicazioni di G.B. Brusin si trova in S. STUCCHI, Giovanni Battista Brusin “l’Aquileiese” (Commemorazione tenuta all’Università di Udine il 3 dicembre 1977), Udine, Deputazione di storia patria per il Friuli/Accademia di scienze, lettere e arti di Udine/Rotary Club di Udine, 1978.
G.B. BRUSIN, Aquileia, Guida storico-artistica, Udine, Edizioni de La Panarie, 1929; ID., Gli scavi di Aquileia, Udine, Edizioni de La Panarie, 1934; ID., Nuovi monumenti sepolcrali di Aquileia, Venezia, Associazione nazionale per Aquileia, 1941; ID., La basilica del fondo Tullio ad Aquileia, Padova, Associazione nazionale per Aquileia, 1947; ID., Aquileia e Grado. Guida storico-artistica, Padova, Tip. Antoniana, 1956 (19712); G.B. BRUSIN - P.L. ZOVATTO, Monumenti paleocristiani di Aquileia e di Grado, Udine, Deputazione di storia patria per il Friuli, 1957; IID., Monumenti romani e cristiani di Iulia Concordia, Pordenone, Edizioni de Il Noncello per il Lions Club di Pordenone, 1960; G.B. BRUSIN, Inscriptiones Aquileiae, 1-3, Udine, AGF, 1991-1993.
A. CALDERINI, Giovanni Brusin, «Aquileia Nostra», 32-33 (1961-1962), 1-4; B. MARIN, In memoria di Tita Brusin, «Sot la nape», 29/4 (1976), 1-2; L. BURTULO - G. FOGOLARI, Ricordo di Giovanni Battista Brusin, «Aquileia Nostra», 48 (1977), 1-11; M. MIRABELLA ROBERTI, Giovanni Brusin (Commemorazione tenuta il 10 febbraio 1977 nella sala del consiglio comunale di Gorizia), «Studi Goriziani», 45 (1977), 5-13; L. BOSIO, G.B. Brusin, «Ce fastu?», 60/2 (1984), 197-198; L. ARGENTON, Ricordo di G. Brusin, «Aquileia Nostra», 40 (1989), 9-22; Atti della giornata di studio in onore di G.B. Brusin (Aquileia 20 dicembre 1987), a cura del GRUPPO ARCHEOLOGICO AQUILEIESE, Udine, stampato in proprio, 1990; V. SCRINARI, Operando con Tita Brusin, «AAAd», 40 (1993), 233-234.
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