Nacque a Dardago (Budoia) l’11 novembre 1870 da Domenico e Augusta Del Maschio, in una famiglia contadina. Dopo un’istruzione domestica ricevuta principalmente dal maestro e cappellano del paese don Pietro Bernardis, frequentò il seminario diocesano a Portogruaro, dimostrando una certa predilezione per lo studio della metafisica. Nel 1891 entrò nel noviziato della Provincia veneta della Compagnia di Gesù a Portorè (Fiume). Ordinato sacerdote nel 1902 a Gorizia, fu subito destinato come missionario in Albania, dove trascorse due anni nei villaggi delle montagne, a contatto con situazioni assai difficili e arretrate. In seguito, venne nominato insegnante nel Pontificio seminario albanese di Scutari, città dove i gesuiti, insieme con i francescani, avevano una lunga e robusta tradizione religiosa, culturale, didattica e tipografica; vi rimase fino al 1914, insegnando dapprima l’italiano, poi, impratichitosi della lingua con anni di tenace studio da autodidatta, l’albanese. Collaborò all’importante rivista Elçija, fondata dai gesuiti nel 1891, diventandone anche il direttore e attirandosi con ciò l’attenzione e la stima di patrioti e uomini di cultura albanesi. Si era in un periodo nel quale il Paese balcanico stava faticosamente cercando una propria dimensione storica, linguistica e letteraria e superando la divisione, se non il contrasto, tra le due principali varietà di lingua albanese, il ghego, parlato al nord, e il tosco, parlato invece al sud. Va poi ricordato che nel 1908, in seguito al congresso di Monastir, era stato finalmente unificato, anche se con notevole fatica, l’alfabeto nazionale, che presentava ora 36 grafemi di tipo latino (prima erano variamente utilizzati, accanto al latino, pure il greco e il turco); e proprio in quel frangente storico, più precisamente nel 1912-1913, l’Albania, fino ad allora sottomessa a Turchia, Serbia e Grecia, si era resa finalmente indipendente, pur attraversando un momento di notevole confusione e disordine istituzionale. ... leggi Il B. si rese conto dell’insufficienza per gli Italiani e per gli stessi Albanesi delle pur volonterose opere lessicografiche e grammaticali già esistenti (come le Regole grammaticali della lingua albanese e i due Vocabolari italiano-epirotico ed Epirotico-italiano di padre Francesco Rossi da Montalto Ligure, pubblicati tra il 1866 e il 1875, o gli Elementi grammaticali della lingua albanese del trentino Giacomo Jungg, del 1881), lacunose sia dal punto di vista linguistico che didattico. Lavorò così a un ponderoso e innovativo Vocabolario italiano-albanese (Scutari, Tipografia dell’Immacolata, 1911), di ben 1.148 pagine, attingendo soprattutto alla propria esperienza personale. Scrisse inoltre una Grammatichetta della lingua albanese ad uso dei principianti (Scutari, Tipografia dell’Immacolata, 1911), una Pratica e grammatica della lingua albanese con 158 esercizi ed un rispettivo vocabolarietto (Scutari, Shtypshkronja e Zojës s’Paperlyeme, 1914) e una Grammatica albanese, ispirata ai principi della neolinguistica (2a edizione, Scutari, Tipografia dell’Immacolata, 1933). Il vocabolario e i testi grammaticali furono un modello esemplare sia in Italia, sia in Albania, tanto da ricevere subito positive recensioni sulla «Civiltà cattolica» e da essere ancor oggi citati e apprezzati dagli studiosi di entrambi gli Stati. A Scutari il B. venne a contatto con un altro eminente albanologo, anch’egli friulano e gesuita, padre Fulvio Cordignano (Moggio Udinese, 1887-Roma, 1952), che insegnò nella città dal 1912 al 1916 e che sarà nei decenni successivi autore di importanti studi storici e antropologici sul Paese balcanico e di nuove imprese grammaticali e lessicografiche italo-albanesi. Nel 1915, con l’inizio della prima guerra mondiale che interessò anche l’Albania, B. fece definitivo ritorno in Italia, dove per trent’anni ebbe prestigiosi incarichi all’interno della Compagnia di Gesù, come insegnante a Brescia, a Milano e a Venezia, nonché come rettore della chiesa dei Gesuiti a Trento, senza mai perdere i contatti con i familiari e con il paese d’origine, Dardago, dove amava ogni tanto tornare. Negli ultimi anni della vita, seriamente ammalato, si ritirò nel noviziato di Lonigo, in provincia di Verona. Qui, dopo prolungate sofferenze, si spense a 77 anni il 31 gennaio 1948.
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