CANAL GIOVANNI BATTISTA

CANAL GIOVANNI BATTISTA (45 - 1825)

pittore

Nacque a Venezia il 1o settembre 1745 nella parrocchia di S. Aponal, figlio di Maria Soardi e di Fabio, pittore di figura seguace dei modelli tiepoleschi, cui dovette la sua prima formazione. Gli elenchi della Fraglia dei pittori a Venezia registrano il suo nome tra il 1768 e il 1780; da quest’ultima data egli risulta inoltre insegnante all’Accademia del Fonteghetto della farina, incarico che manterrà fino al 1807, anno di rifondazione dell’Istituto da parte del governo napoleonico. Al 1764 risale il ciclo di affreschi nella veneziana chiesa di S. Eufemia raffiguranti la gloria della santa titolare ed episodi della sua vita, opere che rappresentano gli esordi del giovane artista nel solco degli insegnamenti paterni suggestionati dai modelli già offerti da Giambattista Tiepolo nella chiesa dei Gesuati. Un manoscritto, redatto da Giannantonio Moschini, oggi presso il Seminario patriarcale di Venezia, pubblicato con molte imprecisioni da Daniele Ricciotti Bratti nel 1930 e successivamente rivisitato da Lina Padoan Urban (1969-1970), rende conto dell’infaticabile attività del pittore, impegnato nella realizzazione di pale d’altare, ma soprattutto di una serie cospicua di lavori ornamentali eseguiti da solo, ma più spesso in collaborazione con altri artisti a Venezia e nell’entroterra tra Padova, Treviso, Trieste, Udine, Rovigo, Vicenza e Ferrara. Tra le opere giovanili vale la pena di menzionare, dopo gli affreschi dell’oratorio dell’Ospizio delle Vecchie a San Giobbe (Venezia), quelli realizzati nella chiesa parrocchiale di Fonte (1776). A questi lavori fa seguito il soffitto ad affresco, oggi staccato, trasferito su tela e ricollocato finalmente nella sede originaria, raffigurante Il trionfo della Giustizia incoronata dalla Gloria ed altre allegorie nel salone di palazzo Grassi a Venezia, realizzato verosimilmente intorno al 1780. Dopo gli affreschi portati a compimento a palazzo Mocenigo a San Stae a Venezia (1790), lo stile di C. si sviluppa nel senso di una più consapevole acquisizione del linguaggio neoclassico, importato da Roma in ambito veneto da Pier Antonio Novelli in seguito al soggiorno da lui compiuto nell’Urbe (1779-1781). Ed è proprio con quest’ultimo artista che C. collaborò nella decorazione di palazzo Zigno a Padova (insieme a Paolo Guidolini) e, sempre nei primissimi anni Novanta del Settecento, con Lorenzo Sacchetti a palazzo Dotto-Da Rio (1794) e in alcune stanze di palazzo Maldura, restaurato da Selva nel 1796 (e oggi sede universitaria per le discipline letterarie), dove abbandonava i consueti moduli tardo barocchi in favore di una maggiore essenzialità dell’impianto figurativo, suggestionato dagli esempi forniti dalle stampe delle Antichità di Ercolano, ormai diffuse anche in Veneto. ... leggi Tale rinnovato indirizzo di gusto si coglie anche nelle coeve decorazioni eseguite da C. nei palazzi Mangilli Valmarana (1795) e Mocenigo Gambara (1796) a Venezia. Negli stessi anni l’artista fece segnalare la sua presenza anche a Udine, dove ebbe modo di realizzare le non più esistenti decorazioni del Teatro Sociale sotto la direzione dello scenografo Antonio Mauro (1795). Negli anni seguenti C. operò più volte in regione a partire dalla collaborazione con Giuseppe Borsato per i perduti affreschi di casa Romano a Trieste (1801). L’anno successivo, infatti, è documentato l’intervento del pittore, a fianco di Marino Urbani, nel palazzo cittadino dei conti Caiselli a Udine e nella villa di campagna che questi possedevano a Cortello (Pavia di Udine), nelle sale della quale si dispiegano raffinate decorazioni di gusto pienamente neoclassico. Al 1804, invece, si datano i lavori di villa Spilimbergo ora Spanio a Domanins (Pordenone), in coppia con il Borsato, dove appartiene a C. la parte figurale. La collaborazione con il Borsato si rinnovò tra il 1805 e il 1806 negli affreschi eseguiti a palazzo Valvason-Morpurgo a Udine, in cui spettano sicuramente a C. i tre riquadri sul soffitto del salone al piano nobile, il più grande dei quali rappresenta Apollo sul carro del Sole e la raffigurazione a monocromo di alcuni capolavori di Antonio Canova sulle pareti, tra i finti intercolumni ideati dal Borsato, che nel loro insieme costituiscono uno scoperto omaggio al maggiore scultore neoclassico italiano. Nella stessa sede, inoltre, devono essere assegnati a C. anche altri affreschi sul soffitto di alcune stanze attigue al salone. Il successo ottenuto in ambito udinese gli permise di ricevere altre importanti commissioni; se attualmente perduti risultano i lavori portati a termine per Gabriele Conti per il conte di Maniago, nonché in casa Antivari, in due botteghe da caffè in via Mercatovecchio, in casa Moretti e in quella dei conti Trento, ancora sopravvivono gli affreschi eseguiti nei palazzi Mantica-Chizzola (1807), Bartolini (oggi sede della Biblioteca civica), Gallici-Strassoldo, molto rovinati dai bombardamenti del 1945, ma di cui alcuni brani si conservano presso i Civici musei udinesi (palazzo Morpurgo), ed infine quelli realizzati su commissione del «sig. Sabadin» identificati con le opere esistenti in un palazzo in via Vittorio Veneto a Udine e con un soffitto raffigurante Minerva che incorona d’alloro la personificazione delle Arti già nel Casino Sabbadini in borgo Aquileia. Fuori del capoluogo si conservano suoi lavori in villa Bartolini-Florio a Buttrio (di datazione incerta, ma forse risalenti al 1805-1807), mentre distrutte risultano alcune ornamentazioni già esistenti nella vecchia chiesa parrocchiale di Faedis. L’attività di C. continuò, a partire dal 1808 e fino almeno al 1815, nel cantiere di palazzo Reale a Venezia, dove lavorò anche a palazzo Bonfandini-Vivante (1815), e in altre località di terraferma, in particolare per alcuni edifici sacri in territorio vicentino e trevigiano. La sua ultima opera nota si colloca cronologicamente nel 1822, quando appose la sua firma sulla pala raffigurante il Martirio dei santi Gervasio e Protasio per la chiesa di S. Trovaso a Treviso. La morte lo colse tre anni dopo a Venezia, il 5 dicembre 1825.

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Bibliografia

L’elenco più completo delle opere di C. si trova nel citato manoscritto presso il Seminario patriarcale di Venezia.  

Necrologio di Giambattista Canal, «Gazzetta Privilegiata di Venezia», 14 dicembre 1825; D. R. BRATTI, Notizie d’arte e d’artisti, Venezia, [1930] (Miscellanea di Storia Veneta edita per cura della R. Deputazione di storia patria, IV), 13-18; L. PADOAN URBAN, Catalogo delle opere di Giambattista Canal (1745-1825), «Atti Ist. Ve.», 128 (1969-1970), 41-134; L. MENEGAZZI, Canal Giambattista, in DBI, 17 (1974), 651-652; I. REALE, Nel secondo centenario della morte, sulle tracce di un mito: le statue di Canova affrescate in palazzo Valvason, «Ud. Boll.», 1 (1992), 171-182; R. DE FEO, Gli affreschi di Giuseppe Borsato e Giambattista Canal in Villa Spilimbergo a Domanins, «Neoclassico. Semestrale di arte e cultura», 3 (1993), 56-71; ID., Per Giambattista Canal e Giuseppe Borsato: il “Casino del Sig. Sabadin” e varie cose in Casa C.ti Caiselli, «A|D», 7 (1993), 217-224; ID., Giambattista Canal in Friuli, in Arte, storia, cultura e musica in Friuli nell’età del Tiepolo. Atti del convegno internazionale di studi (Udine, 19-20 dicembre 1996), a cura di C. FURLAN - G. PAVANELLO, Udine, Forum, 1998, 155-166; G. BERGAMINI, Tre secoli d’arte nel cuore della città, in Il palazzo Valvason-Morpurgo, a cura di G. BERGAMINI - L. CARGNELUTTI, Udine, Civici musei/AGF, 2003, 97-114; R. DE FEO, Canal Giambattista, in Pittura nel Veneto. L’Ottocento, II, 673; G. BERGAMINI, Canal, Giambattista, in SAUR, 16 (1997), 87-88.

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