Nacque a Udine l’8 novembre 1912, primogenito di Antonio ed Elisa Terpini, in una modesta famiglia che viveva nel quartiere di via Grazzano, il borgo “operaio” della città, dove frequentò la parrocchia di San Giorgio maggiore, retta da monsignor Paolino Urtovic. Nel 1924 entrò in seminario e il 19 luglio 1936 fu ordinato sacerdote dall’arcivescovo Giuseppe Nogara. Il suo primo incarico fu quello di cappellano nella parrocchia di Savorgnano al Torre dove rimase dal 26 agosto 1936 al 7 agosto 1940, quando fu destinato come cooperatore alla parrocchia di Codroipo, dove si occupò dei ricoverati nel locale sanatorio. Nel 1941 divenne cappellano militare nella Divisione alpina Tridentina anche per il desiderio di estinguere i debiti contratti per gli studi con il seminario, grazie ai modesti emolumenti previsti dall’esercito. Fu inviato in Albania e poi partecipò alla campagna militare contro la Grecia, conclusasi nell’aprile 1942 con l’occupazione tedesca della nazione ellenica. Don C. rientrò in Italia e nel luglio 1942 fu inviato in Russia inquadrato nella 5a sezione Sanità della Tridentina con le truppe dell’ARMIR, che furono schierate lungo la linea del Don. A metà gennaio i sovietici sfondarono le linee e le truppe italiane, per evitare l’accerchiamento, ripiegarono con temperature di – 47 gradi. Mentre parte dell’ARMIR il 26 gennaio uscì dalla sacca con la battaglia di Nikolajewka, C., inquadrato nel battaglione Morbegno della Tridentina, fu catturato nella battaglia di Warwarowka il 23 gennaio 1943. Nella motivazione del conferimento della Medaglia d’argento si legge «…Nel corso di un improvviso attacco di carri armati russi contro la colonna della quale faceva parte accorreva, incurante del pericolo, sotto l’intenso fuoco nemico per dare assistenza ai feriti. ... leggi Rimasto isolato e avuta notizia dell’approssimarsi di un reparto avversario non abbandonava i colpiti e veniva catturato…continuando con instancabile generosità la sacra missione affidatagli». In Calvario bianco, il libro che egli scrisse nel 1967 sono descritte le vicende della prigionia «sempre considerata peggio del congelamento, di una qualsiasi ferita o mutilazione e, addirittura, alla morte». Con marce forzate C. transitò nei campi di detenzione di Krinowaja, Tambov Miciurinsk, Pignuk, Oranki, Susdal prima di essere rimpatriato il 19 luglio 1946, nel decimo anniversario della sua consacrazione sacerdotale. L’esperienza della guerra di Russia e della prigionia marcò per sempre la sua personalità e gli impose il dovere morale di erigere un tempio in cui ricordare le migliaia di caduti dell’ARMIR. In Calvario bianco l’autore costantemente cerca di fare menzione di tutti i soldati incontrati e caduti, nel tentativo di salvarne almeno la memoria. Il testo si caratterizza non solo per la crudeltà degli episodi testimoniati, tra cui atti di cannibalismo, ma anche per la denuncia costante dei tentativi di indottrinamento marxista dei prigionieri da parte dei fuoriusciti italiani e di una condivisione della condizione umana dei civili russi. D’altra parte l’atteggiamento antimarxista di C. si inquadrava nella lotta politica del tempo e spiega la sua amicizia con don Aldo Moretti, fondatore della divisione partigiana Osoppo, dove erano inquadrati numerosi ufficiali e reduci dalla Russia. Dopo il rimpatrio C. fu nominato a partire dal 30 agosto 1946 cappellano curato di Cargnacco e poi parroco dal 7 agosto 1956. Qui decise di edificare un tempio dove le famiglie avrebbero potuto onorare la memoria dei dispersi: Membro dell’Unione Nazionale Italiana Reduci di Russia, il sacerdote ebbe un ruolo determinante nella costruzione del tempio di Cargnacco, affidandone la costruzione all’architetto Giacomo Della Mea, che lavorò quasi gratuitamente poiché anch’egli reduce di Russia. Il progetto fu approvato dalla Commissione diocesana per l’arte sacra, con una raccomandazione a ridurre le proporzioni, che non venne eseguita. La prima pietra fu posta il 9 ottobre 1949, anche se i lavori iniziarono nel 1950 grazie anche al contributo della popolazione e a una ventina di genieri alpini. Nonostante le molte interruzioni per mancanza di fondi il tempio fu inaugurato almeno nella struttura architettonica l’11 settembre 1955. Le parti decorative del tempio, che per scelta di C. fu da subito anche chiesa parrocchiale, furono affidati ai più noti artisti friulani. Solo dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989, il governo russo consegnò all’Italia la salma di un soldato ignoto, che fu traslata il 2 dicembre 1990 nel sarcofago apprestato nel tempio e rimasto fino ad allora vuoto. Nel 1991 don C. fu nominato monsignore e cappellano di sua Santità, mentre il Presidente Cossiga lo nominò Grande Ufficiale al merito della Repubblica. Morì il 10 maggio 1992 raccomandando che il tempio rimanesse ai friulani e ai familiari dei caduti. Seppellito provvisoriamente nel cimitero di Cargnacco, nel 1993 la salma fu traslata nel sarcofago predisposto nella cripta del tempio.
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