Figlio naturale di Antonio di donna Betta di Maniago e di Rivignana di Canussio, nacque a Cividale attorno al 1445. Il padre, notaio, era stato per diversi anni rettore della locale scuola e cancelliere del comune: menzionato nel 1448 di ritorno da una missione a Roma per conto del comune; incaricato dell’insegnamento nel 1452 a patto che rinunciasse ad altri incarichi, nel 1453 aveva a sua volta chiesto una conferma triennale che gli era stata accordata. Della madre Rivignana nulla si sa, se non che diede il nome di famiglia a N. Stando al repertorio di Giovanni Battista della Porta, N. C. compare fra i notai cividalesi almeno a partire dal 1462. Nel 1469 è ricordato alle dipendenze della cancelleria patriarcale nella veste di «scriba et notarius». Dal 1489 entrò a far parte del consiglio comunale della sua città, coprendo di volta in volta per oltre un decennio gli incarichi più diversi. Nel primo semestre del 1492, insieme con Nicolò Conti, fu eletto provveditore. All’inizio del 1495 assunse la carica di cancelliere, carica che mantenne fino ai primi mesi del 1500. Le dimissioni da tale ufficio sono registrate dallo stesso C. nel verbale del consiglio del 16 marzo: «Convocato tutto il consiglio, io N. C. alzatomi in piedi, dopo aver ringraziato per essere stato chiamato a svolgere per diversi anni con uno stipendio pubblico l’ufficio di cancelliere e scriba di questa magnifica comunità, essendo occupato in altri impegni, rassegnai le dimissioni dall’incarico e, poiché un simile ufficio richiedeva un verbalizzante provato e capace, mi permisi di suggerire come mio successore ser Alessandro Miuttino, che aveva già dato buona prova di sé. Accettate dunque le dimissioni e ascoltato il suggerimento che avevo dato, tenendo conto inoltre della preparazione dell’interessato, dopo aver chiesto come di consuetudine il parere di ciascuno, il predetto ser Alessandro fu eletto all’unanimità alla carica di cancelliere e accettò con l’onorario solito». È difficile stabilire se la rinuncia all’incarico dipendesse effettivamente da altri impegni o piuttosto non si trattasse di coprire con una motivazione così generica le sue reali condizioni di salute che gli impedivano di proseguire un impegno divenuto troppo gravoso. ... leggi Di fatto il C. sopravvisse solo pochi mesi a questa decisione: la morte lo colse, infatti, il 13 agosto del 1500. Il 7 maggio 1501 il figlio Canussio, quale erede, presentava al consiglio della città la richiesta di saldo dei crediti dovuti al padre come stipendio per l’ultimo periodo di lavoro. Il libro degli anniversari del capitolo di Cividale fa memoria di lui il giorno della morte (la data ‘1501’ è forse da correggere in ‘1500’): «Nobilis vir dominus Nicolaus de Chanussio, qui preclarum opus ‘De restitutione patrie et de antiquitatibus Civitatis Austrie et de eius nobilitate’ edidit, obiit MDI, cuius anima semper in pace requiescat». Il De restitutione patriae, la prima storia di Cividale, fu scritta in latino da N. C. tra il 1497 e il 1499 su commissione del consiglio cittadino con intenti apertamente polemici nei confronti di Marcantonio Sabellico, che in un suo lavoro pubblicato nel 1482 (De vetustate Aquileiensis patriae) aveva celebrato le origini antiche di Udine, nuova capitale della Patria del Friuli, a scapito di Cividale. Il Sabellico nella sua ricostruzione storica aveva presentato la città di Udine come la naturale erede di Aquileia, dopo la distruzione della città romana per mano di Attila, disconoscendo il ruolo svolto da Forum Iulii alla guida della regione fin dall’antichità. «Marco Antonio Sabellico – si legge nel proemio del De restitutione patriae – affrontando la storia della descrizione della Patria, si è sforzato di dare lustro al popolo degli Unni (con questo appellativo egli definisce gli Udinesi facendo propria l’etimologia del Sabellico), mendicando consensi da tutta la provincia, e, ben sapendo che per essi manca ogni sicura prova d’antichità, negata per i primordi l’esistenza di Iulium, sostiene che la sola Aquileia ha diritto di considerarsi antica. Così allo scopo di far risaltare Hunnium ha eliminato Iulium, pensando che nessuno mai avrebbe svelato le insidie di questa storia. Leggi me, o Sabellico; che figlio e fautore di Iulium qui mi presento, pronto a ribattere alla tua storia con le lodi della patria ereditate dal passato, che proprio tu, passando oltre col capo girato, hai voluto stroncare». L’opera si apre con un carme dedicatorio Ad lectorem in falecei di Quinzio Emiliano Cimbriaco. Seguono, preceduti dal proemio, due libri suddivisi rispettivamente in diciannove e diciotto capitoli. Il primo libro illustra le origini di Cividale (Iulium, Forumiulium, Cividatum) in contrapposizione a quelle di Udine (Hun nium) e, dopo aver descritto la calata degli Unni e le devastazioni operate dai Goti di Teodorico e dai Bavari, si sofferma in particolare sull’età longobarda. Il secondo libro racconta la storia del patriarcato mettendo in luce il ruolo svolto per sei secoli da Cividale quale capitale politica e spirituale della regione; passa quindi ad illustrare l’architettura religiosa e civile della città, la natura e il clima della campagna circostante, le classi della nobiltà e della borghesia cittadina. Il capitolo conclusivo, dopo un’ultima polemica nei confronti del Sabellico, si rivolge ai committenti dell’opera: «Così, o nobili padri, voi avete ora in un’opera compendiaria, composta in vostro onore, ristabilita la storia patria dai primordi fino ai nostri giorni. Vi saluto, applaudite. Io, Canussio, ho terminato il mio racconto. Fine. Sia lodato il Signore». Gian Giuseppe Liruti definì il De restitutione patriae un’occasione mancata, uno scritto più poetico che storico. Secondo Andreina Stefanutti, il C. «aveva più di una ragione e perciò numerose possibilità di smentire o integrare il Sabellico, sempre molto abile nell’adoperare i più eleganti e suggestivi ritrovati retorici, ma non altrettanto pronto a rispettare le esigenze dell’opera storica. Al contrario, contribuì piuttosto mediocremente alla conoscenza delle vicende riguardanti Cividale, tradendo soprattutto la mancanza di linee metodologiche e di una ricognizione esauriente delle fonti». Nonostante questi limiti, al C. può essere riconosciuto il merito di aver utilizzato il rilevamento archeologico a sostegno delle origini romane della città. Nel clima culturale favorevole alla riscoperta dell’antichità classica dovuto al fervore degli studi umanistici, egli esibisce il lastricato delle strade e il mosaico dei pavimenti, le epigrafi e le statue rinvenute durante gli scavi.
ChiudiBibliografia
Mss BCU, Principale, 620, 247, Nicolai Canussii Iuliensis De restitutione patriae libri duo prolegomena (Anecdota Foroiuliensia collecta a Iohanne Ioseph Liruti de Villafredda cum praefationibus et observationibus illustrata: MDCCXXX); Ibid., Joppi, 29, f. 21v-22r, 72v-73v, D. ONGARO, Catalogo ragionato de’ letterati friulani; Ibid., Principale, 3849, G.B. DELLA PORTA, Index alphabeticus notariorum patriae Forijulii, Udine 1931.
LIRUTI, Notizie delle vite, IV, 357-358; DI MANZANO, Cenni, 49-50; GRION, Guida, 284-287; MARCHETTI, Friuli, 950; G. DEL BASSO, Il libri scrit a man “De restitutione patriae” di Culau Cianùs, «Sot la nape», 26/3-4 (1974), 67-70; A. STEFANUTTI, La questione del Forogiulio nel De restitutione patriae di Nicolò Canussio (La prima storia di Cividale), in Saggi di storia friulana, a cura di L. CASELLA - M. KNAPTON, Udine, Forum, 2006, 141-149 (= «Quaderni dell’Associazione per lo sviluppo degli stuti storici ed artistici di Cividale», 8 (1980), 14-22); N. CANUSSIO, De restitutione patriae, a cura di O. CANUSSIO con Presentazione di P. MANTOVANELLI e Introduzione storica di C. SCALON. Trascrizione e traduzione di M. D’ANGELO, Udine, Casamassima, 1990; SCALON, Libri degli anniversari, 397.
Nessun commento