Nacque a Pordenone nei primi anni del Seicento, forse nel 1604, da Castorio e Cassandra Sforza. Nipote di Donato Casella, M. intraprese la carriera ecclesiastica e come lo zio si interessò di poesia e di musica: i primi componimenti in latino risalgono agli anni della giovinezza. Nel 1631 divenne pievano di Palse. La sua nomina non era però gradita ai vicari della chiesa di S. Giorgio di Porcia: durante il governo del suo predecessore essi avevano, infatti, goduto di una certa autonomia, anche con il sostegno dei giurisdicenti locali. Il C. dimostrò invece, sin dall’inizio, di non voler rinunciare ai propri diritti né di accettare stati di fatto. Nel 1632 pre Marcantonio si recò a S. Giorgio per la benedizione del fonte battesimale, ma gli venne impedito l’ingresso in chiesa dai vicari perché negli ultimi sei anni la benedizione era stata fatta da loro «consentiente et non ostante plebano». Il C., tutt’altro che consenziente, fece ricorso alla cura concordiese. Le controversie tra il pievano e i vicari di Porcia si protrassero tra interventi signorili e vescovili, accordi e ritrattazioni, momenti di scontro e di pacificazione sino al 1639: alla fine il C. fu costretto a concedere ai vicari di consacrare il fonte battesimale, ma con gli oli prelevati presso la pieve e dietro rifusione delle spese sostenute dal pievano. Gli anni di ministero di pre Marcantonio a Palse furono difficili, non solo per l’emergere di problemi giurisdizionali e rivendicazioni di autonomia: il sacerdote pordenonese, infatti, non era un buon amministratore delle rendite legate al beneficio e si ritrovò a vivere una vita di stenti, sostenuto solo dall’amore per la poesia, di cui lasciò numerose tracce anche nei registri parrocchiali, e dall’affetto di amici e intellettuali. ... leggi Tra le opere del periodo palsese si ricordano l’ode saffica Ad Sanctum Martinum episcopum (1647), A Palse (1653), Ad Sanctum Georgium martirem hymnus (1657). Nel 1660 pubblicò In divinum Hermagoram patriarcham hymnus. Divertitur etiam ad laudes Sancti Vigilii illustrissimi et reverendissimi domini patriarche Delphini, dedicato al patriarca di Aquileia Giovanni Delfino, dal quale probabilmente si aspettava qualche aiuto per migliorare la propria condizione. L’anno successivo il C. si recò a Sacile per incontrare il patriarca e nell’occasione gli presentò un altro scritto, Inter curas versus pangeas. Supplicat illustrissimo et reverendissimo patriarchae Delphino ut benedicat vestes, supplicandolo di benedire alcuni paramenti che aveva fatto confezionare a sue spese per la chiesa di Palse, alla quale negli anni aveva donato anche un altare ligneo dorato (1653) e una piccola cantoria lavorata ad intarsio (1661). L’ultima opera dedicata al patriarca Delfino risale al 1663: Ad illustrissimum et reverendissimum patriarcham Delphinum intrante anno 1663. L’anno successivo il C. rinunciò alla pieve di Palse e tornò a Pordenone. Non cessò però la sua attività poetica: nel 1668 compose, infatti, un saggio in latino, Epitalamio, di trecento versi, dedicato a Giovanni Giuseppe Rabatta, vescovo di Lubiana, in occasione delle nozze della nipote Felicita con Ferdinando di Colloredo, marchese di S. Sofia. Dopo questa data non si hanno più notizie del sacerdote pordenonese. Molti suoi versi inediti sono stati ritrovati casualmente a Palse nel 1949.
ChiudiBibliografia
DEGANI, La diocesi di Concordia, 568; G. PUJATTI, Marcantonio Casella, pievano di Palse, 1631-1664. Seguito da alcuni cenni storici dell’antica e importante pieve di San Vigilio, Pordenone, Arti grafiche, 1949; ID., La pieve di San Vigilio di Palse, Pordenone, Grafiche Cosarini, 1962, 55-61.
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