Nacque a Gorizia il 30 marzo 1780. Il padre, anch’egli di nome Carlo, era un possidente di origine modenese; fu uno dei quindici cittadini designati il 21 marzo 1797 da Napoleone a far parte del Governo provvisorio dopo l’occupazione francese della contea di Gorizia e Gradisca. C. studiò a Gorizia presso i piaristi (scolopi) di lingua tedesca, poi a Gradisca dai serviti. Nel 1796 entrò a Vienna nell’Accademia degli ingegneri, che preparava gli ufficiali del genio, offrendo un’eccellente formazione tecnico-scientifica. C. seguì un corso abbreviato (tre anni invece dei sette previsti), perché già nel 1799 era tenente dell’esercito austriaco. Combatté contro i francesi nell’armata dell’Italia settentrionale: prese parte alla battaglia di Marengo (14 giugno 1800) e, promosso capitano, a quella di Caldiero (30 ottobre 1805), nella quale fu gravemente ferito. Dopo una lunga convalescenza ritornò in servizio il 15 novembre 1808, col grado di maggiore, sotto l’arciduca Massimiliano d’Asburgo-Este, con cui combatté nella Germania meridionale. Nel 1810, divenuto tenente colonnello, dovette lasciare l’esercito austriaco in seguito al trattato di Schönbrunn, che aveva ceduto Gorizia alla Francia. Si arruolò allora nell’esercito inglese, raggiungendo la Sicilia dopo un lungo viaggio: qui militò agli ordini di lord William Cavendish-Bentinck (1774-1839), plenipotenziario presso la corte dei Borboni, trasferita a Palermo. ... leggi Seguì Bentinck in Spagna nel 1813; ritornato in Italia, in dicembre comandò le truppe della legione anglo-italiana che conquistarono Viareggio e Lucca, ma che dovettero ripiegare davanti Livorno, trovando rifugio sulle navi inglesi. All’inizio del 1814 C., su ordine di Bentinck, compì una delicata missione presso Gioacchino Murat, per convincerlo a partecipare all’alleanza anti-napoleonica, in nome dell’«indipendenza d’Italia» dai francesi. In aprile partecipò alla spedizione che conquistò Genova, dopo uno sbarco di un contingente angloitaliano a La Spezia. Promosso colonnello, ebbe l’incarico di sovrintendere alle fortificazioni di Genova, ma subito si rimise in viaggio al seguito di Bentinck: si recò a Roma, Torino, Parigi e infine a Londra. All’inizio del 1816 a Roma venne ritratto, come vari inglesi, da Jean A. Ingres in un disegno a matita (Gorizia, Musei Provinciali). Nel luglio 1817 si congedò dall’esercito inglese, ottenendo una pensione, ma non l’ordine del Bagno (Order of the Bath) al quale Bentinck l’aveva proposto. Ritornato a Gorizia, il 28 aprile 1818 si sposò con Anna de Gironcoli, da cui ebbe sette figli. Nell’ottobre 1821 si recò a Modena, dove assunse il comando dell’Accademia militare fondata dal duca Francesco d’Asburgo-Este; rimase a Modena circa un anno: il duca gli conferì il patriziato modenese (primo titolo nobiliare della famiglia). Dopo il 1822 C. visse quasi esclusivamente a Gorizia, amministrando le sue cospicue proprietà; partecipò attivamente ai lavori della Società agraria, di cui fu membro a partire dal 1824 e componente della deputazione (direttivo) dal 1826: dal 1843 al 1853 le riunioni di questo consesso si tennero nella sua abitazione di contrada dei Macelli 93. Negli anni Trenta cominciò a studiare progetti di bonifica e altre opere pubbliche; diede alle stampe saggi di argomento scientifico. Nel 1849-1850 e 1856 intervenne con una serie di opuscoli in tedesco sul problema della ferrovia Vienna-Trieste, allora in costruzione, proponendo che l’ultimo tratto passasse per Idria e Gorizia. Si occupò anche di arte: protesse il pittore goriziano Giuseppe Battig, di cui pagò gli studi all’Accademia di Venezia. Nella primavera del 1848, allo scoppio della guerra tra l’Austria e il Regno di Sardegna, C. si arruolò volontario nell’esercito asburgico e fu aggregato come colonnello allo Stato maggiore del feldmaresciallo J. Nugent; dopo pochi mesi tuttavia lasciò l’armata perché venne eletto deputato di Gorizia alla Costituente austriaca, convocata a Vienna il 22 luglio. Ferocemente ostile alle idee liberali, C. abbandonò in gran fretta Vienna alla rivolta popolare del 6 ottobre, dimettendosi dalla Costituente; tornato a Gorizia, si rifugiò subito presso la guarnigione austriaca di Palmanova (e poi a Verona), per timore di una reazione ostile da parte dei concittadini. Giustificò il suo comportamento nella capitale, dichiarando di non aver voluto diventare «istrumento di un branco di uomini indegni vendutisi agli Italiani e agli Ungheresi»: ma il gesto (fu l’unico deputato italiano a dimettersi) venne giudicato severamente anche negli ambienti moderati; nel 1854 peraltro Francesco Giuseppe premiò la sua fedeltà creandolo cavaliere ereditario (“Ritter”) dell’impero austriaco. C. espresse compiutamente le sue idee conservatrici in una massiccia opera storico-politica pubblicata a dispense a Gorizia nel 1858, Sopra la questione italiana, che venne tradotta parzialmente in francese a Bruxelles (con veste tipografica assai migliore) nel marzo dell’anno seguente. In questa versione, il libro, apparso alla vigilia del conflitto tra l’alleanza franco-piemontese e l’Austria, ebbe risonanza europea, come testimoniano le recensioni apparse sulla «Revue des deux Mondes» (marzo 1859), su «The Edinburgh Review» (aprile 1859) e sul «Magazin für die Literatur des Auslandes» (febbraio 1860). La posizione dell’autore è manifestata fin dalle prime righe: «Il mio nome suona italiano; sono però per nascita e per sentimento – il lettore non tarderà ad accorgersene – austriaco». C. rifiuta ogni idea di nazionalità e difende il sistema politico creato in Italia dal Congresso di Vienna, con al centro l’Austria. Propugna questa tesi con motivazioni storiche, geopolitiche (le Alpi non sono monti italiani, quindi non possono fissare il confine d’Italia) e confessionali: l’Austria rimane in Italia l’unica garanzia per la Chiesa cattolica. Nel lunghissimo capitolo settimo (150 pagine, tradotto in francese con la seconda parte del libro solo nel 1861) nega ogni partecipazione popolare ai moti rivoluzionari della prima metà del secolo, opera soltanto di un «branco di settari», verso i quali ha espressioni durissime: «ribaldi e insensati», «feccia del popolo», «gente masnadiera e assassina». Negli ultimi anni di vita C. compose un’autobiografia in tedesco, rimasta inedita, che ebbe circolazione tra i suoi estimatori. Morì a Gorizia il 27 luglio 1869. Due dei figli intrapresero la carriera militare nell’esercito austriaco: Massimiliano Francesco Giuseppe (1840-1907) divenne un famoso generale e fu insignito del titolo baronale; il primogenito Carlo si congedò invece da tenente-colonnello: in seguito divenne consigliere comunale a Gorizia nelle file dei liberali e primo direttore della Biblioteca civica.
ChiudiBibliografia
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