Il primo documento che riguarda l’artista è l’atto del 1440 con il quale il giovane «pictor vagabundus» veniva ammesso per un biennio nella bottega padovana di Francesco Squarcione. Verso il 1447 D. C. passò, sempre a Padova, in quella del milanese Pietro Maggi; quindi è documentato a Treviso (1455), dove sposò Ginevra, figlia del pittore Ziliolo, dal quale ereditò una bottega ben avviata che fece aumentare il suo prestigio e la sua fama. Nel 1456 fu infatti incaricato di dipingere nella cappella di Orsato Giustinian a Quinto di Treviso, località in cui lo raggiunse l’invito della Serenissima a lavorare in Palazzo ducale. Il C. fu poi attivo ad Asolo tra il 1459 e il 1466, quindi a Serravalle e a Conegliano, dove morì prima del 1498. Le sole opere superstiti firmate sono la Madonna con il Bambino (1459) ad affresco ora nel Museo di Asolo, la tavola con la Madonna della Misericordia (1450) del Museo di Bassano, gli affreschi di casa Troyer (1469) a Vittorio Veneto e quelli di casa Montalban (1474) a Conegliano. Autografi sono anche il San Bernardino del Museo Antoniano di Padova, gli affreschi in S. Gottardo ad Asolo, e una Crocifissione nel Museo di Treviso, tutti anteriori al 1460. Successivi al soggiorno asolano sono la Madonna con il Bambino e santi in S. Francesco a Schio e le madonne in S. Francesco a Treviso, nel Museo civico di Conegliano e nel duomo di Asolo. Il corpus superstite delle sue opere rivela la personalità di un artista discontinuo, ma attento al clima artistico padovano, caratterizzato dall’influsso dello Squarcione, di Antonio Vivarini e del Mantegna. ... leggi Documentati ma perduti risultano invece gli affreschi per la sala del consiglio di Bassano (1462), quelli per il palazzo del podestà a Conegliano (1466), la pala eseguita per Matteo Bicignoli a Treviso (1471), i lavori pagati dal 1471 al 1476 per la chiesa di S. Francesco a Conegliano. Il catalogo del C., dopo il contributo di Gerola, è stato ampliato da Coletti e I. Furlan con attribuzioni non sempre condivise dagli studiosi. La più importante e anche l’unica riguardante un lavoro in territorio friulano, è quella relativa al ciclo degli affreschi della cappella di S. Nicolò del duomo di Pordenone, costituito da Padri della Chiesa in cattedra entro ovati sostenuti da angeli, nelle vele della volta, e da storie della vita del santo, nella parte superiore delle pareti. Frammenti di cornici polilobate decorano inoltre l’intradosso dell’arco d’ingresso; decorati sono pure gli sguinci delle finestre, mentre sulla muratura di fondo si intravedono due gruppi di angeli musicanti, forse parte di un’Incoronazione della Vergine o di san Nicolò. Esempio di un linguaggio in cui il retaggio cortese convive con il tentativo di adeguarsi alle nuove conquiste rinascimentali, come dimostra la costante ricerca di strutturazione prospettica, gli affreschi in oggetto sono stati però attribuiti a un ignoto maestro di cultura più complessa da M. Boskovits e C. Furlan.
ChiudiBibliografia
G. VASARI, Le Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, a cura di G. Milanesi, Firenze, Sansoni, 19063, 386-387, 405; G. GEROLA, Dario pittore, in Miscellanea di studi in onore di A. Hortis, II, Trieste, Caprin, 1910, 871-887; J.A. CROWE - G.B. CAVALCASELLE, A History of Painting in North Italy, II, edited by T. BORENIUS, London, J. Murray, 1912, 54-58; L. COLETTI, Pittura veneta del Quattrocento, Novara, Istituto geografico De Agostini, 1953, XLIV-LXXXI; I. FURLAN, Dario da Pordenone, «Il Noncello», 28 (1969), 3-32; M. BOSKOVITS, Ricerca su Francesco Squarcione, «Paragone», 325 (1977), 66; G. BALDISSIN MOLLI, Dario di Giovanni, detto Dario da Pordenone (da Treviso, da Udine), in DBI, 32 (1986), 792-794; Dario da Pordenone, in La pittura in Italia. Il Quattrocento, II, Milano, Electa, 1987, 608-609; C. FURLAN, «Per dar maggiore vaghezza et splendore alla chiesa». La decorazione pittorica dalla metà del Quattrocento alla fine del Cinquecento, in San Marco di Pordenone, a cura di P. GOI, I, Pordenone, GEAP, 1993, 227-234; G. BERGAMINI, Dario di Giovanni (gen. D. da Asolo; D. da Pordenone; D. [di Giovanni] da Treviso; D. da Udine), in AKL, 24 (2000), 287-288.
Nessun commento