Artista poliedrico, C., nato a Udine nel 1898, si dedicò oltre che alla pittura da affresco a quella da cavalletto, all’illustrazione, al disegno per medaglie e bassorilievi e alla realizzazione di vetrate. La grande guerra lo vide impegnato come artigliere nel teatro occidentale in Francia. A questo periodo risale la sua transitoria partecipazione al futurismo: al fronte realizzò una serie di collage che raccontano i fatti bellici combinando ritagli di giornali, italiani e stranieri, a geometrie a tempera di ispirazione futurista. Gran parte delle composizioni è andata dispersa sul mercato collezionista. Nella mostra sul futurismo del 2010 a Gorizia, sono state esposte tre opere, Il Fiato d’Italia, Futurfesta, Allied camaraderie at the Dardanelles, firmate «FuturCiotti», dove il pittore dichiara la sua adesione al linguaggio figurativo di Giacomo Balla, mescolando fotografie, pittura e scritte per rievocare gli eventi. Nel 1919 e nel 1922 apparve tra i partecipanti alla borsa di studio per la Fondazione Marangoni a Udine. Nel 1923 portò a compimento una pala d’altare (ora nel Museo del Sacrario militare di Redipuglia) per la cappella del cimitero degli Invitti sul monte Sant’Elia. È stato presente alla I Biennale friulana d’arte del 1926. L’anno successivo risultava essere stabilmente residente a Roma. Nella capitale strinse amicizia con il noto mecenate Alfred Wilhelm Strohl Fern, che gli concesse un piccolo studio nella sua villa capitolina, divenuta il centro focale di lavoro e ritrovo di importanti artisti contemporanei. Qui avvenne l’incontro con i pittori della scuola romana e con il linguaggio del Novecento, a cui aderì. Conobbe Giorgio De Chirico, Carlo Levi, Cipiriano Efisio Oppo e Francesco Trombadori, che rinsaldarono in C. la concezione della pittura come ricerca del vero e come fedeltà alla grande tradizione pittorica classica italiana. ... leggi Particolarmente attratto dalla tecnica ad affresco (di cui avrebbe avuto la cattedra di insegnamento presso la Scuola delle arti ornamentali di Roma), dipinse anche ritratti, tra cui uno del duce a cavallo, nature morte e paesaggi. Durante l’avvento del fascismo, il regime gli assegnò come studio uno degli edifici al Foro italico, dove continuò a lavorare fino al 1975. Nel 1932 ottenne l’incarico di realizzare, per la sede degli Accademisti al Foro italico (ora Banca Nazionale del Lavoro), cinque affreschi che illustrano scene allegoriche e di propaganda: la vittoria dell’uomo sull’animale, il lavoro nei campi, la caccia e la pesca. Lavorò a Chicago per l’ospedale Columbus, ora demolito, dove nel 1953 dipinse la cappella dedicata a santa Francesca Xavier Cabrini: realizzò un grandioso affresco di cinquecento metri quadrati, divisi tra la cupola, il piedritto, l’abside e i pennacchi, in cui rappresentò la Trinità ed una fitta teoria di angeli; dipinse anche quattro pannelli che narravano episodi della vita di santa Cabrini. Dopo il 1955, al ritorno in Italia, lavorò nella chiesa di Ss. Maria Consolatrice a Milano, dove fu impegnato ad affrescare la cupola e a raffigurare una Vergine con bambino e angeli (olio su tela). Nel 1959 realizzò un affresco nel catino dell’abside della basilica romana di S. Pancrazio. Dipinse sulla facciata del palazzo comunale di Cervara di Roma (affresco restaurato nel 2010) e realizzò vetrate per numerosi edifici religiosi: a Taranto, nella cripta del santuario di Mater Domini Laterza, nelle cattedrali di Ortona e Cortona. Morì a Roma nel 1991.
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