Membro di una famiglia di notai della Contea di Gorizia, suo padre Sebastiano (†1550?), «filius quondam ser Nicolai de Porpeto», esercitò il notariato nella prima metà del secolo XVI, così come il fratello Teseo, i cui nomi compaiono in atti rogati nell’allora territorio friulano arciducale. Inoltre, un certo Daniele Codessa, il cui grado di parentela ci è ignoto, fu gastaldo di Chiarisacco e «Iusdicens Substitutus Territorii Marani Novi» nel 1557. Secondo gli studi di Dentesano, in gioventù il C. si sarebbe formato a Gorizia, per raggiungere il fratello Teseo a Gonars nel 1560, dove avrebbe esercitato il notariato fino al 1611. È però a Gorizia e a Cormòns che troviamo le prime menzioni della sua attività, risalente agli anni ’40 del ’500, dove compare come publicus imperiali auctoritate notarius fino al 1558 in diversi atti rogati per privati e membri di importanti famiglie nobiliari goriziane, come i De Grazia, gli Attimis, i Neuhaus e i Doremberg. A Gorizia, inoltre, egli possedeva uno ‘studium’, e aveva ricoperto la carica di coadiutore e cancelliere della comunità nel 1545 e nel 1553. Tuttavia, le fonti che lo rendono maggiormente noto riguardano gli atti di un processo che, quando era cinquantenne, venne aperto contro di lui nel 1571 dal tribunale del Santo Uffizio aquileiese e che, tra interruzioni e riprese, lo coinvolse per dodici anni. I capi d’accusa, ottenuti grazie alle deposizioni di diversi testimoni, riguardavano comportamenti blasfemi, il possesso di libri proibiti – di autori come Erasmo, Martin Lutero, Pietro Aretino e altri ancora – e la pronuncia di proposizioni ereticali. L’accusa più grave fu però di aver dato ricetto all’eretico anabattista udinese Bernardino Della Zorza, fuggito in seguito alla sua condanna nel 1567. Il C. riuscì a sostenere accortamente la sua difesa e il processo venne sospeso in forma cautelare, raccomandando all’imputato di rimanere presso la sua abitazione a Gonars e frequentare, “cum aliis Christi fidelibus”, le messe e le altre cerimonie religiose. Gli atti del processo si chiudono con alcuni interrogatori del 1587 a testimoni provenienti da Gonars e paesi limitrofi, al fine di accertare la reale condotta del C., senza però nulla aggiungere o togliere a quanto sentenziato nel 1583.
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