Benché nato ed operante per gran parte della vita a Padova, il C. ebbe cospicui contatti con il Friuli per avervi trascorso gli ultimi anni della sua esistenza. La data di nascita può essere posta nei primi anni Ottanta del Cinquecento. Poco si sa sulla sua giovinezza e sulla famiglia (il padre si chiamava Camillo), che probabilmente era di modesta condizione. Trovò lavoro presso la stamperia di Pietro Paolo Tozzi, ove, grazie ai libri che gli passarono tra le mani, potè affinare la sua cultura. Nel 1619 entrò, pur in maniera minoritaria, in società con lo stesso Tozzi per esercitare la “mercantia” di libri. Lo stesso anno si maritò con la padovana Cecilia Carpanedo. Rimasto ben presto vedovo, pur in presenza di una giovane figlia decise di abbracciare la vita sacerdotale e nel 1622 si trova accolto tra i fratelli dell’oratorio di S. Giacomo. L’abito sacerdotale deve averlo vestito tra 1624 e 1625. Nell’oratorio si impegnò per un ventennio a sostenere ed incrementare la vita dell’istituto. Fu corista, sacrestano, cassiere, maestro dei novizi e infine prefetto più volte riconfermato. Nel 1624 era stato tra i firmatari della petizione volta ad ottenere dal vescovo di Padova l’erezione di una Congregazione di preti dell’oratorio di S. Filippo Neri presso la chiesa di S. Tomaso Casauriense. L’attività intensa dispiegata nel campo devozionale non gli impedì di coltivare i suoi interessi culturali, che furono vari, ma soprattutto rivolti all’ambito artistico. Già nel 1623 aveva dato alle stampe, presso il suo socio, un Discorso distinto in quattro capitoli, che trattavano rispettivamente del disegno, della pittura, dei modi di colorire e dei lineamenti e colori con i quali disegnatori e pittori devono rendere gli «affetti principali». Nell’opera (accompagnata da incisioni esemplificative in rame dello Hesengrin) il riferimento è la tradizione veneta cinquecentesca, non senza influssi naturalistici di impronta genericamente caravaggesca, come ha notato il Puppi. ... leggi L’esperienza artistica non si limitò alla teoria, ma divenne pratica nella progettazione della nuova chiesa di S. Tomaso, riedificata dopo che, nel 1636, fu finalmente approvata l’erezione della richiesta Congregazione. Egli ne seguì pure i lavori di costruzione. Secondo alcune ipotesi avrebbe anche progettato l’oratorio di dei SS. Girolamo e Filippo e la casa oratorio dei filippini, sempre a Padova. Nel 1625 pubblicò Il buonprovifaccia per sani ed ammalati e probabilmente nello stesso torno di tempo Indovinalagrillo, operette di passatempo e di scherzo, ad uso delle attività educative attraverso la ricreazione proprie dell’oratorio. Nel 1644 si trasferì a Venezia, spintovi da invidie e malevolenze sorte nell’ambiente padovano. Nella città lagunare continuò a coltivare i suoi interessi artistici, ma diede pure alle stampe nel 1648 l’opera Il perfetto re e sacerdote spirituale. E proprio nell’autunno di quell’anno gli giunse da Udine un invito a trasferirsi nel capoluogo friulano come direttore dell’oratorio di S. Filippo Neri, già attivo dal 1629. I confratelli, che stavano tentando di costituire anche una Congregazione di preti secolari dell’oratorio, abbisognando di una guida autorevole per la loro attività si erano rivolti a diversi oratori d’Italia, ma senza successo. Poi, per caso, un confratello che era a Venezia per suoi affari incontrò il C. e con lui cominciarono gli abboccamenti. Superati alcuni problemi, l’11 novembre 1649 costui giunse ad Udine e venne nominato preposto. Breve fu l’esperienza udinese, ma ricca di attività ed iniziative. Subito ottenne dal patriarca Gradenigo la concessione di amministrare i sacramenti e predicare tanto nella chiesa di S. Maria Maddalena (già dal 1643 data ai filippini ed oggi non più esistente) che nell’annesso oratorio. Poi, il 7 giugno 1650, venne la sospirata ducale che permetteva l’erezione dell’oratorio secondo gli istituti di S. Filippo Neri. Nel frattempo il C. aveva introdotto l’istruzione dei fanciulli all’oratorio vocale e mentale, che si teneva tutti sabati, con grande successo: dapprima centocinquanta, i partecipanti crebbero ad oltre trecento, cui venne distribuito un suo succinto Compendio degli esercizi spirituali. E con gran fervore iniziò l’esercizio del confessionale, a predicare, senza omettere gli esercizi soliti dell’oratorio. Nel 1651 pubblicò ad Udine una Pratica della dottrina di Cristo. In essa, tra l’altro, scrisse di voler dare alle stampe ulteriori opere su temi spirituali. Non potè mettere in pratica il proposito perché ben presto s’ammalò: il 22 luglio dettò testamento, lasciando erede la Congregazione udinese, morendo di lì a poco, il 28 luglio 1651, in un’aura di santità per aver sopportato i tormenti provocatigli dal demonio e respinto vittoriosamente le sue lusinghe nonché per aver predetto l’entrata nella Congregazione di alcuni giovani come il neolaureato medico Francesco Percoto e il conte Giovanni Giuseppe della Pace.
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