Era figlio di Francesco da Casale Monferrato, ma naturalizzato veneziano. A Venezia sposò Laura figlia di Stefano De Bonissimis «ab arpicordis». È possibile che il primo documento della sua attività di organaro sia costituito dallo strumento, di otto registri comprensivi di quello dei flauti, ma «sine tamen contrabassis», destinato alla chiesa di S. Agostino in Padova, per il quale il contratto fu sottoscritto il 9 novembre 1528. Secondo i patti l’organo fu messo in opera, probabilmente, nel 1530. Nel 1532 consegnava alla parrocchiale di Valvasone un organo nuovo. Nell’aprile del 1533 veniva saldato per la fornitura di un altro strumento allogato nella cattedrale di Concordia Sagittaria, mentre un terzo veniva in contemporanea montato nella cattedrale di Céneda (odierna Vittorio Veneto) e il C. si esprimeva con una perizia favorevole sui lavori di restauro effettuati nel 1531 da Marco Tinto nel duomo di Treviso. Il 9 febbraio 1534 riceveva la caparra per la fattura di un organo nella chiesa veneziana di S. Giacomo dell’Orio. Il 17 agosto 1537 giudicava sfavorevolmente (il giudizio negativo sarebbe stato ribadito nel 1538) gli interventi di Giovanni Battista Antegnati sugli strumenti padovani del Santo e di S. Francesco, mentre, secondo il Lunelli, nel corso dello stesso anno avrebbe dotato di un suo strumento la chiesa bolognese di S. Francesco. L’anno successivo il C. assumeva l’incarico di allestire un organo nuovo, dotato di tastiera di cinquanta tasti e dieci registri, per la basilica del Santo, opera che portò felicemente a conclusione per la Pasqua del 1540. L’anno seguente, il 10 marzo, era ad Urbino per contrattare la costruzione di un organo destinato alla cattedrale e per il quale l’organaro otteneva il saldo nell’ottobre del 1542. Prima del 1544 aveva sistemato un suo strumento nella parrocchiale di San Vito al Tagliamento alla cui decorazione pittorica ed a stucco provvedeva con interventi diluiti nel tempo. ... leggi Presentava inoltre un progetto (nel documento si citano gli strumenti di S. Lorenzo, S. Angelo, S. Bartolomeo, S. Gregorio, S. Maria del Rosario e quello di sicura mano del maestro di S. Alvise) per la costruzione di un organo in S. Maria del Giglio o Zobenigo. Il 24 novembre 1547 il consiglio della comunità di Udine gli commetteva la fattura di uno strumento «perfectissimum et optimum», rapportato alla vastità del tempio e di dimensioni comunque superiori a qualunque altro strumento esistente nella Patria del Friuli e addirittura nella città di Venezia, dotato di dieci registri tra i quali il «Fiffaro», su base di dodici piedi. Nel contempo, sul finire del 1548 collocava un’altra sua opera nella collegiata di Cividale del Friuli. Condotto a termine l’organo udinese nei primi mesi del 1550, a partire dal 20 dicembre 1551 cominciava una serie di interventi conservativi all’organo della cattedrale di Padova che si protrassero fino al 1569. Nel 1552, ma vi sarebbe ritornato più volte a partire dal 1552, riparava l’organo nella chiesa veneziana di S. Giovanni in Bragora. Lo stesso anno stipulava un contratto per la fornitura di uno strumento di sette registri, simile a quello della chiesa veneziana di S. Alvise, alla parrocchiale di Latisana, lavoro ultimato, a quanto pare, nel 1556. Nel 1557 accordava l’organo del duomo di Oderzo montato dai Vicentini nel 1548. Nel 1558 riparava gli organi della basilica marciana, assumendone nel 1564 l’onere della conservazione annuale. Dopo essere ritornato nel 1566 in Udine a rivedere il suo strumento, nel 1571 gli accademici filarmonici di Verona commissionavano al C. un organo portatile del valore di cento scudi d’oro. Di più delicata verifica sono le notizie che vorrebbero usciti dalla bottega del C. gli organi della chiesa veneziana di S. Sebastiano e del duomo di S. Andrea in Portogruaro, un intervento quest’ultimo che potrebbe essere datato a qualche tempo prima o al 1546, quando Pomponio Amalteo si vedeva commissionare la dipintura dei cinque riquadri della cantoria e delle portelle. «Gravato da la vechiezza», il 16 novembre 1574, nella sua abitazione in contrada Santa Sofia, dettava il testamento con il quale disponeva che tutti gli strumenti di lavoro della bottega (anche se il giorno dopo questa parte del testamento sarebbe stata modificata a favore della moglie) passassero a Vincenzo Colonna, il giovane che da qualche tempo collaborava con il maestro. Il figlio Girolamo, nel 1574, accordava l’organo del duomo di Oderzo.
ChiudiBibliografia
VALE, Organo, 35-38, 45, 48, 56, 85-87; LUNELLI, Studi, 171-172; SARTORI, Documenti per la storia della musica, 75; STELLA - FORMENTINI, Valvasone, 42, 45, 60, 74-76, 79, 86; METZ, S. Vito al Tagliamento, 107-108; METZ, Concordia, 239-243; PRESSACCO, Musica, 2005; METZ, Portogruaro, 66; P. GOI, Una data per Pomponio (ovvero Amalteana 12), «MSF», 85 (2005), 315-324: 320.
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