Nato a Nimis (Udine) il 5 febbraio 1860, venne ordinato sacerdote ed esercitò il proprio ministero come cappellano di Trivignano e di Moruzzo, e in seguito come parroco dell’ospedale di Udine, città in cui morì il 25 novembre 1917. Collaboratore delle «Pagine friulane», nel 1886 e 1887 iniziò a partecipare alla stesura della parte poetica per Il strolic furlan di Pieri Zorut risuscitat par Celest Plain [L’almanacco friulano di Pietro Zorutti risuscitato da Celest Plain], edito da Patronato, lunario che negli anni successivi avrebbe modificato più volte il titolo: Il strolic furlan di Celest Plain [L’almanacco friulano di Celest Plain] (1888-1892, dal 1891 con i fratelli Tosolini editori), Il strolic furlan di Tosolin [L’almanacco friulano di Tosolin] (1893) e infine Il strolic grand di Tosolin quondam Celest Plain [L’almanacco grande di Tosolin quondam Celest Plain] (1894). La pubblicazione continuò poi con l’editore Tosolini fino al 1917. Il dato più evidente è il legame con l’eredità zoruttiana e con la trafila degli almanacchi successivi: il lettore ne prende atto non soltanto sulla base del titolo e dei continui riferimenti e omaggi contenuti nelle poesie, ma anche per lo stile e gli argomenti. Così un sonetto sulla quarta di copertina dell’edizione 1886 presenta, con tratti volutamente macchiettistici, il suo protagonista «pizzul e stuart» [piccolo e storto]: «Celest Plain comerciant vagant / di fulminanz, lunaris e savon, / d’inzen sveat, lunatic stravagant / pal so’ mistir al val un montonon» [Celest Plain commerciante girovago di fiammiferi, lunari e sapone, s’ingegno sveglio, lunatico stravagante per il suo mestiere vale moltissimo]. E ancora: «Nassut, cressut a Trivignan, di band / l’è stat i prins trent’agn, fin che un paron / lu metè su in mistir. ... leggi Di lì indenant, / l’ha començat a uadagnà il bocon» [Nato, cresciuto a Trivignano, è rimasto senza far nulla i primi trent’anni, finché un padrone lo ha avviato al mestiere. Da quel momento ha cominciato a guadagnare il boccone]. Nel 1892 propone una dichiarazione di poetica all’insegna della modestia: «No pratint di contà storiis / curiosis pal Friul / e tant manco d’innalzami / del Parnaso sore il nul. // Chest l’è un compit di poetis, / d’un Gallerio, d’un Zorutt, / a mi sol chest cà mi baste / di contalis come un frutt» [Non pretendo di raccontare storie curiose per il Friuli e tanto meno di innalzarmi sopra le nubi del Parnaso. Quello è un compito da poeti, di un Gallerio, di uno Zorutti, a me basta soltanto questo, raccontarle come un bambino]; ma nel 1894 le pretese vanno in ben altra direzione, se in nota a Dall’Unviar [Dall’inverno] scrive: «Questi versi li abbiamo tolti dal Guardafogo di Zambattista Murer. Strolich moderno dal 1742, esemplare rarissimo come sarà il nostro Strolich di qui a qualche secolo». Il tono dei primi anni è battagliero e non manca di suscitare polemiche. La più aspra viene mossa, proprio nel primo numero, dalle quartine di ottonari intitolate Benedete sie l’Italie!… (çhant patriotic) [Benedetta sia l’Italia!… (canto patriottico)]: una rassegna implacabile delle condizioni dell’Italia del tempo, segnata dalla povertà, dalla pellagra, dall’emigrazione in Argentina, dalle tasse, dalle guerre coloniali, dalla fame in cui versa il popolo “sovrano” e dagli sprechi dei politici che viaggiano in prima classe. Il 6 ottobre 1885, dalle colonne del «Giornale di Udine», Pacifico Valussi rispose, censurando non soltanto il “çhant patriotic”, ma anche le critiche avanzate dall’almanacco contro l’Esposizione e il congresso delle latterie sociali. «Il Cittadino italiano», organo dei cattolici udinesi, non fece attendere la replica e la difesa di Celest Plain, ovvero don C. stesso. Negli anni successivi, nonostante ulteriori proteste del Valussi, la sua voce non si spense e criticò, con ironia più o meno velata, l’eccidio di Dogali, Crispi, o anche semplicemente coloro che inviavano all’editore biglietti anonimi che diffamavano il lunario. Nel 1893 C. subì addirittura due processi davanti al tribunale di Udine per i suoi versi. La prolusione dello Strolic del 1892 annunciava però la morte di Plain, con un testo parodico in italiano: «Sparso le chiome ruvide / sul mortuario letto, / lento le palme: e rorido / di morte il bruno aspetto, / giace Plain, col tremulo / guardo cercando il ciel». La carta della parodia viene giocata anche in chiave antislava (su Dante: «Godi, o Slavonia, poi che sei sì grande, / che per balze e per rupi batti l’ale / e per lo ’nferno il nome tuo si spande»), ma interessa in questo caso la strategia stilistica, che si associa ad altre scelte bizzarre come la mescidanza maccheronica di italiano e friulano.
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