Nacque il 23 aprile 1715 da Bartolomeo e Cecilia Gambaro. Il padre farmacista esercitava a Pordenone, ma la famiglia aveva origini da Polcenigo. Del C. restano oscuri ed elusivi i dati sull’esistenza e sulla professione. La partecipazione alla vita culturale di Pordenone ebbe un seguito attivo nel ruolo di censore perpetuo presso l’Accademia di belle lettere che aveva sede a palazzo Montereale-Mantica, ma il C. è ricordato per aver lasciato un insieme non trascurabile di ottave e sonetti che presentano i tratti del friulano occidentale. Nel contesto avaro delle testimonianze settecentesche ai margini, l’autore si inserisce con il Plait de barba Blas, e de so nevout da Cordenons per la partenzia de so celenzia Alberto Romieri providitour e capitani de Pordenon l’ann 1755, uscito per le stampe nei Componimenti poetici per la partenza di S. E. il sig. Alberto Romieri (Ceneda 1754). Segnalato come uno dei componimenti più rilevanti per il periodo nel Friuli occidentale, il Plait ha le caratteristiche dell’egloga con possibilità di sviluppo teatrale, e non si allontana dalle scelte metriche tipiche delle raccolte encomiastiche coeve. Di poco precedente, ma a quanto risulta estemporanea e dispersa nella produzione in lingua, è una breve comparsa entro la miscellanea Composizioni poetiche per l’ingresso del reverendissimo signor dottor d. Pasquale Castelli arciprete della Motta: umiliate a sua eccellenza il signor Antonio Condulmer senatore amplissimo e protettore della magnifica comunità, con il sonetto XLVIII Del Signor Giorgio Comini al signor Giuseppe Mottense, in cui velati cenni biografici fanno da scudo e schermo retorico, non senza note di idillio, al compito della lode: «Come avvezzo a garir palustre augello / del mio Noncel or sulla verde riva, / talor sovra un umil folto arboscello / con voce di dolcezza affatto priva, // volete voi, Mottense, ch’io sia quello / che sì alto poggi, ove neppur arriva / volo d’aquila altero, e canti e scriva / di questo saggio e pio pastor novello?». Vincenzo Joppi, soffermandosi con brevi note sull’autore, cui è ascritta una vita di «iscarse fortune» accanto a una buona vena di verseggiatore, ampliò a fine Ottocento il corpus noto stampando nei Testi inediti friulani, oltre al Plait in forma di dialogo desunto dalla collezione Joppi, tre sonetti caudati appartenenti alla collezione di Pietro Oliva del Turco di Aviano. ... leggi A questi si affiancano brani tratti da un altro dialogo (Una monacazione), sempre trasmesso in copia da Oliva del Turco con pesanti manomissioni, per suo diretto intervento su «una lezione viziosissima, scritta a modo di prosa», un cui frammento viene in seguito proposto con adattamenti grafici sullo Strolic del 1925. Una trascrizione parziale dichiaratamente «ligia all’originale» è fornita da G. F. D’Aronco (Ulìf e Madalena in Un vecchio testo in cordenonese), esemplata sui manoscritti della Biblioteca civica udinese, che restituisce però ora solamente il Plait (è trascritto con a lato l’indicazione «È di Giorgio Comini di Pordenone e fu stampato nella Raccolta pel Podestà Romieri. Ceneda. Cagnani 1754»). I contenuti rispondono alla strategia dell’encomio e della lode che, nel Plait, lamento dialogato per la partenza del provveditore di Pordenone Alvise Romieri, recupera scenari di quotidianità paesana e insiste sulla reazione esasperata di «barba Blas». Il dialogo tra «Ulif» e «Maddalena» gioca sul contrasto tra moglie e marito, ma sconta la frapposizione di Oliva del Turco, al quale va in parte imputata la mancata linearità linguistica, che caratterizza però i testi di Comini. È proprio sulla varietà di friulano che ricade il maggior interesse suscitato dai componimenti, pur «gracili esercitazioni» entro una produzione letteraria, quella del Friuli occidentale nel XVIII secolo, «modesta». Quanti intervengono a vario titolo sul C. faticano, con estremi di vita e morte a lungo vacillanti, ad attribuirgli con esattezza una patria oscillando tra Pordenone e Cordenons, ma attratti dalla possibilità di individuare nei versi una testimonianza dell’antico pordenonese e dall’ipotesi di un confronto tra cordenonese attuale e una sua fase settecentesca. Ascoli nei Saggi ladini fissa genericamente la lingua del Plait a Pordenone. Analisi successive, partendo in sostanza dalla completa venetizzazione di Pordenone città, assegnano il friulano del componimento (e del C. stesso) a Cordenons (Joppi, D’Aronco) e paesi vicini (Joppi). Si deve a G. Francescato, grazie a un’indagine approfondita sul testo, a confronto con il cordenonese attuale e con l’identificazione di un influsso veneto più profondo di quanto per la variante non cittadina si presupponga, l’ipotesi che si tratti di friulano pordenonese del Settecento. Negli altri testi, fenomeni più conservativi (in evidenza la conservazione di –r e del dittongo –ei negli infiniti della seconda coniugazione: es. «doveir»), potrebbero riflettere altre varietà occidentali, come sottolinea anche P. Rizzolatti, e corrispondere a volontà di ipercaratterizzazione dialettale, ovvero, nel caso di Una monacazione, all’intervento di seconda mano. Il C. morì a Pordenone nel 1799 e venne sepolto nell’arca di famiglia nella chiesa di S. Marco.
ChiudiBibliografia
JOPPI, Testi inediti, 300-311 [estratto da «Archivio glottologico italiano», 4 (1878)]; D’ARONCO, Nuova antologia, I, 224, 230-231; G.F. D’ARONCO, Un vecchio testo in cordenonese, in Cordenons, 138-139; G. FRANCESCATO, Uno scrittore friulano del Settecento e il suo dialetto, «Atti dell’Accademia di Udine», 5 (1963-66), s. VII, 61-83; PELLEGRINI, Tra lingua e letteratura, 211; P. RIZZOLATTI, Di ca da l’aga. Itinerari linguistici nel Friuli Occidentale. Dialettologia, Sociolinguistica, Storia della lingua, Letteratura, Pordenone, Edizioni Concordia Sette, 1996, 146-149; P.C. BEGOTTI, Disputa di studiosi sul poeta Comini, «Il Popolo di Concordia-Pordenone», 8.10.2000; PELLEGRINI, Ancora tra lingua e letteratura, 60-61; Qui comença la cantinella. Studi e ricerche sulla parlata di Pordenone, a cura di P. RIZZOLATTI, Pordenone, Comune di Pordenone/Biblioteca civica, 2005.
Nessun commento