Nato a Reana del Rojale (Udine) il 28 settembre 1887 (non il 29, come riportato da qualche biografo), dopo gli studi liceali frequentati con non pochi sacrifici economici da parte della famiglia, alternando lo studio con il lavoro in un istituto di assistenza agli emigranti, si laureò in giurisprudenza presso l’Università degli studi di Padova nel 1914. Fin dagli anni giovanili mostrò interesse per la linguistica, con una particolare propensione per l’apprendimento delle lingue straniere, oltre che delle lingue artificiali, prima fra tutte l’esperanto, che, insieme col meno noto volapük, proprio in Friuli godettero all’epoca di speciale attenzione e fortuna specialmente per merito di Achille Tellini. In alcune delle lingue straniere studiate acquisì competenze tanto approfondite da ottenerne in età matura la nomina di perito traduttore presso il tribunale (Pilosio, 1956, 196). Prese parte come ufficiale di complemento alla prima guerra mondiale, al termine della quale entrò quale impiegato nell’Ufficio provinciale del lavoro, dove rimase fino al 1922, quando venne chiamato ad assumere il compito di vicedirettore della Biblioteca civica V. Joppi di Udine, per succederne nella direzione ad Angelo Bongioanni un paio d’anni dopo e mantenerla fino al 1953. Quanti hanno personalmente conosciuto il “dotôr” C. – come egli si compiaceva di essere friulanamente chiamato – concordano nel definirlo burbero, talora irritabile e scostante, capace di ingenerare soggezione in chi gli si avvicinava per la prima volta (Perusini, 1956-1957), ma solo all’apparenza, in realtà continuamente pronto a mettere a disposizione le sue straordinarie conoscenze, ad offrire esaurienti risposte, compiacendosi di parlare ostentatamente quasi sempre in friulano «con un atteggiamento che poteva sembrare un vezzo o una mania», ma sempre ricco di consigli e di aiuti (Pilosio, 1956, 195; D’Aronco, 1963-1966, 330-331). Quale bibliotecario si rivelò ottimo organizzatore e attento conservatore del patrimonio librario e documentario, talora affidato temporaneamente alla biblioteca, come nel caso dei materiali manoscritti dell’imponente Atlante Linguistico Italiano (C. stesso ne era stato uno dei principali promotori in seno alla Società filologica friulana) sottratto durante la guerra ai bombardamenti di Torino e custodito a Udine per una decina d’anni fino alla restituzione (Perusini, 1957, 32; Cantarutti, 1965-1967, 11-12). Aderì attivamente ad organismi istituzionali nazionali della sua appartenenza professionale, come l’Associazione italiana delle biblioteche fin dalla sua fondazione, nel 1930, al cui primo congresso inviò una comunicazione sull’uso della macchina da scrivere in biblioteca. ... leggi Fu ispettore bibliografico onorario dal 1934 fino alla morte e, fino al collocamento a riposo, mantenne la direzione della sezione dell’Archivio di Stato di Udine, istituita nel 1941, inizialmente con sede presso la Biblioteca cittadina (Petrucciani, 2009). Per più di trent’anni la Biblioteca civica V. Joppi fu suo luogo di lavoro, seconda casa (spesso vi consumava il pasto meridiano per poter dedicare più tempo alla attività professionale e alle personali ricerche: D’Aronco, 1963-1966, 153) e nel contempo miniera di informazioni e laboratorio per la sua attività di studioso, così che risulta impossibile disgiungere la figura di C. bibliotecario da quella di studioso. Il riordino dei materiali bibliotecari, accompagnato da lunghe, defatiganti letture dei documenti, specialmente quelli più antichi, rappresentava sì parte essenziale della sua attività di bibliotecario (che avrebbe prodotto il principale contributo professionale con i tre volumi degli Inventari dei manoscritti delle biblioteche d’Italia, 1930, 1931, 1952-1953), ma anche appetita occasione per lo spoglio di materiali storici, specie lessicali friulani (appellativi comuni, nomi di persone e nomi di luoghi con le corrispondenti attestazioni archivistiche), che in parte sarebbero confluiti ad arricchire con un apparato di originali documentazioni antiche Il nuovo Pirona (1935), il fondamentale, insuperato vocabolario friulano. Fu, quella del vocabolario, probabilmente l’impresa più impegnativa di C., il quale vi si dedicò continuativamente per sette anni (curandone gli aspetti lessicali, mentre a Ercole Carletti venne affidata la parte più strettamente letteraria) a partire dal 1927, quando la Società filologica friulana decise di favorirne la ripresa. Anche dopo la edizione del 1935 continuò a raccogliere materiali in vista di un ampliamento, al quale cominciò a contribuire con le Aggiunte apparse su «Sot la nape» dal 1952 al 1956 (alla sua morte furono, ma solo in parte, continuate da Novella Cantarutti e Giuseppe Francescato, poi interrotte con il lemma ciavòzze, “zucca”: esse sono ora tutte ricomprese, con le altre Aggiunte di provenienza diversa, nella seconda edizione, 1993). Su un altro versante C. avrebbe utilizzato quei preziosi spogli anche per la redazione delle centinaia di articoli sulla lingua, sulla storia, sulla geografia, su curiosità e aneddotica riguardanti il suo Friuli, editi in varie sedi (Sereni, Bibliografia, 1965-1967), testi talvolta di non facile accesso, ma oggi per larga misura opportunamente raccolti in più sillogi (Scritti, 1968; Altre note, 2007). L’insieme delle centinaia di migliaia di dati, frutto di intense, lunghe e pazienti letture, censiti da C. nel corso di un lungo arco di tempo, trascritti su ritagli di carta di recupero di qualsiasi provenienza (persino rovesci di buste della corrispondenza), divenuti schede conservate in centinaia di cassette, è ancora nel complesso inedito: custoditi presso la Biblioteca civica di Udine (ora in volumi di fotocopie anche presso la Università degli studi di Udine), questi spogli rappresentano la maggiore eredità lasciata agli studiosi da C. Si tratta dei noti Schedario lessicale, Schedario antroponomastico (con una sezione riservata ai nomi femminili) e Schedario toponomastico, una inesauribile, autentica miniera di parole e svariate informazioni (Sereni, Le schedine). Peraltro il particolare suo interesse per le lingue e la glottologia in genere portò indirettamente uno straordinario arricchimento al patrimonio della biblioteca, incrementato dalla acquisizione di tantissimi dizionari e bibliografia specialistica del settore, anche con numerose acquisizioni personali, donate alla istituzione. A questi materiali va aggiunto, eredità per i futuri studiosi, il suo prezioso archivio personale, da lui lasciato alla Biblioteca comunale: ricco di appunti, già ordinati con una prima scelta, ma non ancora precisamente catalogati e tanto meno indagati, esso contiene un’imponente massa di notizie, oltre all’epistolario, che rivela la fitta rete di corrispondenza con insigni studiosi di un esteso mondo culturale, a conferma della dimensione tutt’altro che di ricercatore locale o provinciale attribuibile a C. La grande passione per gli studi storico-linguistici non gli fece tuttavia trascurare gli altri settori e tanto meno la gestione della biblioteca, che anzi – come si è già segnalato – riorganizzò, trasformandola dalla vecchia maniera ereditata dai predecessori in un innovativo, esemplare luogo di raccolta e di lavoro. Socio fondatore della Società filologica friulana, rimase sempre fedelmente legato al sodalizio, diventandone uno dei protagonisti e collocandosi fra i più qualificati collaboratori, sia con i numerosi contributi a stampa, sia con l’assunzione di incarichi dirigenziali. E del suo straordinario, fondamentale apporto al progresso del sodalizio, la Società volle attestargli speciale, pubblico riconoscimento nel corso dell’annuale congresso tenutosi a Pontebba nel 1954 con una cerimonia che – come narrano le cronache – riuscì a commuovere il “burbero” C. fino al pianto. Per diversi anni fu responsabile della rivista scientifica della Filologica «Ce fastu?», nella quale pubblicò, a testimonianza pure delle sue capacità di esperto paleografo, alcuni dei suoi più importanti lavori specialmente nel settore della ecdotica di antichi testi friulani, quali le rivisitazioni di Piruç myo doç e di Biello dumlo di valor, e numerosi inediti, fra cui due carte risalenti alla fine del secolo XIII, che egli considerava i primi testi scritti in friulano, Un documento friulano del 1284 e Il più antico testo friulano: quest’ultimo fu fortunosamente ritrovato da C. fra le macerie dell’Archivio notarile di Udine, colpito durante l’incursione aerea del 20 febbraio 1945. In realtà si tratta di semplici note contenenti una serie di nomi di persona e di parole in veste fonetica vernacola locale. Ben maggior valore hanno per la storia della lingua e della letteratura friulana le sue edizioni di Quattro sonetti friulani del cinquecento e di altri Cinque sonetti friulani del secolo XVI (ora anche in Scritti, 1965-1967, 33-152, in particolare 35-54, 55-65, 112-123). Fra i tanti meriti di C. friulanista, ne va sottolineato uno del tutto speciale, finora rimasto trascurato: egli infatti, insieme con Giuseppe Marchetti, diede avvio alla prosa scientifica del friulano, nella quale si esercitò con grande maestria nei campi suoi privilegiati della storia, della filologia e linguistica, dell’arte, della bibliografia, delle tradizioni, oltre che con scritti di cronaca, con centinaia di articoli (Sereni, Bibliografia, 1965-1967, 26-29, che enumera oltre quattrocento titoli), pubblicati soprattutto in quella straordinaria palestra di friulanità militante che fu per lui dal 1946 al 1956 «La Patrie dal Friûl» (parzialmente riproposti in Scritti, 1965-1967, 153-384, e Altre note, 2007). Negli studi di carattere più strettamente linguistico, spesso molto brevi fino a ridursi a note essenziali, egli predilige soffermarsi su parole rare, poco conosciute, quasi in disuso, «peraulis raris o dismenteadis», che si trovano nei documenti ammuffiti o polverosi dei secoli lontani o che, tramandate dagli avi, si sentono ancora conservate nelle varietà locali dei paesi più isolati, come, rievocando la figura di C., annotava G. Marchetti (1956) nel suo esemplare friulano. Ecco allora le singolari, magistrali annotazioni su ame di purcit “gamba anteriore del maiale, salata e affumicata”, licôf “ritrovo festevole al compimento di alcuni lavori, in particolare del tetto di una casa o simile”, pruc “stallo del coro” o simile, uadiâ “prendere moglie” e tante altre (Scritti, 1965-1967, passim), nella interpretazione etimologica delle quali C. diede spesso prova di fine intuito. Egli si spense il 28 ottobre 1956 dopo un lungo periodo di dolorosa infermità. Nello stesso giorno di cinquanta anni dopo, su iniziativa di quella che fu la “sua Biblioteca”, la Civica di Udine, nella comunale Sala Ajace venne organizzato un convegno per ricordare la figura e l’opera del grande studioso; in modo analogo l’Accademia udinese gli aveva dedicato una memoria pubblica nel decennale della scomparsa (D’Aronco, 1963-1966). In aggiunta ai riconoscimenti ottenuti in vita – fra i quali la nomina nel 1936 a membro della Deputazione di storia patria per le Venezie e poi di socio della Accademia udinese di scienze, lettere ed arti – la stessa Biblioteca provvide a intitolargli la principale sala di lettura della propria sede, mentre la città di Udine ed altri centri del Friuli gli dedicarono l’intitolazione di vie urbane e il suo paese di nascita la locale scuola elementare, quale riconoscente, dovuto, omaggio ad una personalità che fu – secondo un autorevole giudizio – «di livello scientifico assai elevato, di buona preparazione e di larghi orizzonti» (Pellegrini, 1974), oltre che grande, appassionato «Bibliotecari, inamorât de tiere e de lenghe furlane», come si legge accanto al suo nome sulla lapide del camposanto dove ora egli riposa (D’Aronco, 1963-1966).
ChiudiBibliografia
G.B. CORGNALI, Inventari dei manoscritti delle biblioteche d’Italia: Biblioteca Comunale «Vincenzo Joppi» (Volumi XLVI, XLIX e LXXVIII della Collezione), Firenze, Olschki, 1930, 1931, 1952-1953; G.A. PIRONA - E. CARLETTI - G.B. CORGNALI, Il nuovo Pirona. Vocabolario friulano, Udine, A. Bosetti, 1935 (con ristampe successive; seconda edizione con aggiunte e correzioni riordinate da G. Frau, Udine, SFF, 1992); Scritti di Giovan Battista Corgnali, a cura di G. PERUSINI, Udine, SFF, 1968 [= «Ce fastu?», 41-43 (1965-1967), 1-405]; G.B. CORGNALI, Altre note di Storia e filologia pubblicate sulla “Patrie dal Friûl”, a cura di G. FRAU, «Ce fastu?», 83 (2007), 92-131.
L. PILOSIO, G.B. Corgnali, «Ce fastu?», 31 (1956), 194-201; G. MARCHETTI, Siôr Tite Cuargnal, ibid., 202-206; G. PERUSINI, Giovanni Battista Corgnali (Reana 28-9-1887 – Udine 28-10-1956), «MSF», 42 (1956-1957), 291-292, con appendice della Bibliografia curata da L. Pilosio, ibid., 292-301; ID., Ricordo di Tite Corgnali, «Bollettino dell’Atlante linguistico italiano», n.s., 2 (1957), 31-32 [con il titolo Tita Corgnali bibliotecario anche «Ce fastu?», 41-43 (1965-1967), 13-14]; G. D’ARONCO, Ricordando Giovanni Battista Corgnali, «AAU», s. VII, 5 (1963-1966), 330-343 [= ID., Miscellanea di Studi e contributi, Forum/SFF, 2003, 147-153]; N. CANTARUTTI, Un anno in biblioteca, «Ce fastu?», 41-43 (1965-1967), 10-12; L. SERENI, Le schedine del «dotôr» Corgnali, ibid., 15-19; ID., Bibliografia di G. B. Corgnali, ibid., 20-32; G.B. PELLEGRINI, Giovan Battista Corgnali, in MARCHETTI, Friuli, 903-910; A. PETRUCCIANI, Corgnali, Giovanni Battista, in Dizionario bio-bibliografico dei bibliotecari italiani del XX secolo, AIB Associazione Italiana Biblioteche, Pubblicazioni, Webgrafia: www.aib.it/ aib/editoria/dbbi20/corgnali.htm (ultimo aggiornamento 30 novembre 2009).
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