Nacque a Parenzo (oggi Poreč in Istria, Croazia) il 6 gennaio 1891 da Michele ed Elisabetta Bendl. Frequentò lo Staatsgymnasium di Gorizia e poi si iscrisse alla Tecnhische Hochschule di Vienna, interrompendo però gli studi su pressione del padre irredentista. Allo scoppio della prima guerra mondiale fu arruolato nell’esercito austro-ungarico e in Galizia si diede prigioniero ai russi, entrando così a far parte del corpo italiano a Vladivostock, come alpino. Concluse gli studi al Politecnico di Torino, laureandosi nel 1921 in architettura. Frequentò lo studio dell’architetto Silvano Baresi (nato Barich, poi italianizzato in Baresi, proveniente da Castelnuovo del Carso, oggi Podgrad, Slovenia), seguace della secessione viennese. Mosse i primi passi nell’esercizio professionale partecipando a concorsi di progettazione per l’ospedale di Monfalcone (1922) e lo stabilimento balneare di Grado (1925), vincendo i relativi premi. Tuttavia C., nel 1926, preferì presentare la domanda di iscrizione all’ordine degli architetti di Torino (gli venne assegnato il numero 1 di matricola) e nella città sabauda si stabilì definitivamente, pur mantenendo frequenti contatti con Gorizia, sua città di adozione. Nell’ambiente torinese ebbe modo di frequentare colleghi architetti di tutto rilievo nel panorama dell’architettura italiana contemporanea e partecipò all’attività del cenacolo culturale d’arte moderna “La Saliera” (dal nome dell’omonimo caffè dove si riuniva il gruppo). Fece parte del Movimento italiano architettura razionale (MIAR) e partecipò alla I (Roma, 1928) e alla II (Roma, 1931) Esposizione italiana di architettura razionale. ... leggi Elaborò alcuni semplici progetti di architettura minore con l’ingegnere goriziano Giuseppe Gyra (che più tardi entrò nell’ufficio progettazione della Fiat) e nel 1927 si cimentò nella ideazione della Casa del balilla di Gorizia (costruita negli anni 1928-1929), che si può definire la sua vera “opera prima”. L’edificio, realizzato su parte delle fondazioni della villa Ritter (danneggiata durante la prima guerra mondiale e poi demolita) e, nel dopoguerra, profondamente rimaneggiato per adattarlo alle esigenze di sede dell’istituto d’arte, si caratterizza per il volume semicilindrico sull’angolo delle strade che si aprono su piazzale Medaglie d’oro; la sua architettura si ispira ai modelli del razionalismo italiano espresso da prismi geometrici regolari, equilibrio della composizione, pochi ed essenziali apparati decorativi, gioco cromatico tra le superfici di mattoni a faccia vista e il biancore delle mensole e delle cornici in pietra. Sempre a Gorizia progettò la villa Perco (1932), la casa per appartamenti (1933), la villa Schiozzi (1933) e altri fabbricati in via Borsi e in via Leopardi, la sistemazione interna del teatro Verdi (1938); a Grado realizzò lo stabilimento elioterapico (1933), a Merna (Slovenia) la chiesa di Monte Grado (1923-1927), a Parenzo (Croazia) i bagni S. Nicolò (1930). Nel 1929 vinse il concorso per la costruzione del quartiere Vittorio Veneto a Torino, nel quadrante nord della città, con edifici disposti a blocco e serviti dalle principali attrezzature collettive (dall’asilo nido alla chiesa, dai negozi alla piscina). Nel 1932, sempre a Torino, si aggiudicò il concorso-appalto per la costruzione del mercato ortofrutticolo, realizzato l’anno successivo (in occasione delle Olimpiadi invernali del 2006 la struttura venne ristrutturata in villaggio olimpico, conservando e valorizzando le forme curve originali); realizzò i padiglioni della mostra torinese “Moda e ambiente” e, l’anno seguente, il palazzo di esposizioni dell’Ente nazionale della moda, forse le opere più eleganti e meglio riuscite di C. Altre sue opere nel capoluogo piemontese sono lo stadio comunale, la Casa del balilla (entrambe del 1930), il motovelodromo, il monumento ai caduti fascisti (1934), la Casa del goliardo (1935). Negli stessi anni progettò il palazzo della Civiltà del lavoro e la sede del Ministero dell’Africa orientale a Roma. Non abbandonò mai la spinta ideale nei confronti dei bandi di architettura: nel 1931 presentò (assieme ai colleghi del MIAR) un progetto – non realizzato – per la sistemazione di via Roma a Torino; nel 1934 partecipò (con gli architetti Levi Montalcini e Pifferi) al concorso per palazzo Littorio a Roma, proponendo una edificazione a volumi staccati e raccordati da elementi curvi; nel 1937 si aggiudicò il secondo premio (firmando il progetto con l’architetto Sottsass) per la ricostruzione del Teatro Regio a Torino; nel 1947, con il collega friulano Aloisio, partecipò al concorso per la sistemazione di piazza Solferino, sempre a Torino. L’ultimo suo lavoro, del 1966, è il Centro di produzione Rai di Torino (progettato con l’architetto Felice Bardelli). Il nome di C. figura nell’albo d’onore degli architetti di Torino, istituito nel 1980, che tramanda il ricordo di professionisti (una trentina in tutto, fra cui anche Ottorino Aloisio) «che hanno dato lustro alla categoria con la qualità delle opere, la dedizione al lavoro, la produzione culturale e didattica, la partecipazione alla vita civile». Esercitò l’attività professionale fino alla morte, avvenuta a Torino il 6 marzo 1973.
ChiudiBibliografia
M. POZZETTO, Umberto Cuzzi architetto, «Iniziativa Isontina», 61 (1974), 29-36 (= in M. POZZETTO, Figure della Mitteleuropa e altri scritti d’arte e di architettura, Rovereto, Zandonai editore, 2008, 223-227); DAMIANI, Arte del Novecento II, 194-209, 335 scheda; E. UCCELLO, Umberto Cuzzi architetto. Gli anni del razionalismo e l’attività goriziana: 1928-1935, «Studi Goriziani», 72 (1990), 65-96; S. TAVANO, Gorizia. Cent’anni di architettura, in Friuli Venezia Giulia. Guida critica dell’architettura contemporanea, a cura di S. POLANO - L. SEMERANI, Venezia, Arsenale Editrice, 1992, 78-82; F. CASTELLAN, A Gorizia, l’architettura ha da essere italiana?, in Novecento a Gorizia, 53-62, e schede 96-101, 118-119.
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