B. di Biagio, meglio noto col nomignolo che deriva dall’insegna della sua bottega in Mercato Vecchio a Udine (dove un occhio era inserito all’interno di un triangolo, simbolo del Padre Eterno), nacque a San Vito al Tagliamento e la sua biografia è documentata dal 1462 al 1511, l’anno della morte durante la pestilenza che colpì il Friuli. Svolse prevalentemente l’attività di intagliatore, differenziandosi in tal modo dalla maggior parte degli artisti friulani del tempo, i quali alternavano alla scultura lignea la pratica della pittura e di conseguenza egli si servì di collaboratori per la cromia e la doratura delle proprie realizzazioni. Proprio in questo senso sono documentati i suoi rapporti con Domenico da Tolmezzo e Antonio Tironi. La ricostruzione del catalogo di B. risulta decisamente problematica, poiché le fonti d’archivio registrano numerose opere da lui eseguite per diverse località friulane, ma la loro identificazione non è sempre agevole o certa, con la conseguenza che l’intero profilo culturale dell’autore appare indeterminato e dai contorni sfumati. L’unica scultura che gli può essere assegnata con certezza è il San Nicolò in cattedra che stando ai riscontri documentari fu realizzata nel 1503 circa, ora nel Museo civico di Pordenone dove è pervenuta, dopo diversi passaggi, dalla sede originaria nella chiesa di S. Maria e S. Giuliana di Castel d’Aviano. Tale opera presenta la figura del santo ricavata da un unico blocco di legno, cava all’interno, mutila delle mani (una che reggeva il pastorale, l’altra benedicente). Essa è inserita in una cattedra dall’elegante architettura e dalle raffinate decorazioni (realizzate con le tecniche della pastiglia e del “Pressbrokat”) a carattere fitomorfo e con tritoni (forse frutto della collaborazione con il Tironi, al quale può essere assegnata l’indoratura e la cromia dell’intaglio). L’insieme appare integro e non sembra congrua l’ipotesi avanzata in passato (Marchetti – Nicoletti) della presenza di due angeli intenti a reggere la tiara o la mitra. ... leggi La scultura del museo di Pordenone pone in luce alcuni caratteri di fondo della personalità artistica di B.: la capacità di inserire la figura nello spazio, attraverso la padronanza dei volumi, il realismo delle forme e i richiami classicisti rinviano a un gusto pienamente rinascimentale, che si stacca con decisione dalle tendenze tardogotiche ancora presenti in Friuli a cavallo tra XV e XVI secolo. Questi elementi probabilmente sono giunti a B. attraverso modelli di matrice lombarda, introdotti in Friuli dai lapicidi caronesi e dalla mediazione dell’ambiente veneziano, nonché dalle novità formali provenienti dall’esperienza padovana di Donatello. Tale insieme di caratteri induce a considerare B. uno dei protagonisti del rinnovamento in senso compiutamente rinascimentale della scultura lignea in Friuli, al fianco di Giovanni Martini e del ricordato Antonio Tironi. Oltre al San Nicolò di Pordenone, gli studiosi hanno riferito a B. altri intagli, seppur non sempre in modo convincente e unanime. È il caso del Crocefisso nella cappella delle Reliquie del duomo di Udine, considerato dal Marchetti e dal Nicoletti opera della fine del Trecento, che però il Gioseffi (1975 e 1982), sulla scorta di un documento del 1473 reso noto dallo Joppi, ritiene essere stato prodotto dallo scultore sanvitese, influenzato da quello nel coro di S. Maria Gloriosa dei Frati a Venezia; inoltre, sempre secondo Gioseffi, al Cristo in Croce udinese erano in antico affiancate le figure che compongono il Compianto ora nella basilica di Aquileia, tesi respinta dal Rizzi (1983), che invece avanza il nome di Antonio Tironi, personalità comunque assai vicina a B. Quest’ultimo studioso propone di attribuire al maestro di San Vito, seppur con cautela, pure la Madonna con Bambino nella chiesa di S. Giovanni Battista a San Tomaso di Maiano. Oltre a ciò nel catalogo di B. sono inserite, prevalentemente per via stilistica, una Madonna con Bambino, resto di un’ancona, nella chiesetta di Straccis di Camino al Tagliamento (1506), un altarolo nella chiesa di S. Petronilla a Savorgnano di San Vito al Tagliamento, e il gruppo con i Santi Cosma e Damiano, l’Eterno Padre e l’Annunciazione nella chiesetta dei SS. Cosma e Damiano a Colloredo di Prato, in comune di Pasian di Prato. A questo elenco si aggiunge la controversa attribuzione a B., in collaborazione con Giampietro da San Vito, di un’ancona nel Museo Correr di Venezia, proveniente da Bagnara di Gruaro. Invece ormai concordemente espunte dal novero delle realizzazioni di B. sono due sculture segnalate a suo tempo dal Marchetti e dal Nicoletti (1956): il San Mauro nel duomo di Venzone, ritenuto del Tironi, e la Santa Caterina nel Museo carnico di Tolmezzo, vicina piuttosto alla bottega di Domenico Mioni. Restano, infine, le testimonianze archivistiche che parlano di numerosi interventi di B., che però si sono persi nel corso dei secoli, come l’ancona per l’oratorio dei battuti di San Vito al Tagliamento o quelle per la chiesa di S. Giorgio a Pagnacco e per quella di S. Lorenzo a Sedegliano. Della bottega di B. fecero parte anche i figli Lorenzo, Marco e Vincenzo, e proprio a quest’ultimo va riferito un mediocre altare nella pieve dei SS. Gervasio e Protasio a Ramandolo di Nimis (1516), ben lontano dalla qualità e dallo stile paterno.
ChiudiBibliografia
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