Nacque a Gemona del Friuli il 31 agosto 1825, figlio di Tomaso e Maddalena Boezio. Nel 1856 sposò Santa Venturini, con la quale si trasferì a vivere nel centro storico: qui mosse i primi passi della sua carriera di imprenditore edile, seguendo una tradizione di famiglia che vide i D’Aronco impegnati in diversi settori delle costruzioni. In particolare collaborò con i cugini Elia, decoratore e altarista, e Leopoldo, mosaicista. Dal matrimonio nacquero Raimondo Tommaso, Giobatta, Quinto, Vigilio, Amelia, Emma Italia e Giovanna. Tra le sue prime opere sono le chiese di Lusevera (parrocchiale, 1858-1863), Prato Carnico (S. Canciano, 1857-1860), Sedilis (S. Giuliana, 1857-1866) e Treppo Grande (Immacolata Concezione, 1857-1871). Ma è da ricordare anche la partecipazione alla vita professionale e politica di Gemona: fu membro della neonata Commissione comunale di ornato (1863), consigliere comunale (1866) e nel 1867 fu tra i fondatori della Società operaia di mutuo soccorso fra artieri e operai, per la quale progettò e costruì la sede. A partire dal 1863, quando progettò la chiesa di S. Spirito a Magnano in Riviera e la prima versione di quella di Bressa di Campoformido, D’A. si orientò alle indicazioni di Camillo Boito, che proponeva come stile nazionale quello del medioevo nel quale confluirono elementi gotici e romanici. ... leggi Ma fu indirizzato in tal senso soprattutto dalla collaborazione con Andrea Scala nella costruzione del duomo di Mortegliano (1864) e dal restauro della loggia del Lionello a Udine (1876). All’architetto ingegnere gemonese, infatti, va ascritto il primato dell’utilizzo del linguaggio neomedioevale (Ss. Ilario e Taziano a Rizzolo, 1855-1860) e, con don Angelo Noacco, risultò uno dei principali esponenti di questo orientamento. Si ricordano i progetti per la chiesa di Santo Stefano Udinese (1873-1878), S. Maria Maggiore di Pontebba (1888), S. Martino a Interneppo (1889), la parrocchiale di San Giorgio della Richinvelda (1885), la chiesa di San Michele al Tagliamento (1900), il duomo di Rivignano (1903-1911). In qualità di impresario costruì la chiesa di S. Zenone a Fossalta di Portogruaro (1895-1896) e quella di S. Giovanni di Casarsa (1896-1908, il cui campanile è disegnato dal figlio Raimondo, 1878-1882), la prima su progetto di Domenico Rupolo e Berchet, la seconda soltanto del Rupolo. Oltre a impiegare elementi in pietra artificiale in molti edifici, D’A. decise di avviare la produzione diretta, cosicché nel 1872, in società con il cugino Elia, Antonio Romano e De Alti, rilevò dal cav. Giovanni Battista Moretti l’industria di cementi lavorati, situata a Udine nella zona di Gervasutta. Da questo momento maturò la scelta di trasferirsi a Udine, soprattutto quando ottenne l’importante incarico per il restauro della loggia del Lionello. In questo anno la famiglia andò ad abitare in vicolo del Cucco, in borgo Grazzano e, nel 1880, dopo aver sciolto la società, D’A. divenne l’unico proprietario del laboratorio che nel 1888 fu trasferito in viale Duodo. Esperto conoscitore del mestiere, veniva spesso interpellato in qualità di consulente dell’amministrazione comunale udinese, a riconoscimento di una indubbia professionalità che trasmise al figlio Raimondo, inserendolo fin da giovane età nella vita del cantiere. L’averlo mandato quattordicenne a Graz, in una colonia di capimastri e artigiani gemonesi, non incise sui rapporti di lavoro tra padre e figlio, infatti l’impresa partecipò alla costruzione di alcuni progetti di Raimondo, quali il cimitero di Cividale (1889), la prima versione del progetto per il palazzo comunale di Udine (1888), la facciata per il teatro di Tolmezzo (1893), la tomba Camavitto a Udine (1904). In qualità di costruttore, D’A. realizzò alcune importanti opere pubbliche, come i lavori per lo scavo del canale Ledra, numerosi acquedotti (una decina, da Tolmezzo a Gemona, a Pirano d’Istria), edifici industriali (la fabbrica di perfosfati di Portogruaro, il cotonificio udinese di Martignacco, la tessitura Fabris di Cordovado, la filanda Giacomelli a Udine), edifici pubblici (il vecchio macello udinese in via Cussignacco, l’ampliamento del Palazzo degli studi). Merita rilevare che in alcuni villini e negozi costruiti nei primi anni del Novecento D’A. impiega i nuovi repertori ornamentali del Liberty realizzandoli con la pietra artificiale prodotta dall’impresa: ne restano alcuni esempi in casa Malignani (1899-1900, Udine, i ferri battuti sono a opera del figlio Vigilio), nelle case De Luca in via Ciconi (1901), in villa Pelizzo (1904, via De Rubeis a Udine) e palazzo Agricola (1907, via Dante a Udine) entrambi progettati da Luigi Taddio, nel negozio Longega a Udine, in alcuni edifici di via della Vigna e in via De Rubeis. Morì a Udine nel 1909.
ChiudiBibliografia
Raimondo D’Aronco. Lettere di un architetto, a cura di E. QUARGNAL, Udine, Del Bianco, 1982; S. CROATTO, Modelli di architettura neomedioevale nel Friuli del secondo Ottocento, t.l., Università degli studi di Udine, a.a. 1994-1995; G. BUCCO, scheda, in Arti a Udine, 434; G. MARINI, Intorno a Raimondo D’Aronco, Gemona del Friuli, Comune di Gemona del Friuli, 2007.
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