Nacque a Rigolato, in Carnia, l’11 giugno 1881 da Giovanni e Candido Elisabetta. Il padre, scalpellino, gestiva un piccolo spaccio di sali e tabacchi a Mieli, frazione del comune di Comeglians, dove la famiglia risiedeva. Conclusi gli studi ginnasiali a Udine, con i fratelli Pietro, Guglielmo e Amadio, contribuì allo sviluppo dell’attività paterna, trasformando lo spaccio in un negozio fornito di generi diversi, nonché attivando un servizio di diligenza che attraversava la Val Degano. A segnare in modo sensibile la crescita dell’impresa familiare furono gli investimenti intrapresi nel settore della lavorazione dei legnami, in primis con la costruzione nel 1914 della segheria di Villa Santina. Sotto il decisivo impulso di D. A., non a caso richiamato dal fronte per contribuire al rifornimento di legname all’esercito, l’impianto conobbe un notevole sviluppo, dotandosi (anche grazie ai finanziamenti ministeriali) di moderni macchinari, di ampi spazi e nuove strutture, fino ad occupare, nella primavera del 1917, un’area di 8.000 metri quadrati. A seguito della rotta di Caporetto, si trasferì in Emilia dove ricevette l’incarico di organizzare lo sfruttamento dei boschi dell’Appennino. Rientrato in Carnia alla fine del conflitto, si impegnò nella ristrutturazione dell’impianto di Villa Santina, colpito dagli eventi bellici. Nel 1923, sempre con i fratelli, costruì a Bagni di Lusnizza (nelle vicinanze di Tarvisio) una nuova segheria e una teleferica di 15 chilometri, finalizzata all’esbosco di 60.000 metri cubi di legname situati in una zona di difficile accesso. ... leggi Da qui fino all’inizio degli anni Trenta, per rispondere alla crisi che colpì la montagna friulana a seguito della decisa contrazione, su scala nazionale, del mercato del legname, D. A. concentrò la sua attività nel settore silvo-pastorale. Oltre a creare nel 1925 una colonia agricola a San Donà di Piave, acquistò pascoli in altura, occupandosi della sistemazione di terreni e torrenti, effettuando un’opera di rimboschimento sui suoli incolti e meno adatti alla coltivazione o al pascolo. Costruì inoltre ricoveri per il bestiame (consentendo l’alpeggio di circa tremila capi) e un complesso di malghe dotato di moderne attrezzature per la lavorazione del latte, che permisero in tempi più recenti la produzione del formaggio “Montasio”. Nel 1931, a seguito dello scioglimento della comunione patrimoniale con i fratelli, dalla quale non acquisì nessuno degli stabilimenti in essa realizzati, D. A. rilanciò la sua attività imprenditoriale ripartendo proprio dal settore del legname. Nello stesso anno edificò una nuova segheria a Villa Santina, resa autonoma per il fabbisogno energetico dalla costruzione di una centrale idroelettrica, che riforniva con le eccedenze produttive anche alcuni paesi della Val Degano. Nel 1935 inaugurò un altro impianto per la lavorazione del legname a Longarone (Belluno), a cui si aggiunse nel 1940 quello realizzato in Valdaora (Alto Adige). La rinnovata attività lo rese anche durante la seconda guerra mondiale uno dei maggiori rifornitori di legname per l’esercito. Si ricorda che, nel 1939, in virtù della sua riconosciuta esperienza imprenditoriale nell’ambito forestale, venne inviato dal governo in Africa orientale, in qualità di membro della commissione tecnica incaricata dello studio delle possibili utilizzazioni delle foreste coloniali. Negli ultimi giorni del conflitto, nel quadro dei tragici fatti di Ovaro di inizio maggio 1945, venne preso da una colonna di cosacchi in ritirata, dai quali fu liberato dopo aver rischiato la fucilazione. Una fonte documentaria parla anche di un duplice imprigionamento da parte fascista e tedesca, a causa del sostegno economico e materiale (con generi alimentari e attrezzature) da egli garantito al movimento partigiano. Nelle prime fasi della ricostruzione partecipò in qualità di rappresentante degli industriali carnici alle riunioni che portarono alla costituzione della Comunità carnica. Nella stessa veste, fu membro del comitato esecutivo per la Casa di riposo di Tolmezzo, la cui costruzione venne promessa al CLN carnico dai locali industriali del legno; tale impegno era stato preso per compensare l’avvenuta acquisizione di una notevole quantità di legname in tronchi, rivendicata dal CLN come preda di guerra, in quanto la stessa era stata abbandonata dalle truppe tedesche in ritirata. Le attività aziendali di D. A. crebbero ulteriormente nel dopoguerra, con l’inaugurazione nel 1952 di un nuovo impianto idroelettrico in comune di Ovaro, che produceva, sommato alla centrale citata in precedenza, una quantità di 32 milioni di kilowattora annui, distribuiti lungo 70 chilometri di linee. L’omonima Spa raggiunse alla fine degli anni Cinquanta un numero di dipendenti superiore alle ottocento unità, confermandosi una delle maggiori realtà economiche della montagna friulana. Sulla soglia dei settantanove anni, venne insignito del titolo di cavaliere del lavoro. A motivo di tale onorificenza, che si univa ad altre già ricevute (cavaliere della Corona d’Italia, commendatore del S. Sepolcro, cavaliere e grande ufficiale della Repubblica), vennero addotti non solo meriti imprenditoriali, ma anche assistenziali. Egli fu infatti promotore di numerose opere benefiche sovvenzionando patronati ed istituti (fra cui il Bearzi di Udine) e le iniziative culturali della FACE; sostenne l’istruzione professionale finanziando la scuola pre-professionale e l’istituto professionale di Comeglians; operò in favore dei dipendenti istituendo premi per gli operai anziani privi delle previdenze sociali, costruì nuclei abitativi destinati alle maestranze, promosse colonie marine per i figli delle stesse. Morì a Comeglians, dove aveva vissuto con la moglie Maria Tolazzi e i figli adottivi Umberto e Luigi, il 7 aprile 1971.
ChiudiBibliografia
Comeglians, Archivio De Antoni, Cenni biografici trasmessi a “Parlamento e Attività” - Roma.
G. VALENTINIS, Guida delle industrie e del commercio in Friuli, Udine, Tip. F.lli Tosolini, 1910; ID., Guida commerciale-industriale e professionale del Friuli (Provincie di Udine e di Gorizia), Udine, Stab. tipo-litografico ditta E. Passero di G. Chiesa, 1921; La casa di Riposo a Tolmezzo, «Libertà», 21 febbraio 1946; «Parlamento e Attività. Rassegna parlamentare di Economia produttiva», 3 (maggio-giugno 1960), 34-36; La lunga storia di una sopravvivenza tenace, «Carnia domani», maggio 1971; M. PUPPINI, Resistenza, dopoguerra e sottosviluppo in Carnia: alcuni problemi, «Qualestoria», 6/3 (1978), 4-9; O. FABIAN, Affinché resti memoria. Autobiografia di un proletario carnico. 1899-1974, Udine, Kappa Vu, 1999; M. ERMACORA, Lo sfruttamento delle foreste carniche durante la Grande Guerra. Esercito, comunità alpine, industria del legno (1915-1921), «M&R», 24/1 (2005), 139-161.
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